Se sei uno studente, un pendolare, hai pernottato come turista a o ti sei curato in una struttura di Venezia durante i periodi di maggiore interesse, come ponti o weekend, ti hanno chiesto dati personali che non ti dovevano chiedere, secondo il Garante della privacy. La città di Venezia, infatti, è stata multata per violazione della privacy a causa della quantità di dati personali richiesti (e raccolti) anche a persone che erano teoricamente esenti dal pagamento del biglietto d’ingresso per visitare la città.
Che Venezia sia invasa dall’overtourism, soprattutto nel periodo dei ponti o nei fine settimana, è innegabile. E per questo motivo da un anno il comune ha deciso di introdurre un ticket di ingresso per i turisti occasionali. 5 euro per chi visita la città in giornata, dalle ore 8:30 alle 16:00, 10 euro se si prenota con meno di quattro giorni d’anticipo. Inoltre, chi entra nella città senza biglietto rischia una sanzione dai 50 ai 300 euro, più il costo del biglietto stesso.
A essere risparmiate da questa tassa, ci sono però alcune categorie, che però hanno “pagato” fornendo i loro dati personali. Chi si vuole godere Venezia visitandola con più calma, e quindi pernottando, oppure è uno studente, un pendolare o ha necessità di farsi curare in una struttura sanitaria della laguna, non sarebbe tenuto a pagare il biglietto, ma è stato comunque costretto a registrarsi fornendo i propri dati personali come il domicilio e il motivo della visita in città. Una quantità di dati la cui richiesta, a detta del Garante, non era giustificata. Il comune avrebbe quindi realmente esentato solo i nati a Venezia, i residenti in Veneto, le persone con disabilità e i loro accompagnatori, i bambini sotto i 14 anni, le forze armate e dell’ordine e i vigili del fuoco: le uniche categorie di persone che non hanno dovuto pagare alcun biglietto, né fornire i propri dati all’amministrazione comunale.
Perché secondo il Garante della privacy la raccolta dei dati non era motivata
Il comune di Venezia non ha mai stabilito un tetto massimo di ingressi in città, e per il Garante è proprio qui che nasce la violazione. Se ci fosse una soglia precisa, la raccolta dei dati sarebbe giustificata da una necessità di conoscere il numero esatto di persone sul territorio comunale, ma così non è. Per questo il Garante della privacy ha inflitto al comune una multa di 10mila euro. Una cifra sostanzialmente irrisoria rispetto a quanto ipotizzato inizialmente: 20 milioni di euro. La somma sarebbe stata ridotta a seguito della disponibilità a collaborare dell’amministrazione, che ha deciso di rispettare la privacy delle categorie esenti dal ticket.
Come funziona il ticket di ingresso a Venezia
Il contributo per l’ingresso introdotto dal comune funziona come una sorta di ticket solo per i turisti giornalieri, quelli “mordi e fuggi”, e ha l’obiettivo di regolare e ridurre i flussi nei periodi di maggiore affluenza. Secondo il sindaco Luigi Brugnaro, l’introduzione del biglietto a pagamento avrebbe spinto i turisti a scegliere di visitare la città nei periodi in cui l’accesso resta gratuito.
Nel 2024, nei 29 giorni in cui la misura è stata applicata, 484mila persone hanno pagato il contributo, generando 2,4 milioni di euro di incassi, una cifra molto lontana dagli iniziali 20 milioni della multa. Circa 3 milioni di visitatori rientravano invece nelle categorie esenti. Dopo l’esperimento, nel 2025 i giorni soggetti al ticket sono saliti a 54, da metà aprile fino alla fine di luglio, con entrate pari a 5,4 milioni euro. Se da un lato il comune insiste nel dire che non si tratti di una tassa a scopo di lucro, dall’altro è chiaro che la misura serva anche a compensare i costi di gestione di un turismo estremo che grava sui servizi cittadini senza portare benefici diretti alla città.