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lunedì, Gen 17

Wong Kar-wai, il cinema sublime



Da Wired.it :

Su Mubi è reperibile Days of Being Wild, l’ultimo film del regista cinese Wong Kar-wai ad approdare sulla piattaforma. Quest’ultima è un buon posto dove trovare buona parte della sua filmografia in versione restaurata (Ashes of Time Redux e 2046 li trovate su Chili, se avete la pazienza di avventurarvi) e un altro bel po’ di pellicole del cinema hongkonghese della Second Wave. Il tempo e le sue forme, l’amore che non si può avere e la sindrome dell’abbandono, il mélo e ancora il mélo, la pioggia battente e il sole abbacinante, la raffinatezza formale, l’estetismo estremo, i grandangoli folli di Christopher Doyle, le ombre che fagocitano la luce, le città al neon, la composizione dell’inquadratura maniacale, gli oggetti e le canzoni, gli attori feticcio: è il cinema elegante e sublime di Wong Kar-wai e questa è l’occasione per metterli in ordine, dal bello al meraviglioso (anche se, in mezzo, non siamo convinti dell’ordine).

10. The Grandmaster (2013)

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L’ultimo film di Wong Kar-wai non poteva non essere con il suo attore feticcio, Tony Leung Chiu-wai, e il melodramma storico il genere prescelto. La biografia del maestro di Wing Chun Yip Man, di cui fu discepolo Bruce Lee e sul quale esiste un’abbondante rassegna cinematografica, è al centro di una narrazione che si focalizza anche su altri personaggi: il Maestro che ha riunito gli stili marziali del Nord, Gong Yutian; sua figlia (Zhang Ziyi), custode dei segreti della letale arte dei 64 Palmi che vive con Ip Man un amore sospeso; Ma San, discepolo arrogante e ambizioso di Gong e il Rasoio (Chang Chen), spia nazionalista ricercata dai giapponesi invasori. The Grandmaster è scandito dai duelli tra i potenziali eredi di Gong, incluso quell’Yip Man, ricco e appagato nei suoi primi quarant’anni di vita devoti allo studio delle arti marziali, che con la guerra perderà tutto. Gli scontri a colpi di kung-fu sotto la pioggia, l’esaltazione della violenza nella sua forma pura di arte, le convulse coreografie di Yuen Wooping immerse nella tenebra buio sono uno spettacolo che vale il film da solo, il film nel quale Wong Kar-wai lascia che la forma inghiotta la sostanza.

9. Un bacio romantico – My Blueberry Nights (2007)

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Wong Kar-wai, si sposta dall’America latina agli Stati Uniti. Il viaggio on the road di Elizabeth (che poi diventa Lizzie, e dopo ancora Beth), in fuga da una relazione che le ha spezzato il cuore, è un lungo giro in tondo – il tempo necessario per riprendersi dal colpo – che la riporterà a New York, dopo l’aspetta l’anima gemella (Jude Law) per la quale prima non era pronta, colui che le ha insegnato che “nessuno mangia la torta di mirtilli, ma non c’è un motivo particolare, e non è colpa sua”. Domina uno dei temi più sentiti dal regista – quello dell’abbandono, della propria vita scandita, addirittura determinata, da chi se ne va e ci lascia indietro. Questa volta, però Wong Kar-wai sceglie di seguire chi se n’è andato, qualcuno destinato a torna per restare, dopo aver trovato se stesso sfiorando le vite degli altri (il poliziotto autodistruttivo e alcolizzato dalla doppia vita, la moglie fedifraga, la giocatrice d’azzardo incallita). L’oggetto da ricordare: il barattolo con le chiavi.

8. 2046 (2004)

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Chow Mo-wan, lo scrittore di Days of Being Wild e In the Mood for Love, è un altro uomo dopo l’amore perduto con Su Li-zhen, si è trasformato in una versione raffinata e mondana del casanova ribelle che fu Yuddy in Days of Being Wild. Campa scrivendo storielle sconce e un romanzo dal finale triste nel quale un treno porta nel 2046 chi cerca i ricordi perduti, ma non torna mai. Mentre conduce la sua esistenza decadente e dissoluta, si imbatte in un’altra Su Li-zhen, rincontra Lulu/Mimi, seduce la prostituta Bai Ling e si infatua di Jing-wen, sempre orbitando intorno alla stanza 2046, e a quel segreto tumulato nella cavità di un albero alla fine di In the Mood for Love. 2046 è il film dei corsi e ricorsi, dei ricordi che sono echi di amori mancati, della perfezione formale a cui Wong Kar-wai sempre ricorre, esasperandola, quando teme di farsi troppo coinvolgere emotivamente da temi che gli stanno a cuore.

7. As Tears Go By (1988)

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Se Wong Kar-wai fosse John Woo e avesse rifatto Mean Streets. L’opera prima del regista è la storia di un piccolo criminale, una volta il sicario di un pezzo grosso, che si innamora della cugina e decide di cambiare vita, ma è ostacolato dalla tendenza del suo protetto a ficcarsi nei guai con la mala. Andy Lau, Tom Cruise di Hong Kong con RayBan e Take My Breath Away in sottofondo, Maggie Cheung in versione ragazza della porta accanto, Jacky Cheung, il perdente perfetto, sono tutti alla mercé di un destino inesorabilmente scritto. C’è già (quasi) tutta la poetica – e lo stile registico – di Wong in questo melodramma fatalista che rese immediatamente popolare il regista. La scena da ricordare: il bacio nella cabina telefonica.

6. Days of Being Wild (1991)

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Il Leslie Cheung di Wong Kar-wai è sempre o quasi il seduttore infedele e spaccacuori. Qui lo è per la prima volta, nella versione di un giovanotto (Yuddy) indolente e dissoluto e incapace di amare a causa di una madre che lo ha abbandonato, amato ossessivamente dalla mesta cassiera Su Li-Zhen e dalla vivace cantante Mimi. Days of Being Wild segna la trasformazione finale del regista nell’autore Wong Kar-wai: le love story interrotte e struggenti, l’amore nei toni del melò, il fluire del tempo “relativo”, dilatato o compresso, il ricorso dilagante all tecnica dello step printing, gli attori feticcio (Maggie Cheung e Carina Lau, Leslie Cheung e Tony Leung), i bad boy avvolti nelle canotte bianche e nelle nuvole di fumo di sigarette, gli oggetti e le canzoni come simboli e catalizzatori. Days of Being Wild segna anche l’inizio della collaborazione, fondamentale, con il direttore della fotografia Christopher Doyle. La scena: Leslie che balla il mambo.

5. Angeli perduti – Fallen Angels (1995)

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Il terzo racconto previsto in Hong Kong Express, diventato un film a sé. La Hong Kong notturna e vibrante di Wong Kar-wai accoglie le storie di una manciata di angeli caduti: un sicario (Leon Lai) che vuole ritirarsi dalla professione e la sua socia innamorata (Michelle Reis), una bionda “memorabile” (Karen Mok) che ama la pioggia e il killer di cui sopra, un giovanotto muto (Takeshi Kaneshiro) a causa di una scatola di ananas scaduta che prende a prestito i negozi chiusi la notte, una fanciulla gelosissima (Charlie Yeung) che lo trascina in avventure bizzarre un po’ tragiche e un po’ ilari. È l’altra faccia della medaglia di Hong Kong Express: più dark, più sopra le righe, più nervoso, più vertiginoso, più sexy e più passionale. Wong Kar-wai ricorre quasi sempre alla voce narrante dei protagonisti nei suoi film, ma qui diventa anche l’unico modo che il personaggio di Takeshi ha di comunicare.

4. Happy Together (1997)

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Premio per la miglior regia a Cannes, è il film sull’esilio di Wong Kar-wai. L’esilio da Hong Kong, colonia britannica restituita alla Cina, sia del regista sia dei suoi personaggi, la coppia di amanti formata da Tony Leung e Leslie Cheung. Happy Together dei The Turtles suona mentre la cinepresa indugia sulla relazione tumultuosa tra i due. Il primo è fedele, pacato, è quello che segue l’amante ovunque e che si lasciare mollare e riprendere. L’altro (Leslie, di nuovo amante fedifrago e lunatico) è autolesionista e debosciato, torna nei momenti del bisogno e abbandona per noia. Il film dove l’amore è carnale di Wong Kar-wai, il più crudele nel raccontare l’amore, il più marcato dalla paura di essere abbandonati (e ripresi), gettati in un limbo tra un ritorno e l’altro dell’oggetto del desiderio. L’oggetto da ricordare: la lampada che raffigura le cascate di Iguazu, il faro alla fine del mondo.

3. Hong Kong Express (1994)

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L’iconica Brigitte Lin (la donna più bella del mondo), donna con la pistola in parrucca bionda e impermeabile, la sognatrice della California (Faye Wong), i due poliziotti (Tony Leung e Takeshi Kaneshiro) reduci dalle rispettive relazioni. Wong Kar-wai gira Hong Kong Express tra una pausa e l’altra delle riprese complicatissime di Ashes of Time, fiaba urbana notturna e malinconica che torna sul tema del sentirsi lasciati indietro. C’è tutto Wong Kar-wai qui: le luci al neon, le corse trafelate, la malinconia e la solitudine, i personaggi isolati dal resto del mondo frenetico (rappresentai con la tecnica dello step framing), quei grandangoli esaspera(n)ti, le scatole di ananas scadute, la California, le anime solitarie in cerca della propria metà in mezzo alla folla della metropoli, gli amanti sfuggenti, le vite che si sfiorano, la notte e la città. La canzone: Dreams dei Cranberries (ma cantata da Faye Wong).

2. In the Mood for Love (2000)

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L’amore (sottratto). Seguito ideale di Days of Being Wild che ne riprende la disamina sull’amore e il tempo, ambientato nella Hong Kong degli anni ‘60, si muove al ritmo della musica latino americana di moda ai tempi (le canzoni simbolo questa volta sono Ojos verdes e Quizás, quizás di Nat King Cole). In the Mood for Love è incentrato sulla relazione sospesa tra il giornalista intravisto alla fine di Days of Being Wild e una segretaria (un’altra Su Li-zhen con le fattezze di Maggie Cheung, ma sovrumanamente elegante). I due, vicini di casa, scoprono che i rispettivi consorti sono amanti e cominciano a frequentarsi per processare l’evento. Spaventati dalla prospettiva di abbassarsi al loro livello – “Non dobbiamo essere come loro” – e dallo stigma sociale, lasciano incompiuta la casta attrazione, si separano, si perdono, non si ritrovano, mancandosi sempre per pochi minuti, per pochi centimetri. Mélo raffinato e di inarrivabile eleganza formale, pieno di grazia, pieno di “vuoti” , love story sublime con due interpreti divini, probabilmente uno dei film più belli del mondo. L’oggetto: i qipao (cheongsam) di Maggie Cheung.

1. Ashes of Time Redux (2008)

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Il wuxiapian secondo Wong Kar-wai è un’elucubrazione sui ricordi, i rimpianti e la nostalgia ambientata ai limiti di un deserto al confine del mondo, una zona buffer al di fuori di tempo e spazio, una dimensione onirica nella quale il disilluso e cinico Ouyang Feng (Leslie Cheung) mette in contatto sicari e potenziali clienti. Un anno scandito dal succedersi delle stagioni e dalla sosta di vari personaggi: uno spadaccino eremita che vuole dimenticare (Tony Leung Ka-fai), due gemelli resi folli da un amore accecante (Brigitte Lin), una fanciulla in cerca di vendetta (Charlie Yeung), un maestro di spada cieco (Tony Leung Chiu-wai), un guerriero rozzo in cerca di fortuna, fama e avventure (Jackie Cheung). Alienante e rarefatta, la versione Redux è stata rimontata lavorando di sottrazione (l’originale del 1994 manca di qualche minuto), e “ricolorata” da Doyle che ipersatura la pellicola quasi bruciandola con un sole abbacinante e giallissimo. Un film pressoché ignorato alla sua prima uscita diventa il più suggestivo e violentemente bello, letteralmente lo stile che si fa sostanza. La scena: la divina Brigitte Lin, futura Asia l’Invincibile, che sfida se stessa.

Bonus: La mano – Eros (2004)

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Racconto contenuto nel film che il regista si spartisce con Michelangelo Antonioni e Steven Soderbergh, con Chang Chen finalmente protagonista (accanto a Gong Li) in questa storia che permette a Wong Kar-wai di sfogare la sua ossessione per gli amori totalizzanti ma irrealizzati fino all’esasperazione. Siamo di nuovo nella Hong Kong degli anni ‘60. Lui è un apprendista sarto timido e virginale, lei una prostituta d’alto bordo (prototipo della Bai Ling di 2046) superba la cui sensualità soggioga questo ammiratore destinato a venerarla per sempre. Lui confeziona per lei splendidi qipao. Il tempo passa, lei cade in disgrazia e si ammala, lui diventa affermato e raffinato. Il loro ultimo incontro emula il primo – la mano di lei sul membro di lui – ma questa volta non è un gesto di seduzione e potere ma lo strumento di un ultimo contatto disperato e struggente. Wong Kar-wai questa volta non blocca in gola il dolore, non lo trattiene, ma anzi lascia che sfugga al suo controllo, ed è davvero inconsueto (a questo punto del suo percorso artistico).



[Fonte Wired.it]