Un linguaggio che assomiglia sempre più a quello naturale. È l’enorme passo in avanti compiuto grazie un impianto cerebrale e un’interfaccia cervello-computer (Bci) che hanno permesso a un uomo, che ha perso la voce a causa della sclerosi laterale amiotrofica (Sla), di “parlare” con una voce computerizzata generata a una velocità indistinguibile da quella, appunto, del linguaggio naturale. A descriverne il successo sono stati i ricercatori della University of California, di Davis, che sulle pagine di Nature mostrano che questa tecnologia non solo è molto più veloce di quanto fosse possibile finora, ma permette di enfatizzare le parole in una frase e di cantare semplici melodie.
Il problema del ritardo
Ricordiamo brevemente che non è la prima volta che la comunità scientifica tenta di ripristinare la capacità di parlare impiantando set di elettrodi nel cervello di pazienti sottoposti a interventi chirurgici per altre patologie. Tuttavia, i risultati hanno avuto delle limitazioni: il linguaggio ottenuto, per esempio, presentava un ritardo nell’elaborazione di ogni parola da parte del modello linguistico, rendendo quindi difficile una conversazione in modo naturale e spontaneo.
L’impianto cerebrale
Proprio per questo motivo, gli autori del nuovo studio hanno tentato di mettere a punto un sistema che fosse in grado di sintetizzare in tempo reale il linguaggio. Più nel dettaglio, hanno coinvolto un uomo affetto da Sla e già provvisto di una serie di 256 elettrodi impiantati nella sua corteccia motoria durante uno studio precedente. Nel nuovo lavoro, quindi, hanno apportato ulteriori miglioramenti nell’algoritmo di apprendimento che, insieme all’elevato numero di elettrodi impiantati, hanno permesso all’interfaccia di riprodurre le parole che il paziente cercava di esprimere quasi in tempo reale, ossia con un ritardo di 25 millisecondi. Per rendersi conto, è lo stesso tempo che impiega la voce di una persona a raggiungere le proprie orecchie, ed è un ritardo circa 40 volte inferiore rispetto a quanto precedentemente documentato in altri impianti. Il sistema, inoltre, ha permesso di ottenere altre caratteristiche del linguaggio naturale, come l’enfasi su singole parole in una frase e l’aumento del tono vocale alla fine di una domanda, o persino cantare diverse note in una semplice melodia.
Il prossimo passo
Successivamente, alcuni volontari hanno valutato il livello di comprensione, affermando che capivano il 60% di ciò che il paziente diceva utilizzando l’interfaccia cervello-computer. Sebbene questa precisione sia ancora molto lontana da quella raggiunta dal sistema brain-to-text (98%), come ricordano da Science, la riduzione dei tempi dell’impianto cerebrale permette di ottenere una conversazione più naturale e spontanea. “Questi risultati dimostrano la fattibilità di consentire alle persone con paralisi di parlare in modo intelligibile ed espressivo attraverso un’interfaccia Bci“, si legge nello studio. Il prossimo passo ora sarà quello di impiantare diversi sistemi con un massimo di 1600 elettrodi in persone che hanno perso la capacità di parlare a causa di un ictus, malattia che danneggia diverse parti del cervello. “Fornire ai partecipanti elettrodi aggiuntivi potrebbe rendere il loro linguaggio generato dal cervello ancora più comprensibile”, ha commentato a Science l’autore Maitreyee Wairagkar.