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domenica, Mar 05

Venere: la Nasa ha un nuovo piano per l’esplorazione del pianeta



Da Wired.it :

Marte non è il nostro unico dirimpettaio spaziale. E neanche il più vicino: Venere, infatti, nella sua orbita arriva ad una distanza minima di appena 38,2 milioni di chilometri dal nostro pianeta; molto meno dei quasi 55 milioni che bisogna percorrere per una visita sul pianeta rosso. Se il viaggio è più breve, e infatti le missioni esplorative non sono mancate negli scorsi decenni, la difficoltà nel caso di Venere è un’altra: sopravvivere alle condizioni estreme della superficie, capaci di distruggere una sonda nel giro di ore, o minuti. Di recente, però, la Nasa ha annunciato un progetto che potrebbe ribaltare la situazione, aprendo la strada a missioni sulla superficie venusiana simili a quelle effettuate su Marte. Vediamo di cosa si tratta e, con l’occasione, ripercorriamo anche le tappe raggiunte fino ad oggi nell’esplorazione di Venere.

Batterie venusiane

Un macchinario che operi sulla superficie di Venere deve vedersela con due problemi principali: la pressione, che raggiunge quasi le 100 atmosfere, e la temperatura, che con una media di circa 464 gradi è sufficiente per sciogliere il piombo. Proprio per questo, fino ad oggi le sonde inviate sul pianeta sono riuscite a inviare dati per non più di due ore, prima di soccombere alle condizioni estreme della superficie. Il problema principale, in questo caso, è come ottenere energia: la densissima coltre di nubi che circonda il pianeta rende impossibile utilizzare pannelli solari, e le batterie tradizionali non possono sopravvivere a lungo a quelle temperature. La Nasa in passato ha tentato di aggirare il problema in molti modi, arrivando a valutare la possibilità di fornire energia dall’orbita in wireless. Ma alla fine, la soluzione potrebbe rivelarsi molto più semplice: costruire semplicemente una batteria in grado di funzionare a quasi 500 gradi di temperatura.

È quello che ha in mente, se non altro, l’azienda americana Advanced Thermal Batteries, che in collaborazione con l’agenzia spaziale americana sta lavorando appunto alla creazione di un nuovo tipo di batterie pensate per operare negli ambienti più estremi. Il trucco in questo caso sta nei materiali utilizzati: l’elettrolita su cui si basa la batteria è infatti inerte e solido alle temperature a cui siamo abituati qui sulla Terra, e diventa liquido e capace di produrre energia solamente una volta esposto alle temperature presenti sulla superficie di Venere. Ottimizzando il loro design, gli ingegneri della Advanced Thermal Batteries sono riusciti a creare una batteria in grado di operare alle temperature venusiane per ben 118 giorni. Un record su cui la Nasa intende basare la sua prossima missione sul Pianeta: quella del lander Llisse, o Long-Lived In situ Solar System Explorer, che dovrebbe raggiungere Venere e rimanere in attività sulla superficie per almeno due mesi, raccogliendo dati sulla composizione dell’atmosfera e sul meteo venusiano. Il condizionale, purtroppo, in questo caso è più che mai d’obbligo, visto che la missione nasce in collaborazione con l’agenzia spaziale russa, e che con le attuali tensioni internazionali non è chiaro se e come procederanno le collaborazioni spaziali tra Nasa e Roscosmos.

Le missioni passate

La relativa vicinanza di Venere, e le profonde somiglianze con il nostro pianeta (dimensioni e composizione sono pressoché le stesse) ne hanno fatto un obiettivo prioritario sin dagli albori dell’esplorazione spaziale. E come da tradizione, durante la guerra fredda il pianeta è stato teatro delle sfide tra americani e sovietici. I primi a raggiungere Venere sono stati gli americani, con la sonda Mariner 2 che ha effettuato un flyby del pianeta nel 1962, rivelando con le sue analisi la quasi totale assenza di un campo magnetico, e l’elevatissima temperatura della superficie.

Nel 1967 è stata quindi la volta dei sovietici, che dopo diverse missioni fallimentari negli anni precedenti, sono stati i primi a far entrare le loro sonde nell’atmosfera di Venere, studiandone la composizione con le missioni del programma Venera. E riuscendo quindi a far atterrare un lander sulla superficie, nel corso della missione Venera 7, che ha segnato sia il primo atterraggio su un altro pianeta, sia la prima trasmissione di dati da un altro pianeta alla Terra. Con Venera 9, quindi, è arrivata anche la prima foto della superficie di Venere (e la prima mai scattata su un altro pianeta), ottenuta nel 1975 grazie a un lander capace di sopravvivere ben 53 minuti nelle dure condizioni dell’atmosfera venusiana.



[Fonte Wired.it]