Non voglio mica la luna. La canzone di Fiordaliso sarebbe perfetta per indicare la reazione adeguata al pericoloso fenomeno della “superluna”, che ha il potere di mutare il Dna umano. In altre parole, quando la luna si avvicina troppo alla Terra può risvegliare il lupo mannaro che è in voi. Almeno, questo è quanto accade in Werewolves, in anteprima al Comicon Napoli e dall’8 maggio al cinema, che segna il ritorno sullo schermo di Frank Grillo. Con il muscoloso physic du role che conosciamo, questa volta veste i panni di uno scienziato. È Wesley, biologo molecolare ex militare che, superata non solo la pandemia, ma anche la prima Super Luna che un anno fa ha avuto conseguenze devastanti su tutti, ora è in prima linea insieme alla collega Amy (Katrina Law) per una nuova terribile emergenza. Evitare di nuovo mutazione di massa al primo bagliore lunare, o almeno limitarne i danni letali.
L’archetipo fantasy del lupo mannaro è perfettamente integrato ad una rappresentazione contemporanea verosimile – con tanto di americani esaltati all’idea della caccia ai lupi nemici con la bandiera disegnata sul volto- il che rende da subito interessante la narrazione catastrofica, consentendo un’immedesimazione immediata (anche per via del non trascurabile clima di costante allarmismo che viviamo in questo momento storico). Tra coprifuoco attivato per la protezione, discorsi istituzionali, e raccomandazioni multiple, le regole da seguire per sopravvivere agli effetti devastanti della SuperLuna risultano poche ma buone: «Non aprire a nessuno. Non fare rumore. Non attirare l’attenzione». Di chi? Dei lupi mannari, ovviamente. Non solo gli incauti che si esporranno al bagliore lunare, ma anche le cavie, ovvero i volontari che hanno scelto di farsi rinchiudere in gabbia per testare l’antidoto antimutazione (in una scena che ricorda Squid Game). Neanche a dirlo, non tutto andrà come previsto, e se così non fosse Werewolves sarebbe finito appena dopo le prime scene.
