Oltre 4mila abitanti di Tuvalu, piccola nazione del Pacifico situata tra Australia e Hawaii e composta da nove atolli, hanno chiesto asilo climatico in Australia. Si tratta di circa un terzo della popolazione totale dello stato insulare. L’innalzamento del livello del mare, provocato dal cambiamento climatico, sta infatti rendendo progressivamente inabitabile il loro territorio.
L’Australia ha risposto a questa emergenza creando i primi “visti climatici” della storia, un programma che offre 280 posti annuali per chi deve abbandonare la propria terra per cause ambientali. Le domande si sono chiuse il 18 luglio 2025 e la selezione avverrà tramite sorteggio tra luglio e gennaio 2026, come ha riferito l’ambasciatore tuvaluiano alle Nazioni Unite Tapugao Falefou a Reuters. Il meccanismo rappresenta un esperimento inedito che potrebbe diventare il modello per future migrazioni climatiche nel mondo.
Come funziona l’esodo organizzato da Tuvalu
Il programma australiano di migrazione climatica si fonda su un sistema di quote annuali, ideato dal governo di Canberra per gestire in modo ordinato l’esodo da Tuvalu ed evitare uno spopolamento repentino dell’arcipelago. Ogni anno vengono messi a disposizione 280 visti, pari a circa il 2,5% della popolazione tuvaluiana. Una cifra studiata per consentire, almeno teoricamente, a tutti gli abitanti di trasferirsi in Australia entro quarant’anni — lo stesso arco temporale in cui gli scienziati stimano che Tuvalu possa diventare inabitabile. La gradualità del programma ha anche l’obiettivo di scongiurare il cosiddetto “brain drain”, ovvero la perdita di competenze e lavoratori qualificati che comprometterebbe il funzionamento dello stato prima ancora che venga sommerso.
Il processo di candidatura parte da una registrazione online che costa 25 dollari australiani per il candidato principale, cifra che include però l’intero nucleo familiare nella domanda. Una volta completata l’iscrizione, i candidati entrano in un’estrazione casuale computerizzata che seleziona chi potrà effettivamente presentare la richiesta di visto. Questo sistema a lotteria è stato scelto deliberatamente per garantire equità: non esistono criteri di merito, età, istruzione o ricchezza che possano favorire alcuni cittadini rispetto ad altri. Il programma è accessibile anche a persone con disabilità, esigenze particolari o malattie croniche: categorie solitamente escluse dai visti australiani tradizionali.
Chi risulta selezionato dal sorteggio ottiene il diritto di richiedere il visto tecnico Subclass 192 (Pacific engagement) – Treaty stream, che garantisce la residenza permanente immediata in Australia. I beneficiari possono lavorare in qualsiasi settore, studiare nelle università australiane pagando le stesse tasse degli studenti locali, accedere al sistema sanitario nazionale e richiedere i sussidi familiari e di disoccupazione. Ma l’aspetto più permissivo rispetto agli altri tipi di visto riguarda la libertà di movimento: diversamente da tutti gli altri programmi di immigrazione australiani, i tuvaluiani possono viaggiare illimitatamente tra Australia e Tuvalu per mantenere i legami familiari e culturali con la madrepatria.
Luci e ombre del primo accordo bilaterale sulla migrazione climatica
Il sistema di visti speciali è stato creato dall’accordo Falepili Union, firmato nel novembre 2023 tra l’ex primo ministro australiano Anthony Albanese e l’ex premier di Tuvalu Kausea Natano. Il trattato, entrato in vigore nell’agosto 2024, rappresenta il primo accordo bilaterale al mondo dedicato specificamente alla migrazione climatica. L’Australia si è impegnata a riconoscere per sempre la sovranità di Tuvalu anche se l’arcipelago dovesse scomparire fisicamente sotto le acque. Questo principio rappresenta una novità assoluta nel diritto internazionale, in quanto svincola la sovranità statale dalla presenza fisica di un territorio. In questo scenario, Tuvalu potrebbe continuare a esistere come entità politica e giuridica, con un governo in esilio, una popolazione dispersa all’estero e una rappresentanza nelle istituzioni internazionali. Inoltre, il paese manterrebbe i diritti sulle proprie zone economiche esclusive, comprese quelle legate alla pesca e alle risorse marine.