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Viaggio negli Stati Uniti, come entrare nel paese senza compromettere la vostra privacy digitale

da | Giu 15, 2025 | Tecnologia


Bisogna comunque stare attenti, poiché impedire l’accesso ai propri dispositivi in presenza dei funzionari doganali può portare, come minimo, a diverse ore di fermo, magari un un ufficio della CBP squallido e senza finestre. A partire da alcuni aeroporti statunitensi e in vari Stati USA, le sentenze di diversi tribunali hanno imposto diverse limitazioni e restrizioni rispetto alla discrezionalità dei funzionari doganali quando si tratta di accedere a un dispositivo. Tuttavia, ci sono poche garanzie che queste limitazioni vengano rispettate nella pratica, soprattutto se gli agenti di frontiera hanno preso tranquillamente custodia il tuo computer o il tuo telefono senza tanti complimenti.

A grandi linee, la CBP ha delineato due tipologie di perquisizioni, ossia quella di base, durante la quale un agente esamina “manualmente” il contenuto di un qualunque device. Poi c’è la perquisizione avanzata, tramite la quale un dispositivo viene collegato a un’apparecchiatura esterna in modo da esaminarne, copiare o analizzarne il contenuto. La seconda tipologia di esame è ammessa solo nel caso in cui il sospetto di reato sia “ragionevolmente fondato”, stando alle dichiarazioni della Customs and Border Protection. La guida ufficiale dell’agenzia evita di indicare esplicitamente che i fermati siano tenuti a condividere le proprie password con i funzionari a richiesta. Ma poi aggirano il problema, in quanto sostengono che i dispositivi debbano essere consegnati “in condizioni tali da poterli esaminare”.

“Qualora un dispositivo elettronico non possa essere ispezionato in quanto è protetto da un codice di accesso, da un sistema di crittografia o da un qualunque altro meccanismo di sicurezza, può venire sequestrato, trattenuto o sottoposto ad altre azioni o disposizioni appropriate”, recita infatti il sito della Customs and Border Protection in proposito.

Nel caso dei cittadini non residenti negli USA, che però arrivano nel Paese con visto o in virtù di un accordo, Nathan Wessler ha indicato una situazione ancora più complessa. Infatti, se si decide di non condividere il proprio codice di accesso o il proprio PIN con i funzionari doganali, si rischia di non entrare nella Land of the Free. Per cui, come dice l’esperto, “diventa necessaria una valutazione molto pratica rispetto alle priorità da seguire”. Infatti, si può scegliere di “entrare nel Paese, sacrificando la propria privacy, oppure proteggerla, ma col rischio di venire respinti alla frontiera”.

È sempre utile ridurre al minimo i dati, soprattutto sensibili, che si portano con sé

Per i viaggiatori più vulnerabili, la soluzione c’é ed è chiarissima. Se si vuole tenere la Customs and Border Protection lontana dai propri device, basta non caricarci i propri dati, specie quelli sensibili. Oppure, come fa Ryan Lackey, si possono configurare i propri dispositivi nella modalità da viaggio, capaci di memorizzare il minimo indispensabile dei dati sensibili. Ovviamente, questi dispositivi “sporchi” non vanno collegati ai propri vostri account personali. Quando si tratta di linkarli a qualcosa, come ad esempio nel caso dell’ID Apple per i dispositivi che usano iOS, ne vanno creati di unici, con i loro nomi utente e password. In questo modo, come indica anche Ryan Lackey, “se un funzionario vi chiede di accedere a un vostro dispositivo e non potete sottrarvi, dovete essere in grado di farlo senza cedere i dati sensibili”.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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