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giovedì, Gen 23

Venezuela, un anno dopo: cosa ne è stato di Juan Guaidó


Del Venezuela un anno fa si parlava come di un paese in grave crisi ma con un giovane politico in grado di sfidare il regime di Nicolás Maduro. Oggi le speranze su Guaidó sono decisamente ridimensionate. Ne abbiamo parlato con l’ambasciatore italiano a Caracas

Juan Guaido, dopo i fatti del 5 gennaio 2020. (crediti foto: Carlos Becerra/Bloomberg via Getty Images)
Juan Guaidó, dopo i fatti del 5 gennaio 2020. (crediti foto: Carlos Becerra/Bloomberg via Getty Images)

Un trentacinquenne aitante e sorridente saluta una folla entusiasta, subito dopo il suo comizio in cui si autoproclamava presidente ad interim del Venezuela. Così si presentava al mondo Juan Guaidó il 23 gennaio 2019, pochi giorni dopo che l’Assemblea nazionale del Venezuela lo aveva nominato presidente. A seguire le sue mosse era il mondo intero, perché, in un modo o nell’altro, le cose nel paese sudamericano avevano tutta l’aria di cambiare. Il Venezuela, sotto il regime di Nicolás Maduro, stava infatti collassando sotto il peso di una gravissima crisi socio-economica.

Molto probabilmente i sostenitori di Guaidó speravano in una situazione diversa, a un anno di distanza. Invece non solo il potere di Maduro ha retto, ma lo scorso 5 gennaio rischia di segnare il destino politico di Guaidó. E non in positivo. Fino a pochi giorni fa, infatti, Guaidó era rimasto a capo dell’unico organismo democraticamente eletto, l’Assemblea nazionale (ovvero il parlamento unicamerale). Tutto faceva supporre che Guaidó sarebbe stato riconfermato per un altro anno alla guida parlamentare.

Nomine e contro-nomine

Invece a Guaidó e ai leader dell’opposizione (che avrebbe pure la maggioranza parlamentare) è stato impedito addirittura di entrare nel palazzo dell’Assemblea nazionale dalle forze di sicurezza. A essere nominato presidente dell’organismo legislativo è stato Luis Parra, in teoria anche lui parte dell’opposizione ma in pratica sostenitore di Maduro. 

Nonostante l’istituzione parlamentare in Venezuela sia ormai priva di poteri effettivi, Maduro ha evidentemente voluto bloccare le aspirazioni di Guaidó. Una sua conferma democratica lo avrebbe infatti pericolosamente rafforzato a livello istituzionale. 

Dopo essere stato fisicamente respinto fuori dall’edificio mentre cercava di scavalcare le cancellate, Guaidó ha gridato al golpe. A quel punto, improvvisando un’assemblea nella sede di un quotidiano locale, i parlamentari rimasti fuori hanno eletto comunque Guaidó presidente

Il 7 gennaio Guaidó e un gruppo di parlamentari è riuscito a forzare il blocco della polizia ed entrare nell’edificio. Lì ha ribadito la sua nomina a presidente dell’Assemblea e presidente ad interim del Venezuela. 

Cosa ne pensano gli altri (e noi)

C’è da dire che la questione Guaidó-Maduro è anche una questione di posizioni internazionali. Ad appoggiare il primo sono gli Stati Uniti, fin dall’inizio. Ribadendo anche questa volta il proprio sostegno all’anti-Maduro. Stessa posizione anche quella dell’Unione Europea, che in una nota ufficiale ha dichiarato di riconoscere Juan Guaidó come legittimo presidente dell’Assemblea nazionale. Russia e Cina non hanno invece abbandonato il loro sostegno a Nicolás Maduro. 

Questi ultimi due paesi però sono le uniche voci fuori dal coro di una certa rilevanza (ci sarebbe anche Cuba, in realtà). E d’altronde continua il gioco delle parti. Maduro fermo nel considerare Guaidó come un pupazzo corrotto dell’imperialismo nordamericano e Guaidó nell’ergersi a martire della libertà democratica. 

E l’Italia da che parte sta? Bisogna ricordare che lo scorso governo la posizione del nostro paese è stata abbastanza ambigua. L’ambasciatore italiano in Venezuela Placido Vigo, intervistato da Wired, considera il tema dell’ultima rielezione del presidente dell’Assemblea nazionale molto complesso e non ancora definito. “Domenica abbiamo assistito a un’autoproclamazione di una giunta direttiva composta da dissidenti dell’opposizione, senza che sia stato garantito il rispetto del regolamento né la verifica del quorum, precisa.

Secondo il capo della rappresentanza diplomatica italiana in Venezuela il nostro paese ha assunto sin dall’inizio una posizione molto chiara e coerente. “Non è stata riconosciuta l’elezione del 20 maggio 2018 e, quindi, il mandato di Maduro iniziato il 10 gennaio 2019.  L’unica istituzione democraticamente eletta è quindi l’Assemblea nazionale, di cui riconosciamo il presidente Guaidó

Una situazione che rimane grave

Ma al di là dei giochi politici, come ha reagito la popolazione agli eventi degli ultimi giorni? “Il paese è stanco di tante manifestazioni e delle proteste che si sono succedute negli ultimi anni, senza nessun risultato concreto”, racconta Vigo. “Oggi si cerca di guardare al futuro e tutti sono impegnati a cercare di risolvere i loro problemi concreti, piuttosto che seguire le vicende politiche di questi giorni”.

E di problemi concreti ce ne sono molti, e da tempo. Del Venezuela Amnesty International fa un quadro impietoso. Stando al suo ultimo rapporto, il paese è in uno stato di emergenza dal 2016. Si parla di detenzioni arbitrarie, di tortura e violenza sessuale contro i manifestanti, crisi alimentari e sanitarie in peggioramento. Ovviamente continuano ad aumentare i venezuelani che se ne vanno, chiedendo asilo in altri paesi.  

Secondo l’ambasciatore, però, gli italiani in Venezuela resistono. Nonostante, tra l’altro, il macigno del regime di sanzioni imposto al paese. “La comunità italiana ha preferito rimanere e continuare a investire nel paese. Partono però i giovani, coloro che con un titolo di studio cercano un futuro migliore negli Stati Uniti, in Spagna e in Italia”

Vigo ci regala però anche una nota di speranza. “Nonostante la drammatica crisi umanitaria che ha colpito il paese, la più grave del mondo in assenza di un conflitto armato, negli ultimi mesi almeno nelle principali città, si è osservato un tiepido miglioramento.

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