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mercoledì, Lug 10

Un uomo di Salvini ha trattato in segreto per ottenere 58 milioni di euro dalla Russia


Lo prova BuzzFeed, con una registrazione che dimostra che tre italiani e tre russi si sono incontrati a Mosca per discutere come trasferire illecitamente i soldi alla Lega

(foto: Massimo Di Vita/Archivio Massimo Di Vita/Mondadori Portfolio via Getty Images)

Il 18 ottobre del 2018, tre italiani tra cui Gianluca Savoini, il presidente dell’associazione culturale Lombardia e un uomo molto vicino al ministro dell’Interno Matteo Salvini, e tre uomini russi, si sono incontrati al Metropol Hotel, a Mosca, per discutere come finanziare per milioni di euro – in maniera segreta e illegittima – la campagna elettorale del leader della Lega. A rivelarlo è BuzzFeed News, che ha ottenuto e ascoltato una registrazione dell’incontro.

La notizia smentisce le dichiarazioni di Savoini che, all’indomani di un’inchiesta pubblicata dall’Espresso lo scorso febbraio a firma di Stefano Vergine e Giovanni Tizian e riferita allo stesso incontro, aveva definito una “fantasticheria” il resoconto che ne aveva offerto il settimanale (rispondente a quanto affermato da BuzzFeed).

Secondo quanto si legge (e ascolta) il meeting è avvenuto davvero, ed è durato circa un’ora e mezza. Non si sa però, di preciso, chi abbia incontrato Savoini: insieme a lui infatti c’erano cinque uomini, di cui tre russi, che il giornale non ha potuto identificare. Si sa solo che uno dei due italiani si faceva chiamare “Francesco”; l’altro invece diceva di essere “Luca” e di lavorare come avvocato a Londra.

Tutti si trovavano a Mosca per mettere in piedi un finanziamento fuorilegge alla Lega. L’aiuto economico è stato mascherato da accordo commerciale sulla vendita di una fornitura di petrolio russo, ma sarebbe comunque stato illegittimo: nel momento in cui è avvenuto l’incontro, la legge elettorale italiana vietava infatti ai partiti di ricevere finanziamenti da donatori esteri superiori a 100mila euro. Secondo quanto rivelato dall’inchiesta, invece, i russi presenti al Metropol Hotel hanno parlato di mettere sul piatto l’equivalente di 58 milioni di euro.

Salvini, che quel giorno si trovava a Mosca ma non era direttamente presente all’incontro, non ha risposto a una richiesta di commenti da parte del giornale, mentre il suo uomo Savoini ha detto di “non avere tempo da perdere”.

I dettagli dell’accordo

BuzzFeed scrive che l’accordo tra i sei uomini prevedeva che un’importante compagnia petrolifera russa vendesse circa tre milioni di tonnellate di carburante all’Eni al prezzo di 1.4 miliardi di euro. La vendita sarebbe avvenuta attraverso alcuni intermediari, in diverse tranche e avrebbe previsto uno sconto di 65 milioni di euro: soldi che alla fine, tramite intermediari e prestanome, sarebbero finiti sui conti della Lega.

Durante l’incontro i sei uomini hanno valutato diversi aspetti: quale valuta utilizzare (euro o dollaro), a quali intermediari rivolgersi, che porto utilizzare per la spedizione di carburante e persino che tipo di carburante utilizzare (una delle opzioni sul tavolo prevedeva di vendere combustile diesel a basso tenore di zolfo).

In quel periodo, il prezzo all’ingrosso di questo combustibile, consegnato a Rotterdam, variava dai 693,25 ai 556,25 dollari per tonnellata. Se ne fossero state consegnate 250mila tonnellate, il valore della spedizione si sarebbe aggirato intorno ai 139-173 milioni di dollari e la Lega avrebbe ricevuto il 4%, circa 5.5 milioni di dollari. Moltiplicando questa cifra per 12 mesi, si ottengono 65 milioni di dollari.

Per quanto riguarda gli intermediari, i sei avrebbero invece pensato al braccio russo di Intesa – considerato anche che nel consiglio di amministrazione sedeva un uomo della Lega, Andrea Mascetti. Sia Mascetti stesso che un portavoce dell’Eni hanno negato di essere mai stati a conoscenza di un simile accordo. L’avvocato di Mascetti ha detto che il suo cliente è “completamente estraneo alla vicenda” e Eni ha aggiunto che la fornitura non è mai avvenuta.

Non è la prima volta che si sospetta che la Russia abbia finanziato o tentato di finanziare i leader populisti. Secondo Alberto Nardelli, autore dell’articolo, questa è l’ennesima dimostrazione di come Mosca abbia provato a influenzare la politica europea attraverso accordi che, solo all’apparenza, hanno un puro valore commerciale.

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