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martedì, Dic 28

Web3, cos’è questa storia del futuro di internet



Da Wired.it :

In economia, questo problema si chiama asimmetria informativa. Succede quando una delle parti ha delle informazioni maggiori o migliori dell’altra all’interno di una transazione di mercato. In queste circostanze, a perderci sono le persone che non hanno il tempo, l’energia, le risorse o le conoscenze per difendersi. Senza una completa comprensione di ciò su cui si sta puntando il proprio denaro, è impossibile esprimere un giudizio corretto su quale sia la cosa migliore da fare”, si legge sulla pagina di Keep the web free: “La blockchain incoraggia l’asimmetria informativa essendo densa, complicata e piena di truffatori improvvisati, e la scoraggia in parte rendendo pubbliche tutte queste informazioni difficili da comprendere”.

Che il mercato delle criptovalute sia pieno di fregature non è una speculazione: esiste addirittura un sito, mantenuto dalla programmatrice Molly White, che raccoglie tutte le truffe, gli affari loschi e gli hack che stanno facendo perdere enormi somme di denaro a chi investe in Nft e progetti web3.

Diehl la mette in modo molto meno edulcorato: per lui, il web3 non è altro che “un paradiso per i truffatori con un casinò 24 ore su 24, 7 giorni su 7, costruito su un’esplosione cambriana di slot machine, ognuna basata su un diverso aspetto della cultura umana, cooptato per incentivare il gioco d’azzardo. È l’apoteosi del capitalismo, in cui il mercato trasforma ogni meme, ogni celebrità, ogni movimento politico e ogni opera d’arte in un gioco finanziario, con ogni tribù in competizione l’una contro l’altra in una guerra tutti contro tutti per l’iperfinanzializzazione di tutta l’esistenza umana”.

Lungi dall’essere la soluzione ovvia ai problemi delle piattaforme attuali, in cui immense tech company hanno l’ultima parola sui nostri profili e rendono molto difficile monetizzare i propri contenuti online a meno che non si abbia un grande numero di follower, il web3 finisce per arricchire quasi esclusivamente i soliti noti. Come spiega sempre Stephen Diehl, le criptovalute agiscono al momento come “una gigantesca tassa regressiva che trasferisce denaro dai poveri e dagli analfabeti, a early adapter, investitori e tecnologi. L’unico vero obiettivo finale è ricreare il sistema che già esiste, ma con nuovi giocatori che lo controllano“.

Twitter content

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Della stessa idea sembra essere Jack Dorsey, il fondatore di Twitter. “Il web3 non appartiene a voi. Appartiene ai venture capitalist e alle loro limited parternship”, ha twittato recentemente: “Alla fine dei conti sarà un’entità centralizzata con un nome diverso. Siate consci di quello verso cui state andando incontro…”.

E poi il costo energetico

C’è, poi, l’ultimo grande punto, che riguarda anche chi non si interessa minimamente del futuro di Internet e non ha il tempo, i soldi o l’interesse necessari a seguire gli sviluppi del web3: la questione ambientale. Mantenere la blockchain richiede un livello di potenza di calcolo che consuma serissimi quantitativi di energia: basti pensare al fatto che c’è chi ha acquistato intere centrali elettriche per sostenere il mining delle proprie criptovalute.

Secondo i calcoli del Cambridge Bitcoin Electricity Consumption Index, questo settore ancora agli inizi consuma già più energia di molti piccoli Paesi. Alcuni progetti si sostengono con l’energia rinnovabile, ma nella schiacciante maggioranza dei casi l’onere energetico del web3 grava su un sistema che fa già enorme fatica ad allontanarsi dalla dipendenza da combustibili fossili.





[Fonte Wired.it]