Tutto bellissimo e tutto ovviamente fatto apposta per una bella domenica sera sul primo canale nazionale. Quello che però colpisce ancora di più è come, in fondo, Carosello sia ancora un parametro fondamentale per capire l’Italia di quegli anni, e in qualche modo anche della nostra. Mentre i televisori entravano nelle case degli italiani grazie al boom economico, vi entrava anche una certa visione del mondo che man mano si apriva sempre di più. E non parliamo solo del puro e capitalistico commercio, delle réclame e del consumismo veicolato per immagini in movimento, ma anche di un certo tipo di artigianalità televisiva che era avanguardista e stupefacente, e per certi versi tutt’altro che piegata al mercato.
Per via di una serie di complesse e ferree regolamentazioni pubbliche, infatti, Carosello doveva funzionare come una perfetta alternanza tra i “corti” che animavano il contenitore e i messaggi pubblicitari che li inframezzavano, che dovevano essere nettamente distinti dal contenuto più puro. Per far fede a questo enorme sforzo di differenziazione, fantasia e anche produttività furono chiamati i più grandi nomi dell’epoca, o comunque nomi che avrebbero fatto la storia del cinema e della tv italiani: Age & Scarpelli, Federico Fellini, Ermanno Olmi, Gillo Pontecorvo, Pierpaolo Pasolini, Pupi Avati e molti altri. Gloriosi e variopinti anche i nomi di conduttori, attori e musicisti coinvolti, in un elenco infinito che va da Mike Bongiorno a Renzo Arbore, da Raffaella Carrà alle gemelle Kessler, da Walter Chiari ad Adriano Celentano e ancora Paolo Poli, Giorgio Albertazzi, Dario Fo e Franca Rame, Nilla Pizza, Franca Valeri, Domenico Modugno e così via.
