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giovedì, Mar 11

Un anno fa l’Oms dichiarava la pandemia di Covid-19



Da Wired.it :

Esattamente un anno fa l’Oms dichiarava che il coronavirus è una pandemia, una parola – spiegava – da non usare con leggerezza. L’Italia era da circa un giorno già in lockdown. Come è cambiata la nostra quotidianità in quest’anno insolito e drammatico in un flash

pandemia
(foto: Yuri_B via Pixabay)

È passato esattamente un anno. L’11 marzo 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dichiarava che Covid-19 era diventato una pandemia. Lo sfasamento fra il manifestarsi dell’epidemia in Cina e in altri paesi e la dichiarazione della pandemia dell’Oms (qui il testo pronunciato quell’11 marzo, anche in italiano) non è dovuto a un ritardo dell’Oms ma a un’attenta valutazione che ha tenuto conto dei paesi colpiti oltre alla Cina, del numero di casi e decessi. Oggi, a un anno dall’inizio ufficiale della pandemia ci sono quasi 118 milioni di persone che hanno avuto o hanno il coronavirus Sars-Cov-2, di cui più di 3 milioni in e complessivamente 2 milioni e 600mila decessi in tutto il mondo. Come è cambiata la realtà in questo strano e difficile anno.

Il momento della dichiarazione della pandemia

Pandemia non è una parola da usare con leggerezza o disattenzione”, diceva l’11 marzo scorso Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Oms. La decisione di dichiarare la presenza di una pandemia è stata presa sulla base del fatto che nelle precedenti due settimane il numero di casi è salito a circa 118mila in 114 paesi al mondo, con più di 4mila morti. “Abbiamo quindi valutato che Covid-19 può essere caratterizzato come una pandemia”, ha affermato. “Descrivere la situazione come una pandemia non cambia la valutazione dell’Oms sulla minaccia rappresentata da questo virus. Non cambia ciò che l’Oms sta facendo e non cambia ciò che i paesi dovrebbero fare”.

Cosa facevamo noi in quei giorni

All’epoca il capo dell’Oms ringraziava l’Iran, l’Italia e la Corea del Sud per le misure prese per contrastare le epidemie. L’Italia è stata infatti il primo paese in Europa fortemente colpito, un ruolo da apripista sicuramente non facile. La maggior parte di noi sicuramente lo ricorda bene (qui le possibili ragioni del fenomeno): l’11 marzo, infatti, in Italia era già in vigore il primo dei dpcm dell’ex premier Conte, con cui si decreta che l’intera Italia è “zona protetta” e inizia il lockdown. Si tratta del dpcm del 9 marzo 2020, che rimarrà probabilmente nella storia anche per la sua eccezionalità, per essere il primo (purtroppo) di una lunga serie di decreti con misure di contenimento della pandemia.

Come è cambiata la nostra realtà dopo

Il resto più o meno ce lo ricordiamo, almeno la parte che riguarda il nostro paese – anche se l’andamento della pandemia per molti paesi, soprattutto quelli europei, ha seguito tempistiche simili. La vita e la nostra quotidianità sono cambiate, dal punto di vista lavorativo, sociale e in molti casi anche economico e della salute. A livello pratico si passa dal lockdown alla fase 2, iniziata ufficialmente il 4 maggio 2020, con l’allentamento delle restrizioni. Dall’apertura delle regioni il 3 giugno a quella dei viaggi (in molti casi possibili solo dal 30 giugno). E poi, dopo il calo dei contagi in estate – una tregua, o meglio un’illusione, come dirà il Presidente Mattarella nel discorso di fine anno – la risalita (prima timida poi abbondante) dei casi a partire dalla seconda metà di agosto 2020. Tanto che già ad ottobre, all’inizio dell’autunno, la situazione si fa più critica. Dall’8 ottobre 2020 c’è l’obbligo di usare la mascherina anche all’aperto, mentre dal 6 novembre entra in vigore il dpcm del 3 novembre 2020, con il coprifuoco nazionale e l’Italia divisa in zone di colore diverso.

Dai vaccini alla minaccia delle varianti

Ma ci sono anche novità positive importanti: l’arrivo dei vaccini e il V day, che in Italia è stato il 27 dicembre 2020, durante le insolite feste divise in colori differenti e mutevoli durante le festività. Nel mese di febbraio 2021 la campagna vaccinale si è aperta, oltre agli operatori sanitari, agli over 80 e poi agli insegnanti.

Nel frattempo preoccupano le nuove varianti del coronavirus, in particolare quella inglese, che è ora prevalente in Italia e in parte alla base della risalita della curva. Tanto che si parla di terza ondata: nell’aria c’è già da qualche tempo l’ipotesi di un nuovo lockdown e buona parte delle scuole da lunedì 8 marzo 2021 sono di nuovo chiuse. E oggi, 11 marzo 2021, siamo in attesa di sapere se ci saranno chiusure nei week end o un nuovo lockdown, quasi in un déjà-vu con il 2020. Anche se, a differenza di un anno fa, abbiamo per fortuna molti più strumenti, sia preventivi (gli essenziali vaccini) sia terapeutici -qualche arma potrebbe arrivare dagli anticorpi monoclonali la cui somministrazione sperimentale nei pazienti è appena partita. E speriamo che fra un anno, l’11 marzo 2022, la situazione sia molto diversa.

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[Fonte Wired.it]