Seleziona una pagina
mercoledì, Ott 23

Uno studio su fossili di plancton racconta: l’asteroide uccise i dinosauri


Immediatamente dopo l’impatto gli oceani si acidificarono, uccidendo la vita negli strati superiori d’acqua. Senza fotosintesi, mancò il carbonio necessario per i gusci calcarei di un tipo di plancton

(illustrazione: Getty Images)

65 milioni di anni fa, lo ricordiamo facilmente: nell’immaginario di molti bambini è il termine che segna la fine dei dinosauri. Arriva l’asteroide e abbatte il 75 % delle specie allora viventi (non pensate che sia lontano da quanto si ipotizza oggi sulla sesta estinzione di massa). Ma esiste un’altra ipotesi che trova nell’intenso e perdurante fenomeno di vulcanesimo la causa dell’estinzione di massa. Ora dei fossili dii piccoli gusci calcarei di plancton potrebbero aggiungere qualcosa al racconto di com’è andata. Il geologo e paleoclimatologo Michael Henehan del Gfz, centro tedesco di geoscienze, e alcuni scienziati dell’Università di Yale hanno infatti studiato queste tracce per ricostruire l’acidificazione degli oceani. Un fenomeno che, secondo i ricercatori, è stato tanto repentino da deporre in favore di un colpevole: l’asteroide.

Nelle puntate precedenti

Che un oggetto celeste sia in effetti piombato sulla Terra lo testimoniano le tracce del grande cratere di Chicxulub in Messico, che conosciamo. Ma da anni si dibatte sul principale responsabile dell’estinzione del Cretaceo e sui complessi fenomeni che successivamente mutarono l’ecosistema. Sì, alcuni studiosi sottolineano come migliaia di anni prima dell’impatto dell’asteroide fosse già attiva un’intensa attività vulcanica che potrebbe aver sconvolto l’atmosfera terrestre, con grandi emissioni di CO2 e conseguente acidificazione degli oceani. Sono, semplificando, due le scuole di pensiero: Princeton per il vulcanesimo e Berkeley per l’asteroide. In questo caso la ricerca degli scienziati di Potsdam e Yale, pubblicata sulla rivista Pnas, concorda con l’ipotesi dell’asteroide. “I nostri dati”, spiega Henehan, prima firma del lavoro congiunto, depongono contro un graduale deterioramento delle condizioni ambientali 66 milioni di anni fa”.

asteroide
(La grotta di Geulhemmerberg in Olanda, sito della ricerca. Foto: Michael Henehan)

Il racconto dei gusci di plancton

In Olanda, in una grotta è conservato uno strato di roccia peculiare, dove è visibile il cosiddetto limite K-Pg, tra Cretaceo e Paleogene, testimone diretto dei detriti sparsi in giro per il globo dall’impatto del corpo celeste. Raccontano i ricercatori che in questa grotta c’è uno spesso strato di argilla, immediata conseguenza dello schianto dell’asteroide. “Dal momento che qui così tanto sedimento si è depositato in una volta sola”, spiega Henehan, “potevamo catturare la transizione, estraendo e analizzando un buon numero di fossili”.

Nello strato roccioso hanno trovato i gusci calcarei di un tipo di plancton, della classe dei Foraminiferi. Ne hanno quindi studiato gli isotopi di boro nelle strutture calcaree, per risalire all’acidificazione degli oceani. La storia raccontata da queste tracce è quella di oceani che divennero così acidi da uccidere tra le altre forme di vita anche quelle che costruivano il proprio guscio con il carbonato di calcio. Ci vorranno almeno decine di migliaia di anni perché queste alghe calcaree potranno di nuovo diffondersi e addirittura milioni di anni perché il ciclo del carbonio trovasse un nuovo equilibrio e flora e fauna tornassero a proliferare. Ma “prima dell’impatto”, chiarisce Henehan “non abbiamo trovato alcun segno della crescente acidificazione degli oceani”.

Potrebbe interessarti anche





Source link