Clint Bentley compone un western pastorale ricorrendo a una regia ponderata, seria, composta, mentre si avvale della splendida fotografia di Adolfo Veloso per immortalare panorami mozzafiato. Train Dreams è un esemplare di quelli che chi scrive chiama i film della infinite sadness; perché dall’inizio alla fine, la sensazione di essere immersi in un’avvolgente tristezza non ti abbandona mai. Train Dreams è una riflessione filosofica malinconica e toccante che fa della solitudine, delle peregrinazione e della contemplazione il fulcro di un western intimo ed epico al tempo stesso. La narrazione segue un andamento assorto, placido che, interrotto dalla sciagura, riprende poi il suo cammino inesorabile scandito dalla rappresentazione delle emozioni umane del protagonista. L’interpretazione di Joel Edgerton è superba: contenuta, introiettata, mirata a non permettere che il suo personaggio cerchi pietà o compassione allo spettatore. La vita è così, si può solo tirare avanti, è la constatazione del modesto Grainier, ignaro che la sua esistenza ordinaria contenga in sé una grandiosità interiore che merita di essere raccontata.
Train Dreams è uno studio discreto e gentile di una singola esistenza che rivela la profonda connessione tra tutte le cose, un’ode alla bellezza di un passato perduto che persiste nell’animo dello spettatore a lungo dopo la visione. Si esce quasi ipnotizzati dalla bellezza lirica della cronaca di gioie e dolori di Robert, ci si perde con lui nella contemplazione dei panorami, dei fiumi, delle montagne, degli scorci formidabili e infiniti. Infiniti come la tristezza di constatare che abbiamo ricevuto in dono il paradiso e lo abbiamo distrutto.




