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sabato, Mag 20

Willow compie 40 anni e li porta ancora benissimo | Wired Italia



Da Wired.it :

saghe fantasy

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Secondo molti ancora oggi questo film rappresentò per il Howard un piccolo passo indietro, ma la realtà è che forse, il tasso di difficoltà con cui egli si dovette confrontare, non fu compreso neppure dallo stesso Lucas. In un certo senso Willow se soffre veramente di qualcosa, soffre dell’eccesso di sicurezza di questi verso l’insieme, incredibilmente difficile da classificare, non fosse altro per il fatto di aver scelto per la parte del protagonista lui, Warwick Davis. È molto facile con il senno di oggi non vedere all’incredibile audacia di questa scelta, ma la realtà, e che Willow mise in una posizione di predominanza il membro di una minoranza,

Questo accadde in un decennio, dove la perfezione estetica canonica era tornata a dominare in modo preponderante. Davis fu connesso ad un personaggio totalmente nuovo, che era in tutto e per tutto figlio della narrazione tolkieniana. Ebbene sì, Willow è un film che deve moltissimo proprio a Il Signore degli Anelli, con un “tesoro” (una bambina) da portare in un certo luogo, un signore (anzi una signora) oscuro che sguinzaglia ogni tipo di creatura infernale. Elora, portatrice di speranza, finisce in una cesta, raccolta da piccoli nani agricoltori, dove un saggio stregone aiuterà Willow a prendere la decisione di portarla verso il suo destino. Abbiamo un abile guerriero in cerca di redenzione (un Val Kilmer sulla cresta dell’onda), l’oscurità che incombe, creature incredibili, troll, folletti, eserciti, il bene contro oscurità e tanta avventura. La trama non era nulla di così particolarmente complesso, ma i rimandi a tutto ciò che Tolkien aveva scritto e creato erano evidenti, così come era evidente il voler parlare della forza interiore come elemento in grado di cambiare il mondo. Lucas ha sempre posto questo al centro della sua narrazione, riguarda non solo Luke Skywalker ma anche Indiana Jones, un eroe unico nel suo genere.

L’eredità di un’opera capace di grande innovazione

Willow era un prodotto studiato da Lucas per il pubblico più giovane, in questo raccoglieva l’eredità de il Ritorno dello Jedi. Ma l’atmosfera dark, la componente horror, coadiuvata da una fotografia molto efficace di Adrian Biddle, resero l’insieme altamente fruibile anche per un pubblico più adulto. Senza nulla togliere agli attori, alle musiche incredibilmente audaci di James Horner, alla regia di Howard, il segreto del successo commerciale del film, furono gli effetti speciali, curati naturalmente dalla Industrial light and Magic. Il supervisore Dennis Muren fu capace di fare qualcosa di unico. In quegli anni Douglas Trumbull e Phil Tippett dominavano, assieme al concetto di stop motion, giunto ad un livello di raffinatezza non indifferente. Muren però sconvolse tutti, migliorando il morphing, con cui creare una transizione digitale perfetta per la trasformazioni dei personaggi nel film. Si trattò di uno dei primissimi effetti computerizzati che poi sarebbero diventati di dominio durante gli anni ’90, ponendo le basi per la CGI moderna. Willow fece comprendere che il concetto stesso di meraviglia si stava sempre più fondendo con una tecnologia dall’imprevedibile capacità metamorfica.

Neanche a farlo apposta, solo l’anno dopo con Indiana Jones e l’ultima crociata, questo strumento sarebbe stato utilizzato ancora una volta e poi via via fino ad abbracciare cult come Terminator 2 e tanti altri. Anche in questo, è innegabile che Willow abbia fatto la storia del cinema. Altro elemento da tenere in considerazione come pioneristico rispetto alle produzioni moderne, fu il gigantismo produttivo, anch’esso capace di essere una sorta di anticipazione di quello che avrebbe fatto Peter Jackson con la sua trilogia.

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E quindi ecco trionfare per la prima volta la Nuova Zelanda con la sua varietà e poi la Cina, il Regno Unito, ecco l’atto di mostrarci che siamo dentro a un altro mondo, con la sua fisicità, il suo clima, la sua natura. In mezzo, tanta ironia, ma dosata nel modo giusto, senza esagerare, mentre si parla di coraggio, quello vero, di come astuzia e determinazione possano compensare la forza bruta. Certo, l’insieme rimane afflitto da una serie di imperfezioni, su tutte la scarsa creatività della sceneggiatura, un iter che da metà in poi diventa abbastanza prevedibile, soffre di una sorta di prevedibilità fin troppo accentuata.

Willow, con il suo gigantismo produttivo, fu un kolossal dove però permaneva un qualcosa di artigianale, incassò quanto bastava ma non aprì nessun corso, non direttamente almeno.
Se guardiamo per esempio a come Lucas poi concepì la sua trilogia prequel di Star Wars, l’innovazione continuata qui a livello di merchandising, è chiaro che questo film qualcosa ha cambiato in modo innegabile. Rimane soprattutto un film assolutamente gradevole, visivamente ancora oggi appagante, di certo superiore per genuinità, energia a tanti prodotti di oggi.
Questo perché il fantasy di una volta, prima di diventare un genere abusato, mirava a divertire.
A guardare al flop della serie tv derivata, a come oggi non si riesca a comprendere quanto il pubblico chieda anche visivamente qualcosa di più maturo, c’è da rimanere costernati. Dungeons & Dragons ha ridato speranza dopo il tonfo di Rings of the Power, le opere di Martin sono in realtà di tutt’altra natura, forse solo Dragon Trainer ne ha raccolto l’eredità. Andrebbe fatto vedere a chi oggi non ha nessuna voglia di rischiare come fece Lucas.



[Fonte Wired.it]