Seleziona una pagina
mercoledì, Nov 06

Usare la realtà aumentata per abbattere i confini in Palestina


La ong Palestine Institute for Public Diplomacy ha progettato l’app Palestine VR, uno strumento che consente di visitare virtualmente i principali siti palestinesi a cui Israele impedisce di accedere

(foto: Getty Images)

Una ong palestinese, Palestine Institute for Public Diplomacy (Pipd), ha creato un’applicazione di realtà virtuale per mostrare al mondo la situazione della Palestina e i luoghi inaccessibili ai non musulmani, come ad esempio la moschea Al-Aqsa. L’applicazione video – Palestine Vr – è gratuita ed è stata pensata proprio per dare una visione senza filtri della realtà, ma ovviamente contiene in sé un messaggio politico, suonando de facto come una messa in discussione della validità dei confini israeliani.

Tramite la tecnologia e la creatività questo gruppo di giovani prova così a intervenire in una delle più complesse vicende storiche e geopolitiche contemporanee. La questione palestinese, infatti, com’è noto è un problema di difficile risoluzione che perdura da decenni. Nonostante l’Onu, tramite il suo Consiglio di sicurezza, abbia a più riprese condannato la politica degli insediamenti israeliani e la sua ostruzione alla creazione di un futuro stato autonomo della Palestina, che dura dal 1967, il ritorno dei rifugiati palestinesi nelle loro terre appare sempre più lontano. Se, infatti, viene proposta sulla carta la cosiddetta soluzione dei due stati con l’obiettivo di giungere a una pace definitiva, all’atto pratico il conflitto arabo-israeliano non sembra ancora in grado di placarsi.

L’idea dell’app è nata dopo che, lo scorso agosto, è stato vietato l’ingresso nel territorio palestinese – amministrativamente esistente e con qualche grado di autogoverno, ma di fatto in massima parte controllato dallo stato di Israele – delle due deputate democratiche americane Ilhan Omar e Rashida Tlaib in Israele. La negazione del visto era stata motivata dall’allora primo ministro Benjamin Netanyahu con queste parole: “L’itinerario previsto per la visita dimostra che l’unica intenzione delle due donne è di danneggiare Israele”. La decisione aveva incontrato il favore anche del presidente Usa Donald Trump che aveva chiosato: “Odiano tutti gli ebrei”.

Ecco che gli organizzatori dell’app hanno quindi pensato di ideare e girare una serie di clip a 360 gradi, incontrando proprio le persone del posto che avrebbero dovuto guidare le due politiche americane in visita. Il primo pensiero è stato quello di rendere accessibili quei luoghi a tutti, utilizzando la diffusione della rete e le nuove tecnologie. “Ci è sembrato urgente mostrare al mondo l’oppressione, la discriminazione che viviamo quotidianamente” si legge sui profili social dell’organizzazione.

Ma sentirete anche storie di resistenza. Di frustrazione, ma anche di determinazione e speranza” spiega il fondatore, Salem Barameh, nel video di presentazione del progetto. E prosegue: “Queste storie sono di tutte quelle persone che lottano per la liberà, per i propri diritti”. Nello statuto si legge chiaramente l’intento politico: “Quello a cui puntiamo è mostrare la resilienza quotidiana dei palestinesi per introdurre un nuovo dialogo sulla Palestina”.

Inoltre sui canali della ong – che si compone di accademici, volontari e membri della società civile – vengono condivise anche le storie di chi non ha mai potuto vedere il territorio della Palestina. Un pensiero è rivolto ai palestinesi in esilio o nei campi rifugiati, che non hanno la possibilità di superare i confini. Questa anche l’ultima storia che appare su Facebook: Rowaida Abu Eid, una rifugiata palestinese cresciuta in Libano, ha visto per la prima volta la sua terra d’origine tramite l’app di realtà aumentata.

Potrebbe interessarti anche





Source link