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martedì, Giu 23

Un odore artificiale per dialogare con il cervello



Da Wired.it :

I ricercatori dell’Università di New York e dell’Iit hanno fatto sentire a un topo un odore che in realtà non c’era, svelando come il cervello elabora le informazioni olfattive

odore artificiale
(immagine: Ricardo Beltramo/Iit)

Dall’ascoltare i neuroni a dialogare con il cervello. I ricercatori della New York University insieme al team di Stefano Panzeri dell’Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) hanno inviato al cervello di alcuni topi uno schema di impulsi elettrici che sono stati percepiti come un odore. Gli esperimenti con questo odore artificiale hanno permesso di ottenere importanti indizi su come il cervello elabora le informazioni, conoscenze indispensabili per progettare in futuro delle cosiddette protesi nervose che ripristinino funzioni perdute o danneggiate. Lo studio è stato pubblicato su Science.

Decodificare l’olfatto

Chi studia il senso dell’olfatto finora aveva potuto più che altro ascoltare l’attività delle cellule nervose che si attivano in risposta a uno stimolo. I ricercatori statunitensi e italiani, oggi, sono andati oltre sviluppando secondo un modello matematico un odore artificiale che sembra essere la stele di Rosetta dell’olfatto, lo strumento che ci permetterà di passare dall’ascolto al dialogo con il cervello.

“Finora erano state utilizzate per comunicare con le cellule nervose solo porzioni dell’alfabeto della loro lingua separatamente. In pratica si è comunicato con il cervello utilizzando solo una lettera alla volta”, ha osservato Monica Moroni, dell’Iit e fra gli autori principali dello studio. “Ora abbiamo dimostrato come si fa a combinare le diverse lettere, che per noi sono l’attivazione di diversi gruppi di neuroni, per comporre nel tempo frasi articolate e fornendo un messaggio direttamente ai neuroni con una articolazione senza precedenti”.

L’odore artificiale

L’odore artificiale, dunque, è uno schema di impulsi elettrici, una versione semplificata di quello generato da un odore reale nel cervello dei topi, a cui gli animali reagiscono mostrando una risposta comportamentale. I ricercatori lo hanno trasmesso ai centri olfattivi attraverso tecniche di optogenetica: gli animali sono stati cioè modificati geneticamente in modo tale che i centri dell’olfatto potessero essere attivati o inibiti da fasci luminosi.

L’esatta melodia

I ricercatori hanno scoperto che perché gli animali reagissero all’odore artificiale i centri nervosi dovevano essere attivati in un certo ordine e con un determinato ritmo: i cambiamenti nella melodia rendevano difficile se non impossibile la percezione dell’odore.

L’incipit, in particolare, sembra essere determinante: modificare l’ordine di attivazione dei centri nervosi o il tempo che intercorre tra un impulso e l’altro all’inizio dello schema ha dato più problemi di riconoscimento dell’odore artificiale rispetto a quanto sia avvenuto cambiando i parametri verso la fine. “Se modifichi le prime note, rovini più facilmente la canzone”, ha commentato Dima Rinberg, che ha condotto gli esperimenti. Evidenze che confermerebbero l’idea di quello che gli esperti chiamano primacy effect, ossia che i segnali neurali che arrivano per primi abbiano più peso nell’elaborazione della percezione.

Dialogare col cervello

“Il nostro team ha fornito gli strumenti matematici per decodificare il codice neurale, generando una formula matematica che spiega come il cervello combina l’attività dei neuroni del sistema olfattivo per produrre le sensazioni”, ha spiegato Stefano Panzeri dell’Iit. “Il nostro studio dimostra per la prima volta come l’alfabeto del cervello combina e organizza la sequenza temporale dell’attivazione di diversi gruppi di neuroni posizionati in diverse parti del cervello, come l’alfabeto scritto o quello musicale combinano in una sequenza temporale diverse lettere o note per generare il significato di una frase o il piacere di una canzone”.

La ricerca pone così le basi per capire meglio il cervello anche quando qualcosa non funziona: padroneggiare il linguaggio neurale vorrebbe dire poter interrogare attraverso interfacce artificiali quest’organo tanto complesso e affascinante, interagendoci.

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[Fonte Wired.it]