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sabato, Mar 07

Venezuela, perché diventerà la prima cripto-economia al mondo



Da Wired.it :

Tra la criptovaluta di stato e l’uso di bitcoin e altre monete virtuali, il basso costo dell’energia e una crisi economica persistente, ci sono le condizioni per una rivoluzione fintech

Le criptovalute sono accettate in mille negozi in Venezuela (Foto di Yuri Cortez/Afp via Getty Images)
Le criptovalute sono accettate in mille negozi in Venezuela (Foto di Yuri Cortez/Afp via Getty Images)

Per ora sono mille. Mille esercizi commerciali in Venezuela accettano pagamenti in criptovalute. Pochi? Niente affatto. Perché se è vero che un migliaio di commercianti rappresentano poco meno dell’1% del totale dei negozi del paese, è anche vero che nessun altro paese ne ha tanti quanti il Venezuela, che in questo momento storico è una sorta di avanguardia della criptoeconomia nel mondo.

A dirlo non è solo il numero di negozi, che comunque secondo gli esperti nel 2020 potrebbe crescere fino a coprire il 10% delle attività commerciali tra Caracas e dintorni, ma anche altri dettagli come le centinaia di migliaia di portafogli virtuali scaricati nell’ultimo anno dei venezuelani, il successo di operatori locali come XPayCash e il fatto che catene internazionali come Burger King in Venezuela abbiano deciso di accettare pagamenti in criptovalute. Il tutto in un paese che fino a qualche mese fa manca sapeva cosa fossero.

E invece complice la crisi politica duratura, che ha messo in ginocchio l’economia locale con tassi di svalutazione del denaro spaventosi, oggi di bitcoin e dintorni si tratta molto a Caracas. Del resto a molti venezuelani non par vero di poter preservare il loro denaro dalla caduta verticale a cui sembra averlo destinato la politica economica del presidente Nicolas Maduro.

Le condizioni del successo

La cosa curiosa è che in un paese dove è esplosa la povertà, le criptovalute non si diffondono solo per necessità. A facilitarle è il basso costo energia ,che ha consentito un aumento del mining. Inoltre l’annuncio del governo dell’utilizzo del petro, la criptovaluta di stato, prevista come metodo di pagamento dei salari, ha spinto un gran numero di venezuelani a imparare come usare le valute virtuali. Da qui il passaggio alla scoperta dei bitcoin e delle stablecoin è stato rapido, anche grazie alle rimesse degli emigranti, che possono spostare piccole somme in criptovalute assai facilmente grazie alla rapidità di transazioni consentita dalla blockchain.

Per questi motivi un esperto come Ernesto Contreras, business development manager presso Dash, una valuta un tempo usata persino dall’app store, prevede che l’utilizzo delle criptovalute salirà al 10% entro la fine del 2020 con le transazioni che potrebbero raggiungere 25 milioni di dollari. A quel punto sarà il governo a dover fare la sua parte, decidendo se i venezuelani potranno fare uso legale di criptovalute, oppure vietandole: ma questo non aiuterebbe certo il paese a sopravvivere alla sua crisi. Nel primo caso invece potremmo davvero assistere a qualcosa di inedito: la nascita della prima criptoeconomia nazionale su larga scala, in quello che – ricorda sempre Contreras in un articolo su Medium – fino a qualche tempo fa era la terza economia più grande dell’America latina.

Prima però c’è da risolvere il mistero del petro. Il governo venezuelano ha annunciato che, dalle tasse alle bollette, presto tutti i servizi della Repubblica bolivariana del Venezuela passeranno alla cripto-valuta di stato. Ma ad oggi la poca trasparenza delle operazioni in petro la fa assomigliare più a un’unità contabile (il suo valore segue quello del barile di petrolio, da cui il nome “petro”) che a una risposta latina ai bitcoin degli yankee.

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[Fonte Wired.it]