Martedì notte, la città di New York ha scelto di voltare pagina. Zohran Mamdani, 34 anni, figlio di immigrati ugandesi di origini indiane e deputato che arriva dal Queens, è stato eletto sindaco della Grande Mela con un risultato che nessuno avrebbe previsto fino a un anno fa. Con più di un milione di voti, Mamdani è il sindaco di New York più popolare che sia mai stato eletto dai tempi di John Lindsay, nel 1969.
In un’epoca di astensionismo diffuso, l’affluenza è stata sorprendente: oltre due milioni di newyorkesi hanno votato (oltre il 50% per Mamdani), quasi il doppio rispetto all’ultima volta. In diversi distretti, come Brooklyn, Queens e Manhattan, la partecipazione ha sfiorato i livelli delle elezioni presidenziali.
Un sindaco che ha unito, in un’America divisa
E Mamdani è riuscito ad attivare e canalizzare quella stessa energia tipica dei momenti spartiacque. Ha unito i progressisti giovani e più connotati politicamente con le comunità di immigrati, ha sfidato l’apparato democratico e ha battuto Andrew Cuomo, un ex governatore erede di una delle più potenti famiglie (loro la definiscono “dinastia”) politiche di New York.
I super PAC (Political action committee), ovvero la versione milionaria e senza limiti delle organizzazioni che raccolgono fondi per sostenere un candidato, a sostegno di Cuomo – alimentati da super-ricchi come Bill Ackman e Michael Bloomberg – hanno speso oltre 40 milioni di dollari (quasi 35 milioni di euro) per cercare di fermarlo, quattro volte quanto raccolto dal comitato che ha sostenuto Mamdani. Ma la differenza l’hanno fatta i temi. Già perché Mamdani, che si è definito un democratic socialist, ha avuto il coraggio di esprimersi sulla catastrofe umanitaria nella Striscia di Gaza e sulla difesa in ogni quartiere delle comunità di immigrati che hanno “costruito” e ora guidano New York.
Come trasformare gli attacchi in voti
Mamdani ha trasformato gli attacchi ricevuti persino dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che ha minacciato di bloccare i fondi federali in caso di una sua vittoria, in un punto di forza. Cosa che raramente accade agli schieramenti progressisti, che spesso peccano di dialettica in grado di resistere a forme di bullismo politico.
Mamdani ha raccontato la sua corsa come una battaglia tra l’élite finanziaria e una città che chiede case accessibili, trasporti pubblici efficienti e un’economia che non lasci indietro nessuno. “Hanno speso milioni per difendere i loro privilegi”, ha detto il sindaco eletto in campagna elettorale, “ma non sono riusciti a comprare i newyorkchesi”.



