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sabato, Giu 06

Tutto quello di cui abbiamo parlato nella prima tappa del Wired Next Fest 2020



Da Wired.it :

Nella due giorni dedicata alla salute digitale, il punto di partenza non poteva che essere la pandemia di Covid-19, tra ricerca scientifica e prospettive. Ma si è parlato anche di bioprinting, chirurgia robotica, telemedicina, fake news, modi di fare scienza, big data epidemiologici e tanto altro

Il digitale al servizio della salute. Questo il tema, e anche la missione, della terza edizione di Health, l’evento tutto digitale in due giornate che ha aperto il Wired Next Fest 2020 e che ha riunito su un unico palco virtuale oltre 40 speaker italiani e internazionali. Giovedì 5 e venerdì 6 giugno, in un’intensa diretta non-stop, si è parlato anzitutto di scienza e di politica sanitaria, ma anche di ricerca di frontiera, di avanguardia tecnologica applicata alla cura della persona e – come sempre – di futuro. A cominciare, naturalmente, da una profonda riflessione sul significato e sul portato della pandemia di Covid-19. I prossimi appuntamenti digitali del Wired Next Fest saranno il 18 giugno, il 9 e 23 luglio e infine il 17 e 30 settembre, in attesa del festival dal vivo il 10 e 11 ottobre a Milano.

“Quello che abbiamo imparato dall’epidemia è che i Servizi sanitari nazionali devono essere messi al centro delle politiche“, ha dichiarato in apertura il ministro della Salute Roberto Speranza. “E che la salute deve diventare un tema principale delle azioni di Governo di ogni Paese, in quanto bene pubblico fondamentale”. Nel suo intervento il ministro ha anche sottolineato come in un momento di difficoltà i cittadini non abbiano bisogno di litigi tra le diverse amministrazioni, ma di una collaborazione e di una sinergia che permettano di rendere effettivo il diritto alla salute.

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Il ministro della Salute Roberto Speranza al Wired Next Fest 2020

Alberto Mantovani, immunologo e direttore scientifico di Humanitas, si è invece concentrato su quello che la scienza non sa, ossia sul dubbio come fondamento stesso del metodo di ricerca. “I due pilastri della scienza sono il mettere i dati al primo posto e poi l’onestà davanti ai dati stessi”, ha spiegato. “Se c’è una cosa su cui è facile sbagliare, e su cui siamo più incerti, sono le previsioni. Ma se avessimo usato – e usassimo – in modo corretto i dati, avremmo avuto meno problemi”. Nel passato ma pure nel presente.

Lo stesso tema dei dati è rimasto centrale anche nel panel con Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, che ha raccontato come per l’evoluzione dell’epidemia saranno determinanti i fattori ambientali, i comportamenti individuali e le strategie 3T di test, tracciamento e trattamento. “In questa fase si sta andando in ordine sparso”, ha ammonito “e in balia dell’ottimismo rischiamo di perdere due terzi dei fattori decisivi per scongiurare una nuova impennata di contagi”. Ha poi sottolineato come, distribuendo le Regioni in base alla prevalenza della Covid-19 e all’incremento percentuale dei casi, Lombardia e Liguria siano le uniche due con valori più elevati rispetto al resto del Paese.

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“Il ritorno all’effettiva normalità, quella definitiva, dipenderà dall’evoluzione locale dell’epidemia”, ha ribadito Päivi Kerkola, amministratore delegato di Pfizer Italia. Durante l’intervista anche spiegato che il lockdown ha impattato sul mondo della farmaceutica sia per la parte di ricerca e sviluppo, ma anche in termini di produzione e di filiera logistica di distribuzione dei prodotti. “Si è visto anche un cambiamento nel comportamento dei pazienti, che si sono rivolti molto meno ai propri medici e alle strutture sanitarie per paura del contagio”, ha aggiunto. “E inoltre ci si è resi conto che per fare smart working non basta dare un computer alle persone e farle lavorare da casa, ma occorre un cambiamento culturale”.

Gettando uno sguardo oltre i confini nazionali, il Chief medical officer di Helios Health Ralf Kuhlen ha dato una propria spiegazione del perché la Germania sia stata capace di ridurre più di tutti la letalità della Covid-19. “L’epidemia è arrivata con un po’ di ritardo rispetto ai primi Paesi, e questo vantaggio ha dato il tempo di organizzarsi. Ma ci sono anche altri fattori: la popolazione tedesca non ha molti contatti intergenerazionali, così che gli anziati sono rimasti protetti dal contagio più che in altri Paesi, e i posti in terapia intensiva erano molti più che altrove rispetto alla popolazione”, ha spiegato. Aggiungendo che, al netto di questi fattori, la situazione tedesca non è stata affatto diversa da quella italiana.

“A contribuire alle difficoltà della Lombardia è stata la sfortuna del fattore tempo, l’anzianità della popolazione, l’interconnessione tra generazioni, l’elevato pendolarismo e l’elevata densità abitativa, ha confermato Luciano Ravera, amministratore delegato di Irccs Istituto clinico Humanitas. Ritardi, decisioni poco lungimiranti sulle Rsa e investimenti troppo scarsi in sanità hanno certamente dato un contributo negativo, ma gli ospedali hanno dato dimostrazione di saper unire tutte le professionalità che raccolgono e di potersi riorganizzare in fretta, sia dal punto di vista fisico sia procedurale. Pensando al futuro, “il legame tra sanità territoriale e ospedaliera è un’opportunità da sfruttare appieno nei prossimi anni”, ha aggiunto “e l’altra sinergia su cui lavorare è la collaborazione sempre più stretta tra cura, ricerca e didattica.

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Wojciech Wiewiórowski, Garante europeo per la protezione dei dati, al Wired Next Fest 2020

Dalla formazione alle questioni di privacy, ospite di Health è stato anche Wojciech Wiewiórowski, Garante europeo per la protezione dei dati. Il tema, naturalmente, sono state le app di contact tracing: “alcuni principi del Gdpr possono essere applicati in modo meno rigido quando c’è in gioco la salute pubblica”, ha spiegato, “ma è fondamentale che queste soluzioni restino temporanee, che possano essere completamente spente, che i dati siano usati solo per lo scopo specifico per cui sono stati raccolti e sapere con estrema precisione chi li detiene, senza accontentarci di sapere che siano su server pubblici. Wiewiórowski ha aggiunto che nel post-pandemia non cambieranno le aspettative, le priorità, i princìpi e le direttive in termini di privacy, ma diventerà ancora più chiedere e pretendere trasparenza sugli usi che vengono fatti dei dati.

Sulle soluzioni digitali, ma votate alla lotta contro l’Aids, è stato incentrato l’intervento di Cristina Le Grazie, Executive director Medical affairs Gilead Sciences Italia. “Oggi in Italia convivono con il virus dell’Hiv circa 120mila persone, di cui il 15% non sa nemmeno di esserne portatore“, ha detto. Proprio i temi dell’emersione dei casi sommersi e il miglioramento della qualità di vita del paziente affetto da Aids sono risultati centrali nell’hackaton Devs for Health, nato dall’idea di raccogliere da medici e pazienti indicazioni sui bisogni ancora insoddisfatti. “Le giovani generazioni non hanno più consapevolezza sul virus dell’Hiv, quindi riportare alla ribalta l’informazione e la formazione su questa infezione è decisivo”, ha concluso.

Sull’importanza della nostra auto-consapevolezza come specie si è concentrato anche il talk con Ilaria Capua, direttrice del One Health Center of Excellence, University of Florida. “Anziché considerare l’ambiente come qualcosa che ci circonda, dobbiamo renderci conto che tutto è interconnesso come se fossimo in un acquario, che siamo dipendenti da altre forme di vita e che le risorse sono finite e limitate”. La pandemia, insomma, è un fenomeno epocale che sta trasformando il nostro rapporto con noi stessi: “ci siamo sentiti improvvisamente animali, pezzi della catena di trasmissione del virus. Ciò ci riporta alla nostra natura terrena e ci urla in faccia che ci sono molte cose che non vanno bene”, ha aggiunto, ribadendo pure l’importanza di avere dati scientifici open access e metodi di analisi che non guardino al dato singolo ma ai pattern che nel complesso vengono a crearsi.

“Il dato è fondamentale e, al di là delle questioni di trasmissione i due grandi temi sono lo storage e l’elaborazione, ha sintetizzato Federico Protto, amministratore delegato di Retelit. Che ha anche confermato che la rete italiana ha retto lo stress test della pandemia, nonostante ci fosse apprensione per smart working, intrattenimento e gaming. “Bisogna però fare un distinguo”, ha precisato, “una cosa è l’infrastruttura generale, un’altra è l’uso della banda larga o ultra-larga nelle abitazioni private. Per il singolo cittadino la connettività a casa continua a essere un problema, con grandi disuguaglianze a seconda delle aree del Paese”.

Altro problema italiano è “la carenza in quei processi che vanno dalla genesi dell’idea imprenditoriale fino al riuscire a far scalare un’impresa, inclusa in particolare la fase critica di raccolta di capitali, ha detto Roberto Ascione, Ceo e founder Healthware Group. “C’è però un numero crescente di ospedali, di centri medici e di altre strutture sanitarie che stanno investendo in tecnologia e in trasformazione”, ha enfatizzato Marta Gaia Zanchi, Founder di Nina Capital, Ceo e Founder di Healthware Group. Il Co-Founder, chairman e Ceo di Genenta Science Pierluigi Paracchi ha aggiunto che è possibile raccogliere soldi da fondi privati, da visionari e da altre realtà che investono in nuove tecnologie, ammettendo però che “l’Italia produce risultati scientifici al pari della Francia e quasi come la Germania, ma in termini di investimenti raccolti siamo molto indietro”. E Eugene Borukovich, Founding Board member di YourCoach.Health, dal suo osservatorio privilegiato ha spiegato che “molti giovani stanno ambendo a voler essere non solo medici e operatori del sistema della salute, ma anche imprenditori e startupper nello stesso ambito, e in particolare nelle biotecnologie.

Di un altro problema molto antecedente all’esordio della pandemia, ossia di come combattere le dipendenze a suon di innovazione, si è parlato con Salvatore Giancane, medico tossicologo del SerD di Bologna. “Fino a oggi il primato in rete è stato del narcotraffico, che ha saputo usare in modo veramente efficace e produttivo le tecnologie digitali, mentre le istituzioni si sono limitate a siti statici poco attrattivi”, ha constatato. E Alfio Lucchini, psichiatra e membro dell’Ufficio di presidenza nazionale di Federserd, ha allargato la prospettiva, “ci sono altre dipendenze senza sostanze, dal gioco d’azzardo alle dipendenze dai social network, ha detto, “e non va dimenticato che l’obiettivo non è solo di interrompere l’uso di sostanze, ma migliorare le condizioni di vita, salute e lavoro delle persone”. Se nel settore della lotta alle dipendenze mancavano da tempo novità significative, oggi esistono nuove formulazioni di farmaci a lento rilascio, che ben si adattano alle odierne necessità di distanziamento fisico. “Inoltre si stanno muovendo i primi passi nel digital therapeutics, ossia terapie prescrivibili con un equivalente del principio attivo in formulazione totalmente digitale”, ha aggiunto Rodolfo Perriccioli, Marketing manager di Molteni Farmaceutici.

A Health si è poi parlato di attualità sanitaria con Andrea Crisanti, direttore del laboratorio Virologia e microbiologia all’università di Padova. “Abbiamo fatto 200mila tamponi e sono stati trovati 5mila positivi, quindi retrospettivamente oggi potremmo analizzare le cariche virali registrate per vedere come sono cambiate nel tempo”, ha spiegato, in merito all’importanza di svolgere indagini complete prima giungere a conclusioni sull’evoluzione del nuovo coronavirus. E riguardo ai dati epidemiologici, ha aggiunto: “In questo momento la trasparenza non dovrebbe avere compromessi, e dovrebbe essere totale da parte di tutti”.

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Andrea Crisanti al Wired Next Fest 2020

Dalla trasparenza alle fake news, con la giornalista scientifica Roberta Villa si è parlato del virus della disinformazione. “L’approccio giusto in un contesto di infodemia è quello dell’empowerment, dell’aiutare le persone ad avere più competenze e a conoscere quei meccanismi per cui si diventa vittima di bias e trappole mentali”, ha detto. Aggiungendo che di fronte a un patogeno nuovo e sconosciuto gli scienziati dovrebbero astenersi dal dare troppe certezze: “il tema dell’incertezza doveva essere sempre sottolineato, usando i condizionali e chiarendo che si dicevano cose per quanto se ne sapeva in quel momento, non verità assolute”.

“Nei mesi più intensi della pandemia i giornalisti di tutto il mondo hanno fatto uno straordinario lavoro di debunking e messo online moltissime informazioni”, ha sottolineato Dimitra Dimitrakopoulou del Mit Media Lab e dell’università di Zurigo. “Ma anche i migliori sforzi sono destinati a fallire se non ci cerca di dare risposta nei giusti tempi e modi ai bisogni, alle domande e alle preoccupazioni delle persone”, ha ammonito.

Di vaccini e terapie Car-T ha raccontato invece Eva Runggadier, direttore della ricerca clinica di Janssen Italia. “Per le ricerche cliniche già avviate ci si è concentrati sul minimizzare il rischio di contagio, sul garantire la continuità terapeutica e sul conservare il valore scientifico degli studi clinici in corso, portando ad esempio le terapie a domicilio”. Contro il nuovo coronavirus, invece, la speranza è di arrivare ad avere una valida opzione terapeutica nel corso del 2021.

La prima giornata di Health si è chiusa con l’intervento di Stella Kyriakides,  commissario europeo alla Salute, che ha spiegato come mai occorre un coordinamento sovranazionale per affrontare la pandemia. “I contatti stretti e le possibili infezioni devono poter essere comunicati quando ci si sposta da un Paese all’altro”, ha detto, “e finché non ci sarà un vaccino il virus sarà in circolazione: trovarne uno efficace è determinante non solo per gli Stati dell’Unione Europea, ma per tutti i Paesi del mondo, che dovranno poter avere accesso al vaccino quando ci sarà, senza che si creino disuguaglianze.

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Stella Kyriakides, Commissario europeo alla Salute, al Wired Next Fest 2020

Venerdì è iniziato invece all’insegna del bioprinting con Anthony Atala, direttore Wake Forest Institute for Regenerative Medicine. “Gli organi stampati in 3d con cellule e tessuti vivi, anche in miniatura, possono essere preziosi nel combattere la Covid-19, in particolare per testare l’efficacia dei trattamenti e per capire meglio l’effetto del virus sulle diverse parti del corpo”, ha spiegato.

Di nuovo la stampa tridimensionale, ma con materiali duri, insieme alla sensoristica e alla robotica sono state al centro dell’intervento sull’ortopedia digitale di Stefano Bini, founder e chair digital Orthopedic Conference San Francisco. “La misura dei movimenti attraverso i sensori oggi è molto buona”, ha detto, “ma non siamo ancora arrivati al punto in cui un algoritmo di intelligenza artificiale possa fare il triage ortopedico ai pazienti e individuare le patologie e i problemi, o possa svolgere un’analisi predittiva sull’evoluzione di una condizione medica”.

Sullo stesso fil rouge si è inserita anche la partecipazione di Franca Melfi, direttrice del Centro di chirurgia robotica Aoup Pisa. “Oggi si può simulare un intervento chirurgico senza avere un vero paziente”, ha annunciato. “Si possono elaborare le immagini con tecniche ingegneristiche, poi utilizzare stampanti 3d per costruire un modello e simulare l’intervento il giorno prima”. Tutto ciò serve sia al chirurgo primo operatore, ma anche per gli studenti e i medici specializzandi per imparare a gestire la variabilità anatomica possibile. Ma attenzione agli equivoci: “La chirurgia robotica andrebbe chiamata chirurgia robot-assistita, non è un androide con un bisturi in mano”.

A proposito di interventi chirurgici, si è fatto il punto anche dell’oncologia al tempo del coronavirus. “Nel 2019 abbiamo avuto 370mila nuove diagnosi di tumore”, ha detto Claudia Molteni, Marketing and customer innovation manager di Roche, “e se si guarda ai dati degli ultimi mesi si possono stimare circa 20mila mancate diagnosi di tumore, oltre all’aver posticipato interventi chirurgici, somministrazione di terapie e altre iniziative importanti”. Ecco perché è tempo di puntare anche sull’open innovation, per trovare soluzioni innovative di gestione dei flussi di pazienti e strutture ospedaliere.

“Quello che è già accaduto in radiologia con le tecniche di imaging, oggi sta accadendo in ambito ematologico con la genomica: diventa importante conoscere il valore e il significato dei test genomici per poterli prescrivere nel modo corretto e sfruttarli al massimo”. Così Matteo della Porta, responsabile della sezione Leucemie e Mielodisplasie in Humanitas e docente Humanitas University, che ha spiegato anche come attraverso le competenze digitali, si creeranno professionalità ibride tra il medico tradizionale e il data scientist.

Trasversali a molti interventi, e in un certo senso visionarie, sono state le valutazioni su quello che la pandemia ci lascerà in eredità. “La centralità del Sistema Sanitario resterà come valore centrale per la società, con un modello di erogazione che misuri sugli esiti clinici e non la quantità di prestazioni erogate”, ha suggerito Michele Perrino, presidente e amministratore delegato di Medtronic Italia Spa. “Ma la novità più importante è culturale, perché con l’arrivo sempre più importante del digitale dobbiamo sviluppare una visione della sanità non a silos, ma coesa e responsabile in cui pubblico e privato devono lavorare insieme”.

E proprio di tecnologia sviluppata in Italia contro il coronavirus si è chiacchierato con Giacomo Cuttone, fisico nucleare e dirigente di ricerca ai Laboratori nazionali del Sud a Catania, e con David Vannozzi, direttore generale del Cineca. “Da un database con 500 miliardi di molecole, abbiamo ristretto il campo alle attuali 50 più promettenti per contrastare il virus, facendo in un mese quello che avrebbe richiesto anni”, ha detto quest’ultimo. Mentre Cuttone ha aggiunto: “Gli acceleratori di particelle sperimentali italiani sono stati utilizzati per l’analisi della filtrazione batteriologica e della traspirabilità dei materiali per produrre mascherine, e il deep learning viene usato anche per capire meglio quali test diagnostici svolgere su pazienti risultati negativi al tampone orofaringeo.

Un altro approccio è quello della genomica, raccontato al Wired Next Fest dal Head of Neurogenomics Human Technopole Giuseppe Testa. “La sfida della medicina di precisione raccolta dal progetto LifeTime for COVID si fonda sui 3 pilastri: la medicina omica, a livello di singola cellula, la interception medicine, con cui si cerca di intercettare molto precocemente la malattia, e poi l’applicazione di tutto ciò alla contingenza di una situazione emergenziale come la pandemia di Covid-19″.

Altra tecnologia raccontata a Health, al di là dell’emergenza sanitaria, è la telemedicina sfruttata per pazienti diabetici con complicanze cardiovascolari. “La telemedicina consente non solo di curare meglio il paziente, ma anche di ridurre il costo complessivo dell’assistenza, le ospedalizzazioni e degli accessi in pronto soccorso”, ha chiarito Nicoletta Luppi, presidente e amministratore delegato MSD Italia. “Adottando questo approccio su larga scala si potrebbero risparmiare 1.260 euro per paziente all’anno, che moltiplicato per 1,3 milioni di pazienti diabetici con queste caratteristiche significa un risparmio per l’Italia di 1,6 miliardi di euro.

L’immagine della salute è invece il titolo del talk di Alessandro Gandolfi, fotografo, giornalista e Founder di Parallelozero. “Le strade vuote erano la prima immagine che veniva all’occhio di tutti, ma poi si sono cercate altre chiavi di lettura come la nascita dei nuovi ospedali e poi l’emergenza legata alla carenza di bombole di ossigeno. Oltre a documentare l’emergenza, Gandolfi ha anche presentato i suoi lavori legati a scienza e immortalità, ai tentativi in giro per il mondo di prolungare la vita umana e di diventare biologicamente immortali. Altrettanto originale è il tema dell’acquatettura, l’architettura sott’acqua raccontata da Noemi Bitterman dell’Israel Institute of Technology: “Anziché ai grattacieli, iniziamo a pensare a strutture che si sviluppano dentro il mare.

Meno futuristico, ma drammaticamente attuale, è il tema dell’obesità. “Gli obesi hanno in media un’aspettativa di vita di 10 anni in meno, e gli ultimi 10 anni di vita si passano in condizioni di salute non buone. Quindi si perdono 20 anni di vita in salute”, ha concluso Michele Carruba, presidente dell’Advisory board di Obecity. “Anche se non è un tema nazional popolare, è un problema soprattutto nelle più giovani generazioni, ha aggiunto Davide Verdesca, Chairman & Ceo SG Company Spa. “E per questo, con un progetto come Obecity, occorre far leva sulla prevenzione e sui corretti stili di vita”, ha sottolineato Elena Busetto, Country corporate social responsibility & Philanthropy lead Medtronic Italia.

Tra i temi sulle ricerche di frontiera c’è quello delle autopsie sui pazienti oncologici: “Con tecniche informatizzate si può visualizzare e ottenere l’albero filogenetico del tumore, quindi vedere le varie popolazioni e le mutazioni delle cellule cancerogene”, ha spiegato Mariam Jamal-Hanjani dell’Ucl Cancer Institute. Mentre Assaf Shapira, ricercatore in medicina rigenerativa Tel Aviv University, ha raccontato la realizzazione di un piccolo cuore umano stampato in 3d: “L’idea di fondo è che si possa evitare il problema dei rigetti post-trapianto, ma prima di vedere una simile opzione terapeutica in azione passeranno decenni.

Sul fronte delle politiche della salute, invece, è stata chiarissima Esty Shelly, del ministero israeliano della Salute: “Mentre la banca può andare al 100% sul digitale, la medicina non sarà mai completamente digitale.

“La medicina non sarà più quella di prima, né lo sarà l’assistenza alle persone”, ha aggiunto Ilaria Prato, Associate director public affairs di Biogen. “In questo momento si stanno mettendo insieme tutte le esperienze per trarne una sintesi in ottica pazientecentrica“. E ha raccontato la grande resilienza dimostrata ancora una volta dai pazienti con sclerosi multipla anche durante il lockdown, culminata nella serie Ti racconto la mia forza – Io non sclero, tradotta anche in podcast.

“I bisogni cambiano” è invece l’osservazione di Marco Sesana, Country manager & Ceo di Generali Italia e Global Business Lines. “Ora si sente anzitutto il bisogno di sicurezza in caso di catastrofi e pandemie, ma anche la necessità di avere un punto di riferimento per la salute, e si è rivalutato il valore dell’autosufficienza e del risparmio. Sottolineando anche, tra le parole più rilevanti per guardare al futuro, la pragmaticità nel rapporto tra pubblico e privato.

A riassumere le lezioni impartite dal nuovo coronavirus è stato Walter Ricciardi, presidente Mission Board on Cancer e consulente del ministero della Salute. “Anzitutto, mai trascurare i finanziamenti e le persone del sistema sanitario. Poi, ricordare che non esiste solo l’ospedale, ma anche il territorio e le strutture intermedie. Infine, l’importanza della prevenzione. La pandemia, insomma, prima o poi sarebbe sicuramente arrivata, e lo stesso succederà anche in futuro, quindi non prepararsi “sarebbe da stolti”.

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Il blocco conclusivo dell’evento è stato invece affidato a Alessandro Vespignani, direttore Mobs Lab Northeastern University, e a Massimo Galli, direttore responsabile Malattie infettive dell’Ospedale Luigi Sacco. “Molte delle decisioni che vengono prese ora guardano l’ambito nazionale”, ha detto il primo, “ma con la riapertura ci saranno questioni internazionali. Se perdiamo il contatto con i dati perdiamo il contatto con la realtà e i fatti, ed è fondamentale rispettare le professionalità: un virologo non è un economista, né il viceversa”. Galli ha spiegato invece che “il cosiddetto paziente uno non è il vero paziente uno, il quale risale probabilmente al 25 gennaio, e soprattutto ha lanciato un monito per il futuro: “Si parla della malattia X, quella che potrebbe davvero metterci in crisi, che non è questo nuovo coronavirus, ma potrebbe prima o poi arrivare”. E non possiamo farci trovare impreparati come questa volta.

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[Fonte Wired.it]