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martedì, Giu 23

Wirecard, lo scandalo mette in subbuglio il mondo fintech



Da Wired.it :

Con l’arresto dell’ad giunge all’apice la crisi della società tedesca specializzata in pagamenti elettronici e accusata di aver truccato i conti per 1,9 miliardi di euro

Il quartier generale di Wirecard ad Aschheim, Germania (foto: Sven Hoppe/picture alliance via Getty Images)
Il quartier generale di Wirecard ad Aschheim, Germania (foto: Sven Hoppe/picture alliance via Getty Images)

L’ultimo sviluppo nel caso Wirecard, lo scandalo che da una settimana sta scuotendo il settore del fintech europeo, è l’arresto del fondatore ed ex amministratore delegato del gruppo tedesco, Markus Braun, con l’accusa di aver gonfiato i bilanci e i fatturati della società. La vicenda, confermata anche dalla stessa Wirecard, riguarda un ammanco di 1,9 miliardi di euro nei conti del 2019, soldi che erano invece stati illecitamente contabilizzati per far risultare la compagnia più appetibile agli investitori internazionali.

Ma cerchiamo di ricostruire la vicenda di quella che il presidente della BaFin, l’equivalente della Consob italiana, Felix Hufeld, ha definito pubblicamente come “una vergogna”, dopo aver difeso la compagnia negli scorsi anni. Wirecard nasce nel 1999 come azienda attiva nelle transazioni elettroniche per il settore del gioco d’azzardo e dell’industria del porno, ma negli anni più recenti, soprattutto approfittando del declino delle banche tradizionali, è riuscita a diventare uno dei colossi dei pagamenti e dei servizi finanziari digitali in Europa, incassando commissioni e stringendo accordi con le principali piattaforme di pagamenti elettronici di tutto il mondo.

Nel 2019, la società è arrivata a segnalare una capitalizzazione di mercato di oltre 17 miliardi di euro e questo ha attirato l’attenzione della stampa e in particolare del Financial Times, che dall’anno scorso a iniziato a indagare sui conti della società tedesca, denunciando relazioni poco chiare soprattutto con alcune banche finanziatrici in Asia. Negli ultimi bilanci, poi, Wirecard ha dichiarato di avere una liquidità di cassa di circa 2 miliardi di euro depositati in istituti bancari delle Filippine, ma secondo i revisori contabili della società Ernest & Young (Ey) quei soldi non ci sono, e secondo le indagini in corso non esistono nemmeno e sarebbero stati dichiarati soltanto per gonfiare i bilanci del gruppo.

Proprio la contestazione dei dati del bilancio ha fatto esplodere il caso Wirecard il 18 giugno scorso, e ha portato alle dimissioni dell’amministratore delegato Braun, ora sotto custodia della polizia tedesca. Da parte loro, gli istituti bancari delle Filippine hanno dichiarato di non aver mai gestito depositi per conto di Wirecard, e quindi la liquidità dichiarata non sarebbe altro che una frode.

Non si sono fatte attendere le razioni in Borsa, dove il titolo, tra quelli tecnologici del listino Dax di Francoforte, ha perso rispettivamente il 61% nella giornata di giovedì 18 e il 35% nella seduta di venerdì 19, facendo crollare la capitalizzazione del gruppo a quota 3 miliardi di euro.

Oltre alle istituzioni di sorveglianza, a decidere delle sorti di Wirecard ora sono anche le banche investitrici, tra cui alcuni istituti cinesi e le europee Abn Amro, Ing e Commerzbank, che devono decidere se mantenere aperte le linee di credito per oltre 2 miliardi oppure chiedere il rimborso immediato dei prestiti. Tra gli altri investitori, inoltre, Wirecard conta anche il gigante SoftBank, che ha investito oltre 900 milioni di dollari nel gruppo tedesco.

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[Fonte Wired.it]