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martedì, Dic 15

Wolfwalkers, stavolta il cartone dell’anno non è Pixar



Da Wired.it :

Sta su Apple Tv+ la sorpresa animata di quest’anno. Una storia convenzionale trattata con uno stile eccezionale e una partecipazione sentimentale forte

I cartoni da tempo raccontano di figlie che si ribellano ai padri (almeno dalla Disney degli anni ‘90), quando però lo fanno gli irlandesi è un altro paio di maniche. I cartoni raccontano anche molto storie di tolleranza in cui qualcuno per cultura viene educato dalla generazione dei padri a combattere un nemico, salvo poi scoprire che questo nemico ha le sue ragioni e può anche non essere tale, insomma che una società diversa è possibile, e lottare per realizzarla. Ma anche qui quando lo raccontano gli irlandesi non è la stessa cosa. Wolfwalkers – Il popolo dei lupi è entrambe queste cose: un cartone irlandese in cui una famiglia viene spezzata da una guerra (in parte fomentata dalla religione) che mette una figlia contro un padre. Dinamiche con cui per storia nazionale hanno una certa confidenza.

L’ambientazione di Wolfwalkers però è medievale, una società in cui gli uomini vanno a caccia e la bambine sono instradate su un percorso di vita di lavoro umile e timorata di Dio. Il nemico sono i lupi, bestie pericolose che vengono regolarmente uccise prima che possano uccidere. Solo che la protagonista, Robyn, vuole anch’essa essere cacciatrice e di nascosto ci prova, finendo per entrare in contatto con il popolo dei lupi, scoprirne le ragioni e trovarsi a dover lottare per loro e con loro, contro tutto il suo mondo. Un racconto eterno che nella mani di Tomm Moore e Ross Stewart è un vero gioiello, senza dubbio il film d’animazione migliore dell’anno (ed è probabile che ce ne accorgeremo agli Oscar).

Questo film che è da poco uscito anche in Italia su Apple Tv+ eccezionale lo è tanto nella scrittura quanto nell’impianto visivo. Finalmente infatti qualcuno ha cominciato a fare bei lungometraggi d’animazione dal tratto e dallo stile influenzati da tutto quel che di nuovo, strano, diverso e bello hanno fatto i videogiochi in materia. Sono ormai 10 anni che i videogame indipendenti fanno una ricerca (a cui sono costretti dai budget) su animazione 2D e movimenti. Steam è pieno di studi che hanno canonizzato un tipo di movimento da marionette di carta (come Darkest Dungeon) e un’estetica bidimensionale che spinge tantissimo sulla dimensione “piatta”. Wolfwalkers attinge a queste idee e le unisce ad un character design meraviglioso. Le due bambine protagoniste sono disegnate una quadrata e una tutta curve, il mondo dei lupi si muove per spirali quello degli uomini per rettangoli e gli sfondi alle volte hanno prospettive impossibili.

Fieri di mostrare i tratti di matita che compongono i disegni e mai preoccupati che i personaggi possano sembrare composti da schizzi (specie quelli selvaggi), i Cartoon Studio (questo il nome della società irlandese) pescano dai videogame anche alcune soluzioni. Ad esempio quando vediamo con gli occhi dei lupi il modo in cui questi sentono i rumori anche più lontani somiglia alle modalità stealth di giochi come Last of Us, oppure il fatto che esistano dei personaggi che possono fare delle cose in forma umana ma poi diventano anche lupi e come tali ne possono fare altre, è un tipico espediente da videogame.

Eppure non è niente di tutto ciò a rendere Wolfwalkers – Il popolo dei lupi la sorpresa che è, ma la partecipazione eccezionale che i realizzatori sono stati capaci di mettere in una storia per molti versi convenzionale. Come se tutti gli altri che l’hanno raccontata prima di loro non l’avessero saputo fare bene Moore e Stewart ci iniettano riferimenti altissimi, soluzioni grafiche e di movimento diverse e nuove per ogni scena e un investimento emotivo che non ha niente a che vedere con il solito e con quello a cui siamo abituati. In questa storia ci credono e sanno costruire dei personaggi i cui dolori diventano con molta facilità i nostri dolori.

Arrivato a questo punto, quando riesci a creare vera vicinanza e vera partecipazione, per una legge base del cinema più semplici sono le dinamiche, più devastante è il risultato. La sofisticazione è l’arma che ammalia, che attira e che stupisce, ma fatto quello le dinamiche elementari sono ciò che devasta e commuove. Wolfwalkers questa mescolanza la centra al primo colpo, dalla prima scena, e non la molla più fino alla fine.

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[Fonte Wired.it]