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sabato, Mar 11

Topi nati con due padri biologici: gli ovociti creati da cellule maschili



Da Wired.it :

Hanno due padri i topi nati nel laboratorio di Katsuhiko Hayashi, professore presso il Dipartimento di Medicina e Biologia delle Cellule Staminali della Kyushu University in Giappone. Degli oltre 600 embrioni di partenza solo l’1% circa sarebbe sopravvissuto, dando origine a topi adulti sani e in grado di riprodursi. Lo ha annunciato Hayashi stesso durante il Third International Summit on Human Genome Editing, una conferenza internazionale tenutasi dal 6 all’8 marzo a Londra, presso il Francis Crick Institute. Un risultato importante, che potrebbe avere delle implicazioni per il trattamento di condizioni di infertilità, anche se la strada è ancora lunga prima che si possa pensare di applicare agli essere umani la tecnica messa a punto dal ricercatore. Parliamo di decine di anni, ammesso e non concesso che questo sarà mai effettivamente possibile.

Una lunga storia

Già da diversi anni, come si legge in una news di Nature che ripercorre la vicenda, Hayashi e i suoi collaboratori si occupano di questo ambito della ricerca. In uno studio del 2020, pubblicato sulle pagine di Nature, il suo team aveva individuato dei fattori chiave per lo sviluppo degli ovociti (o cellule uovo, quelle prodotte dall’apparato riproduttivo femminile e che, se fertilizzate dai gameti maschili, danno origine all’embrione), riuscendo ad ottenerli in laboratorio a partire da cellule staminali pluripotenti. L’anno successivo, lo stesso gruppo di ricerca è riuscito a generare in laboratorio, sempre a partire da cellule staminali pluripotenti di topo, anche l’ambiente dentro il quale le cellule uovo si trovano, e che rende possibile le prime fasi di crescita dell’embrione a seguito della loro fertilizzazione.

I risultati annunciati alla conferenza

Proprio grazie ai risultati precedentemente ottenuti, il team di Hayashi sarebbe adesso riuscito a ottenere delle cellule uovo a partire da cellule prelevate dalla pelle di topi maschi, riportandole prima allo stadio di cellule staminali pluripotenti e poi inducendole a specializzarsi in ovociti. La grande difficoltà sarebbe stata quella di riuscire ad ottenere delle cellule con un corredo cromosomico femminile (XX), partendo appunto da cellule maschili (XY). In primo luogo, i ricercatori hanno approfittato del fatto che le cellule maschili (anche negli esseri umani) possono andare incontro alla perdita spontanea del cromosoma Y, non presente in quelle femminili. Una volta eliminata l’Y, è stato necessario “duplicare” la X per poter ottenere l’assetto XX delle cellule uovo. Ma per capire come è stato possibile ottenere questo risultato è necessario fare un passo indietro. Durante il processo di divisione cellulare, il materiale genetico della cellula di origine (compattato in cromosomi) deve essere equamente suddiviso nella due cellule figlie che si origineranno. Le nostre cellule hanno sviluppato dei meccanismi di controllo molto sofisticati per garantire che questo avvenga, perché, in condizioni normali, quando qualcosa va storto a questo livello le conseguenze sono disastrose. Il gruppo di ricercatori avrebbe in pratica “mandato in palla” questi meccanismi di sorveglianza somministrando alle cellule in coltura dei farmaci che inducono molti errori nella suddivisione del materiale genetico durante il processo di divisione cellulare. In questo modo sono riusciti nell’impresa di ottenere delle cellule staminali con l’assetto XX, a partire da cellule con una sola X. A questo punto, hanno indotto la maturazione di queste cellule in ovociti, che hanno poi fertilizzato con i gameti maschili. Infine, hanno impiantato gli embrioni così ottenuti all’interno dell’utero di topi femmina. I risultati sarebbero in fase di revisione per la loro successiva pubblicazione su una rivista scientifica.

Le implicazioni future

Non è la prima volta che assistiamo alla nascita di topi a partire da due genitori dello stesso sesso, ma è la prima volta che si riescono a ottenere cellule uovo a partire da cellule somatiche maschili. Un risultato certamente importante, ma che comunque dovrà attendere ancora molto prima di poter essere applicato agli esseri umani, se mai questo sarà possibile. Lo stesso Hayashi sottolinea che fra topi e esseri umani esistono delle enormi differenze a livello biologico, che rendono  certamente non immediato il trasferimento di questi risultati all’ambito clinico. Ci sarà poi da considerare l’aspetto etico di tutta la questione e, ovviamente, gli aspetti legati alla sicurezza. Arrivare fin qui è stata una sfida eccezionale, procedere oltre lo sarà forse ancora di più.



[Fonte Wired.it]