Da Wired.it :
Parte al rialzo la quotazione di UiPath, società fondata in Romania che si è affermata con i suoi sistemi di iper-automazione. Al debutto ha fatto meglio di Spotify
Una compagnia che fornisce software di “iperautomazione” per lo svolgimento di funzioni ripetitive nel lavoro da ufficio, è riuscita a raccogliere 1,34 miliardi di dollari nel corso della quotazione in borsa a Wall Street mercoledì 21 aprile. È UiPath, azienda partita in Romania con sede a New York, che è salita del 23% al debutto in Borsa, raggiungendo un valore di mercato di 35,8 miliardi di dollari, maggiore persino di Spotify, nella sua quotazione tre anni fa. Per restare a un confronto con le compagnie software americane, le maggiori quotazioni di sempre sono state quelle di Snowflake, fornitore di cloud (3,9 miliardi di dollari lo scorso settembre) e Qualtrics (1,78 miliardi di dollari a gennaio), dopo lo spin off da Sap.
La valutazione raggiunta è in linea con quella stimata nel corso dell’ultimo round di finanziamento privato da 750 milioni di dollari a febbraio, quando era di 35 miliardi di dollari. La negoziazione privata tra compagnia e investitori ha visto martedì 20 aprile lo scambio di almeno 24 milioni di azioni, per un valore di 56 dollari (già superiore alle previsioni). Mercoledì il titolo ha chiuso a un prezzo di 69 dollari per azione. Il fondatore Daniel Dines detiene l’88% dei diritti di voto, grazie a una quota di azioni classe B valutata in 7 miliardi di dollari (110 milioni di azioni).
Fondata in un appartamento a Bucharest nel 2005, con dieci persone, UiPath si è evoluta fino a essere presente in 30 paesi nel mondo, con 2863 dipendenti, di cui un quarto nella capitale romena. I suoi programmi possono automatizzare operazioni di tipo finanziario, legale e risorse umane, con una notevole capacità di trattenere la clientela: il 45% ha speso di più rispetto all’anno precedente. E il 2020, complice la pandemia e la necessità di lavorare da casa, ha spinto i ricavi di UiPath, fino a 607 milioni di dollari (+81%) con un taglio delle perdite da 519,9 milioni di dollari (2019) a 92,4 milioni nel 2020. Il caso ha attirato l’attenzione della comunità finanziaria americana: The Economist osserva che la Silicon Valley sta perdendo la primazia sulle startup brillanti e che, inoltre, dieci anni fa tre quarti degli accordi early stage avvenivano nei confini americani, l’anno scorso il rapporto con il resto del mondo si è invertito.
Potrebbe interessarti anche