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Vuelta di Spagna, migliaia di manifestanti hanno protestato per la Palestina interrompendo l’ultima tappa della gara ciclistica

da | Set 15, 2025 | Tecnologia


Migliaia di manifestanti a supporto dela causa palestinese hanno bloccato, domenica 14 settembre, la Vuelta a España. Si tratta di una delle corse a tappe del ciclismo più importanti a livello internazionale, insieme al Giro d’Italia e del Tour de France. Gli organizzatori hanno cancellato l’ultima tappa, quella che si chiude nella capitale Madrid, e la cerimonia di premiazione dopo che i dimostranti, come forma di protesta contro la squadra Israel-Premier Tech, hanno forzato il cordone di oltre 1.500 agenti e invaso il percorso nel cuore della capitale. L’episodio ha acceso uno scontro diplomatico tra Israele e Spagna: il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha accusato il premier spagnolo Pedro Sánchez di aver “incitato la folla” con dichiarazioni di sostegno ai manifestanti poche ore prima del caos.

La Vuelta sospesa per la prima volta dal 1978, le cose da sapere

Il giro di Spagna nel caos

La Vuelta di Spagna è una corsa ciclistica di tre settimane che attraversa tutto il paese iberico, coinvolgendo oltre 180 corridori professionisti per circa 3.100 chilometri divisi in 21 tappe giornaliere. L’edizione del 2025, iniziata il 24 agosto, avrebbe dovuto concludersi domenica sera alle 19:00 sul Paseo del Prado, il viale monumentale di Madrid, dopo tre settimane di gara, cosa che non è mai avvenuta. Il danese Jonas Vingegaard, già leader della classifica, è stato perciò dichiarato vincitore di questa edizione.

Le proteste contro la squadra Israel-Premier Tech

Le proteste contro la squadra israeliana Israel-Premier Tech, team professionistico finanziato da sponsor israeliani e canadesi, erano iniziate già dalla quinta tappa del 28 agosto. A Figueres, città catalana vicina al confine francese, i manifestanti avevano fisicamente bloccato i corridori del team durante una cronometro a squadre, una gara contro il tempo in cui tutti i membri della squadra pedalano insieme. Almeno sei delle ultime dieci tappe sono state alterate: l’undicesima frazione a Bilbao, principale città dei Paesi Baschi nel nord della Spagna, era stata neutralizzata, termine tecnico del ciclismo che indica l’annullamento della competizione senza dichiarare alcun vincitore. La sedicesima tappa in Galizia, regione del nord-ovest spagnolo, era stata accorciata dopo scontri tra manifestanti e polizia. Nella decima tappa vicino a Isaba, piccolo comune montano della Navarra al confine con la Francia, i dimostranti avevano invaso il percorso causando la caduta del corridore italiano Simone Petilli della squadra francese Intermarché-Wanty.

Tolta la scritta “Israel” dalle maglie, ma non è bastato

Il team Israel-Premier Tech aveva reagito modificando le proprie divise da gara, rimuovendo la scritta “Israel” dalle maglie per ragioni di sicurezza e mantenendo solo le iniziali “Ipt”. Domenica a Madrid la situazione è definitivamente precipitata quando migliaia di persone hanno superato le forze dell’ordine. I manifestanti hanno sfondato le transenne metalliche su Gran Via, la principale arteria commerciale della capitale che collega i quartieri est e ovest, e hanno occupato il circuito finale, il percorso ad anello che i corridori avrebbero dovuto percorrere più volte prima del traguardo. I dimostranti sventolavano bandiere palestinesi e accendevano fumogeni verdi e rossi, i colori della bandiera palestinese. La polizia ha caricato i manifestanti in Plaza de Callao, e vicino alla stazione ferroviaria di Atocha, principale scalo della capitale. Era dal 1978, anno in cui la Vuelta fu bloccata a San Sebastián da proteste legate all’indipendentismo basco, che una grande corsa ciclistica non veniva interrotta da una manifestazione politica.

Lo scontro diplomatico tra Spagna e Israele si intensifica

Poche ore prima degli incidenti a Madrid, il premier spagnolo Pedro Sánchez aveva elogiato in un comizio a Malaga la mobilitazione pro-palestinese, definendola “un esempio per la comunità internazionale” e lodando “il popolo spagnolo che si batte per cause giuste come la Palestina”. Il ministro degli Esteri israeliano Gideon Saar ha interpretato quelle parole come un incoraggiamento diretto alle proteste e, in un messaggio su X, ha accusato Sánchez di aver istigato la folla. Saar ha anche ripreso un passaggio di un discorso dell’8 settembre, quando Sánchez aveva annunciato nuove misure contro Israele e sottolineato che la Spagna “non ha bombe nucleari, né portaerei, né grandi riserve di petrolio” per fermare l’offensiva israeliana, ma non per questo rinuncerà a provarci.

Il pacchetto di sanzioni spagnole include un embargo totale sulla vendita e transito di armi verso Israele, il divieto per le navi militari israeliane di fare rifornimento nei porti spagnoli e restrizioni sul passaggio di armamenti attraverso lo spazio aereo e marittimo della Spagna. Quest’ultima misura è particolarmente significativa perché molte forniture militari dirette a Israele transitano per lo Stretto di Gibilterra, il passaggio marittimo largo 14 chilometri tra Atlantico e Mediterraneo, e fanno scalo nei porti di Algeciras nel sud, Valencia sulla costa orientale e Barcellona in Catalogna. Madrid ha anche vietato l’ingresso nel paese a Itamar Ben-Gvir, ministro della sicurezza nazionale israeliano e leader dell’estrema destra ultranazionalista, e Bezalel Smotrich, ministro delle finanze e capo del partito sionista religioso. In risposta, Israele ha vietato l’ingresso a Yolanda Díaz, vicepremier spagnola e leader del partito di sinistra Sumar, e Sira Rego, ministra della gioventù dello stesso partito. La Spagna ha anche richiamato per consultazioni la propria ambasciatrice da Tel Aviv, Ana María Salomón, senza fissare una data di ritorno.



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Scritto da Flavio Perrone, consulente informatico e appassionato di tecnologia e lifestyle. Con una carriera che abbraccia più di tre decenni, Flavio offre una prospettiva unica e informata su come la tecnologia può migliorare la nostra vita quotidiana.

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