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giovedì, Dic 12

Vuoi rovinarti un film a tema epidemie? Guardalo con un epidemiologo


Hollywood esagera un po’ con la rappresentazione di virus e contagi. Parola di Brian Amman, esperto di virologia e patogenesi che si è seduto con Wired per rivedere Contagion e gli altri

Tra i filoni inesauribili al cinema e in tv c’è quello dedicato alle epidemie e alle pandemie: da Contagion a World War Z, i titoli sul tema si sprecano. Anche perché l’azione è garantita, il pathos pure e, nei casi migliori, è anche possibile spiegare come vanno le cose quando si ha a che fare con questi fenomeni.

Ma la fiction è davvero così accurata? Beh, insomma. Secondo il protagonista del video qui sopra, Brian Amman, esperto di virologia e patogenesi al Centers for Disease Control di Atlanta – il più importante centro di controllo della sanità pubblica nordamericana – in troppi casi c’è sciatteria o un eccesso di immaginazione. Amman si dichiara un fan del genere: però ovviamente, da professionista, è costretto a dire che le cose non stanno proprio così.

Ad esempio, nel film Outbreak – protagonista Dustin Hoffman – c’è una scena in cui un team specializzato arriva in un contesto potenzialmente a rischio, dove sono all’opera anche agenti della polizia. In spregio alle regole, ci sono calorose strette di mano per salutarsi, che giustamente costringe Amman a saltare sulla sedia. Non è realistico: se proprio volete salutare qualcuno in una situazione simile, meglio un gomito a gomito.

Nel pronto soccorso della serie tv Er, invece, arriva addirittura una bambina che presenta segni del vaiolo. Il telefilm, ricorderete, è ambientato negli anni Novanta ma questa malattia è stata dichiarata eradicata del tutto dall’Oms nel 1980. Come giustificare una simile discrepanza? L’unica ipotesi è un deliberato rilascio di virus nell’ambiente, ma è abbastanza inverosimile.

Amman fa invece i complimenti proprio a Contagion, film diretto da Steven Soderbergh, per come illustra l’utilizzo di un software per la rappresentazione 3D di un virus e del modo in cui attacca le cellule, ad esempio.

Il panorama è vario, ma spesso a Hollywood gli errori nascono per fretta o eccesso di enfasi. Nella pellicola 28 giorni dopo imperversa un’epidemia di una versione modificata del virus della rabbia. In una scena un personaggio bacia un altro, e quest’ultimo viene contagiato all’istante: nella vita reale però ci vogliono settimane o mesi. Insomma: ok la finzione, ma la scienza va salvaguardata.

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