La contrapposizione più notevole tra il governo americano e il mondo accademico è stata senza dubbio quella con Harvard. Il mese scorso, l’amministrazione Trump ha congelato 2,2 miliardi di dollari di sovvenzioni federali all’università, una decisione che è stata ampiamente interpretata come una forma di ritorsione contro il rifiuto dell’ente di soddisfare una serie di condizioni, come l’assunzione di docenti con “punti di vista diversi” per contrastare l’eccessivo progressismo nei campus e l’applicazione di dure sanzioni contro i gruppi filo-palestinesi.
Recentemente, l’amministrazione americana ha inoltre ordinato alle agenzie federali di cancellare tutti i contratti con Harvard (che complessivamente hanno un valore di circa 100 milioni di dollari) e ha revocato la certificazione del suo programma di scambio. Secondo alcune stime, nell’anno accademico in corso l’università ospiterà quasi 7.000 studenti internazionali, che rappresentano circa il 27% delle sue iscrizioni totali.
Per il momento, la storica istituzione di Boston continua a opporsi alle richieste dell’esecutivo. “L’università non rinuncerà alla sua autonomia o ai suoi diritti costituzionali. In qualità di istituzione privata, non può accettare ingerenze da parte del governo federale. Pertanto, non accetterà le condizioni imposte“, ha dichiarato in un comunicato.
In generale, la sospensione dei visti per studenti negli Stati Uniti rischia di danneggiare molte università del paese, che fanno grande affidamento sulle entrate legate agli iscritti provenienti dall’estero.
Secondo l’Institute of international education, nell’anno accademico 2023-2024 gli studenti internazionali nelle istituzioni statunitensi sono stati circa 1,1 milioni. Stando ai dati dell’Associazione nazionale dei consulenti per gli studenti stranieri, finora gli iscritti arrivati dall’estero hanno generato un impatto economico stimato in 43,8 miliardi di dollari all’anno e hanno sostenuto più di 378mila posti di lavoro.
Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.
