L’overtourism, il “turismo eccessivo”, è un fenomeno senza confini geografici. Chiunque abbia viaggiato negli ultimi anni si sarà reso conto di quanto il suo significato sia tangibile in quelle città o vicino a quelle attrazioni dove il numero di turisti è fuori controllo. Il “troppo stroppia”, tanto da inficiare l’esperienza stessa, impattando negativamente sulle comunità locali, stravolgendo le caratteristiche tipiche e “autentiche” di un luogo (le stesse che forse, con un po’ d’ingenuità, in prima battuta avevano spinto il turista a intraprendere proprio quel viaggio). Cosa s’intende quindi quando parla di sovraffollamento turistico?
Overtourism, il significato
Se si dovesse partire dalla definizione ufficiale del fenomeno, l’Organizzazione mondiale del turismo parla di “impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza eccessivamente e in modo negativo la qualità della vita percepita dei cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”. Guardando la data degli studi che ne parlano possiamo tranquillamente scrollarci di dosso l’idea che sia scoppiato improvvisamente quest’estate: già nel 2018 infatti Oxford la inseriva fra la lista di parole dell’anno.
Ma quindi perché proprio adesso è diventato così “evidente” il suo significato? È davvero peggiorato tutto? Forse sono diventate più visibili le forme di insofferenza delle comunità locali nei confronti di un certo tipo di turista. Non ci sono solo i gruppi a Barcellona che protestano sulla Rambla, le migliaia di persone che marciano a Palma di Maiorca con striscioni che recitano “Less tourism, more life”, o ancora, le segnalazioni fatte dai cittadini in Grecia che scandagliano le spiagge per denunciare chi non rispetta le regole dell’occupazione del suolo inserendole in un’applicazione, o il grupppo punk tedesco che ha organizzato un campo di protesta nell’esclusiva isola di Sylt nel mare del Nord.
Oggi anche in Italia si parla del fenomeno e non solo a Venezia o alle Cinque Terre. A maggio il centro studi Demoskopika pubblica un’indagine dove misura l’Indice complessivo di sovraffollamento turistico (Icst), utilizzando come parametri la densità turistica, la densità ricettiva, l’intensità turistica e l’utilizzazione lorda e quota di rifiuti urbani attribuibili al settore. Da qui è risultato che in Italia, le città dove questo indice è molto alto sono Rimini, Venezia, Bolzano, Livorno, Trento, Verona e Napoli. Rimangono comunque nella fascia alta anche Roma e Firenze e, se si prende in considerazione solo il parametro di concentrazione di turisti per unità di superficie, la Serenissima registra oltre 14 mila turisti per chilometro quadrato.
Le cause dell’overtourism
Se è un fenomeno già studiato, perché ci stupisce/sciocca di più ora? “Con il Covid si è sperato che si potesse assistere a una sorta di decompressione, alla creazione di una nuova realtà, che poi, come abbiamo visto, non c’è stata – spiega Monica Bernardi, docente associata di Sociologia dell’ambiente e del territorio presso il dipartimento di Sociologia e ricerca sociale di Milano-Bicocca – Il recupero è stato velocissimo e se inizialmente nel post pandemia si parlava di “revenge toursim” per spiegare il desiderio di tornare a viaggiare, non appena le condizioni lo hanno permesso si è registrata un’accelerazione ulteriore del turismo che in alcune destinazioni ha presto assunto le dimensioni del cosiddetto overtourism, come e più di prima dei lockdown”.