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lunedì, Lug 15

Vittoria ora rischia di diventare solo l’ennesimo simbolo della mafia che vince


Quasi non si parlava più di mafia, tutti impegnati a screditare le ong ree di salvare la vita a qualche decina di migranti. Ci è voluta una tragedia come quella nel ragusano per riaprire gli occhi entro i nostri confini

È una follia messa in evidenza in una città dal nome divenuto piuttosto improprio: Vittoria. Perché a pochi chilometri da Ragusa, in Sicilia, lo Stato sta perdendo e anche malamente. Sulle pagine dei giornali la faccenda viene trattata con imponenza dallo scorso 11 luglio, da quando un Suv ha travolto e ucciso due cuginetti nel cuore del Comune. Ma prefetti, commissioni, report e alcuni giornalisti parlano da tempo di una cittadina in ostaggio. Parole rimaste inascoltate. Solo le mafie le hanno udite, infatti poi hanno minacciato chi le ha scritte.

In Sicilia, in quella terra dove il ministero dell’Interno si occupa di confini con l’estero, si trascurano i pericoli già presenti all’interno del Paese. Surreale. Eppure si fa finta di non sapere che la mafia a Vittoria è così presente da controllare quasi tutto, anche le mura del commissariato, le stesse che il Viminale paga oltre 100mila euro all’anno.

Se la magistratura non fosse intervenuta i poliziotti che combattono la mafia avrebbero continuato a lavorare in un palazzo controllato dalla criminalità organizzata. Paradossale. La tragedia dei cuginetti scatta una fotografia impietosa: a bordo di quella macchina c’erano i rampolli della stidda e di cosa nostra, le due organizzazioni che grazie alla pax mafiosa sono riuscite ad avvolgere un’intera città. L’amministrazione comunale è stata sciolta circa un anno fa. La democrazia e la volontà elettorale sono state sospese per infiltrazioni mafiose. Una “fitta rete di parentele, affinità, amicizie e frequentazioni – secondo l’associazione AvvisoPubblico – lega esponenti delle locali consorterie criminali ad alcuni amministratori, cui vengono contestati i reati di minacce al corpo elettorale o di voto di scambio”. Un consigliere comunale è stato arrestato. Gli appalti sono piccoli, frazionati e così affidati direttamente, senza bandi, per eludere le norme antimafia. Non c’è un serio controllo periodico sull’Albo dei fornitori, come dice il Prefetto di Ragusa a proposito di Vittoria.

Dalla relazione prefettizia emerge anche la realtà del mercato ortofrutticolo, uno dei più importanti a livello nazionale. Lì la mafia ha allungato i tentacoli mentre lo Stato ha agito con “inerzia, tolleranza, mantenimento dello status quo”. Secondo il Prefetto ciò è dovuto a una “mancata predisposizione di risorse umane, strumentali e finanziarie in grado di poter esercitare una reale opera di controllo all’ingresso e all’interno del Mercato”. Dalle carte emergono denunce: il mercato è infiltrato, il Comune è infiltrato e gli appalti sono infiltrati. È così dilagante la mafia che per scegliere l’agenzia di pompe funebri a cui affidare i funerali del piccolo Simone, la seconda vittima, sono dovute intervenire le forze dell’ordine. Questo per evitare quanto successo per i funerali del cugino Alessio, le cui onoranze sono state affidate a un’impresa dove lavora una persona che sta affrontando un processo insieme a uno degli occupanti di quel maledetto suv.

Una follia nella follia”, la definisce naturalmente il giornalista Paolo Borrometi, che paga le conseguenze del suo lavoro tra quelle strade, e adesso vive sotto scorta. Pompe funebri, il mercato, il Comune, gli appalti e anche il commissariato. Tra i proprietari dell’immobile che ospita la polizia di Vittoria c’è una famiglia legata ai clan: il Viminale paga 105mila euro all’anno per affittare quello stabile. Adesso è stato sequestrato. La storia diventa sempre più folle. La polizia di Vittoria cerca casa, ma nel frattempo potrà consolarsi con i nuovi distintivi di qualifica. Sempre se non si scollino per via del caldo, come segnalato dal segretario generale del Sap, che parla di “uno spreco inutile di ben 5 milioni di euro”. Concentrati a difendere i confini del mare e a chiudere centri che ospitano migranti e su cui hanno speculato imprenditori selvaggi, abbiamo dimenticato molto altro. Capita di dimenticare, di non sapere.

Il ministero dell’Interno non sapeva chi fosse realmente quell’imprenditore a cui il Viminale pagava l’affitto per il commissariato. Forse non sapeva di Vittoria, del suo Comune, delle sue pompe funebri, del suo mercato, dell’amministrazione infiltrata. Del resto le amnesie vanno di moda. Salvini non sapeva dove stessero finendo i milioni di euro di un partito che stava scalando e in cui era cresciuto. Non sapeva cosa ci facesse in Russia, al suo fianco, il suo stretto collaboratore. Salvini non sapeva e con lui non sanno gli italiani, le folle che battono le mani per la chiusura del Cara di Mineo senza pensare ai 500 posti di lavoro che andranno persi. Fortunatamente però la guerra alle Ong ci renderà più sicuri. Continueremo ad alzare muri, a chiudere la porta di casa, senza occuparci di ciò che accade nella stanze del nostro appartamento ben isolato.

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