Se le si cava un occhio, in pochi mesi gliene ricresce un altro perfettamente funzionante e quasi identico, rotondo con una macchia nera al centro. È la lumaca mela (Pomacea canaliculata) e la ricercatrice che ha scoperto questo suo specifico “super potere di resilienza” è italiana e si chiama Alice Accorsi. Ha iniziato a studiare questo animale in patria, ha poi proseguito negli Stati Uniti e ha appena pubblicato i primi risultati sulla rivista scientifica Nature Communications. Considerati sorprendenti da numerosi colleghi, sono la spinta per continuare il suo lavoro nei laboratori dell’Università della California con l’obiettivo di aiutare a compiere passi avanti nel trattamento di lesioni e malattie oculari umane.
La resilienza della lumaca
A destare interesse in Accorsi più che la lumaca mela in sé – animale comunemente usato per tenere puliti gli acquari domestici – è stata la sua forte capacità di resilienza e il suo sapersi adattare in nuovi ambienti, anche se non propriamente ospitali. In alcuni prospera così bene che viene quasi considerati invasiva e da tempo era noto che il suo sistema immunitario fosse particolarmente veloce nel riprendersi dalle avversità. Ma non è l’unica parte del suo corpo a dimostrarsi tale: grazie ad Accorsi ora esistono le prove che anche i suoi occhi possono ricrescere dopo un amputazione, completamente e velocemente
Per provarlo, la ricercatrice ha utilizzato le forbici molecolari chiamate CRISPR/Cas9 per disabilitare geneticamente alcuni geni chiave coinvolti nello sviluppo degli occhi e stabilire gli elementi che trasportano quelle mutazioni. Il suo obiettivo è la creazione di stand-in di laboratorio per lo studio dello sviluppo dell’occhio umano, osservando quello delle lumache. Secondo i suoi colleghi, ci potrebbero volere decenni, ma Accorsi avrebbe compiuto un passo avanti considerevole: chi ben inizia…
Tra uomo e lumaca
Come esseri umani, siamo molto più simili alle lumache mela di quanto non lo si possa immaginare guardandosi allo specchio. Tra gli occhi degli uni e delle altre esiste infatti una somiglianza strutturale ma anche genetica. Questo lo ha scoperto proprio Accorsi, notando che entrambi necessitiamo dello stesso gene (PAX6) per far crescere gli occhi. Se prima si studiava questa capacità solo o principalmente in organismi semplici che rigenerano occhi basilari (come le planarie), ora è stato colmato il gap e lo si potrà fare anche per esseri vertebrati che possono rigenerare solo componenti specifici dell’occhio. Per la prima volta si ha quindi tra le mani un sistema potenzialmente efficace per studiare la rigenerazione completa di occhi complessi simili a quelli umani.
Novità in vista
Anche se mancano ancora molti passi da compiere per raggiungerlo, l’obiettivo di Accorsi e del suo team è quello di favorire nuove terapie per curare le lesioni agli occhi delle persone o invertire malattie come la degenerazione maculare. Nessuno si aspetta risultati immediati, né loro né la comunità scientifica che ha applaudito alla loro ricerca, ma sapere che è possibile rigenerare gli occhi può essere “come un faro di luce” dicono. Il segreto secondo molti esperti sarebbe negli interruttori molecolari che controllano quando i geni individuati sono attivi, servono ancora molti elementi per provarlo e usare tale conoscenza a diretto beneficio delle persone, ma tutti prevedono che ce ne saranno.