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sabato, Feb 06

Zendaya, il coronavirus e una minisceneggiatura hanno creato il primo film americano post-pandemia



Da Wired.it :

Girato durante il lockdown con due soli attori, la protagonista di Euphoria e John David Washington di Tenet, e senza alcun contatto con l’esterno, Malcolm & Marie è ora su Netflix ed è il titolo da guardare questo weekend

Quando è scoppiata la pandemia e tutte le nazioni sono andate in lockdown, anche le produzioni hollywoodiane si sono bloccate. Era il periodo in cui dovevano partire le riprese della seconda stagione di Euphoria: rimandate anche loro. Il creatore e showrunner della serie Sam Levinson ha avuto, allora, l’idea di trovare un modo per poter girare qualcosa. Ha coinvolto subito Zendaya, anche produttivamente, e insieme hanno cominciato a pensare a che cosa fare e come. Hanno stabilito subito di chiudere in uno stesso luogo la troupe in modo che tutti potessero vivere insieme per il periodo delle riprese senza contatti con l’esterno. Il che significava fare un film con pochi ambienti, senza bisogno di far arrivare nulla da fuori se non il cibo e impegnarsi affinché durante le cui riprese nulla andasse: ciò che avevano in loco doveva comunque bastare loro. Da qui l’esigenza di fare un lavoro di dialoghi.

Lo spunto di tutto è un fatto accaduto davvero a Levinson stesso, cioè non aver ringraziato la moglie durante la prima di un film e aver poi discusso con lei dell’importanza di un simile gesto e di quel che implica. Certo nella realtà è stata una conversazione breve, in Malcom & Marie è invece la miccia per un confronto molto duro, lungo e pieno di ramificazioni che da quell’evento consente ai personaggi di rinfacciarsi molto e accusarsi di ancora di più, scavando nella testa, nei rapporti e nelle questioni più attuali. E se per Sam Levinson era una possibilità per fare qualcosa invece di stare in casa, per Zendaya è stata da subito un’occasione per interpretare, per la prima volta, un film da adulta. Da quando, infatti, ha lasciato Disney Kids nel 2013 ha sempre interpretato adolescenti, pur avendo oggi 24 anni.

Uscito il 5 febbraio su NetflixMalcolm & Marie è quindi il primo film americano post pandemia, il primo concepito durante il lockdown e addirittura anche girato in quel periodo. La sceneggiatura era infatti esile, ma nonostante questo ha subito interessato John David Washington. Il protagonista di Tenet non era ancora “il protagonista di Tenet”, perché l’opera di Christopher Nolan sarebbe uscita di lì a qualche mese, ma si era fatto notare già con BlackKklansman e tutti sapevano che sarebbe esploso. Accettare una simile impresa per Washington voleva dire passare dal film più grande possibile al più piccolo possibile, da girare con 2,5 milioni di dollari in soli 14 giorni e, cosa paradossale, nel quale avrebbe dovuto mettere pure dei soldi suoi come produttore. Non di meno ha accettato.

La location scelta è stata la Caterpillar House, un gioiello di architettura moderna a Carmel-by-the-Sea, poco lontano da San Francisco; la produzione si è fatta dare da un gruppo di medici delle linee guida da seguire, sulla base delle quali è stata creata la messa in scena e sono state decise le inquadrature. Nessuna comparsa, solo i protagonisti e le loro questioni. Normale quindi che la sceneggiatura fosse un accenno, 65 pagine, e che tutto sia stato gonfiato parlando con gli attori e facendo in modo che loro fossero i primi a contribuire. Come in un film di John Cassavetes. Considerate che solitamente in una sceneggiatura una pagina equivale a un minuto di girato, ma alla fine il girato era di quattro ore, poi ridotte al montaggio alla durata umana di poco meno di due.

Ad agosto sono stati proiettati venti minuti del film, l’unica parte già pronta e lavorata, a un pubblico di distributori per vedere chi volesse comprarlo. In otto hanno partecipato all’asta per aggiudicarselo, vinta da Netflix con un’offerta da 30 milioni. Calcolando che il film è costato 2,5 milioni, messi da Zendaya, John David Washington e Sam Levinson, il margine è di circa 27 milioni da dividere in tre. Una buona parte di questo incasso è stato condiviso con la troupe (che aveva accettato di lavorare a tariffe inferiori al solito) e un’altra è stata devoluta a Feeding America, un’organizzazione non profit che gestisce una rete di banche alimentari, mense e rifugi.

Tutto questo – la crisi del coronavirus, le incertezze, il desiderio di fare qualcosa quando il mondo è fermo – inevitabilmente entra in una storia di confronti, rabbia, ideali, ruggine messa sotto il tappeto, che serve come un gigantesco riflettore puntato su due attori e che spera di entrare nella corsa agli Oscar.

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[Fonte Wired.it]