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giovedì, Apr 13

Tupperware, cosa sta succedendo | Wired Italia



Da Wired.it :

Come la biro, l’autogrill e l’aspirina, Tupperware è uno di quei brand talmente noti da diventare parole di uso comune (chi non chiama “tupperware” tutti i contenitori di plastica per conservare la schiscetta?). Ma non sarà la notorietà a salvare dal fallimento l’iconica azienda americana, fondata a Orlando nel 1946: al rientro dalle vacanze di Pasqua le sue azioni sono sprofondate di quasi il 50%. Una reazione che si spiega alla luce della nota incendiaria diramata la settimana scorsa, in cui la società manifestava seri dubbi sulla sua capacità di continuare a operare.

La situazione:

  1. I conti
  2. Le ragioni della crisi
  3. Verso il fallimento

I conti

A ben vedere, è la seconda volta in meno di sei mesi che Tupperware suona l’allarme della continuità aziendale (in inglese “going concern”, come si legge nella nota). D’altronde i numeri non sono incoraggianti: nell’ultimo trimestre del 2022, le vendite sono crollate del 20% rispetto all’anno precedente, superando di poco i 300 milioni di dollari. E il mercato ha annusato la crisi: solo nell’ultimo anno l’azienda ha dissolto quasi il 100% del suo valore in Borsa.

Che Tupperware stia annaspando non è una scoperta di questa settimana: dopo decenni di ascesa, nel 2021 (l’ultimo anno di cui è disponibile il consuntivo) i ricavi si sono attestati a un miliardo e mezzo di dollari, equivalente al 40% in meno rispetto al record registrato nel 2013. Già dal 2018 l’azienda aveva iniziato a chiudere gli stabilimenti, prima in Israele e in Olanda e nell’agosto dell’anno scorso in Nuova Zelanda.

E dire che durante la pandemia Tupperware sembrava in forte ripresa: il lockdown, la chiusura dei ristoranti e la riscoperta dei pasti cucinati in casa avevano messo le ali al titolo, passato dai 3 dollari del marzo 2020 ai 32 del novembre. Ma il revival è stato momentaneo e ben presto le persone hanno ricominciato a mangiare fuori.

Le ragioni della crisi

In un mercato iper competitivo, affollatissimo e pieno di imitatori che producono a costi inferiori, secondo gli analisti Tupperware non è stata capace di rinnovarsi. In barba ainternet, ai social media e alle pressioni dell’e-ommerce, l’azienda manda avanti il suo business con la stessa strategia che l’ha vista nascere nella seconda metà del Novecento: vendite porta a porta e dimostrazioni a domicilio, grazie a tre milioni di venditori diretti in quasi cento paesi. Ancora oggi nessun negozio fisico. Ma rispetto agli anni del boom economico, i consumatori hanno meno tempo per ascoltare i promotori del marchio, e più opzioni per la conservazione degli alimenti (i numerosi contenitori che oggi si trovano nei supermercati non sono Tupperware).

Eppure la capacità di innovare era stata la ragione dell’enorme successo di Tupperware: fu una delle prime aziende a impiegare per i recipienti le nuove plastiche; progettò il sigillo ermetico “tappo a stappo”, ispirato al design dei barattoli di vernice; ed ebbe l’idea di vendere il prodotto direttamente nelle case durante i famosi “party Tupperware”, eventi privati che riunivano amiche e vicine. Un’usanza archiviata ma non fino in fondo: tuttora sul sito (dove a dispetto del conservatorismo è comparso uno shop online) si invitano i naviganti a organizzare una festa con gli amici per visionare i prodotti. Un sistema che offre scarse attrattive alle giovani generazioni, peraltro sempre più ostili alla plastica.

Verso il fallimento

Priva di qualsiasi aggancio con i nuovi consumatori, Tupperware potrebbe chiudere. La società ha avviato colloqui con potenziali investitori e sta valutando di vendere alcune partecipazioni immobiliari per rastrellare soldi. Nel frattempo rischia di rimanere esclusa dai listini di Wall Street: la scorsa settimana ha ricevuto un avviso di non conformità dalla Borsa di New York per non aver ancora depositato i risultati annuali del 2022. Si direbbe che la “festa Tupperware” è finita.



[Fonte Wired.it]