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Uno stesso farmaco per provare ad allungare la vita dei vermi, quella dei cani, dei topi e magari anche quella delle ovaie. Il farmaco in questione arriva da molto lontano, dall’isola di Pasqua come ricorda il nome stesso: è la rapamicina (da Rapa Nui), un medicinale utilizzato come immunosoppressore in caso di trapianti ma che vanta una lunga lista di altri possibili utilizzi. Ci sono infatti studi clinici in corso o appena conclusi che lo impiegheranno contro diversi tumori, contro alcune malattie neurodegenerative, contro malattie dermatologiche o per ritardare appunto l’invecchiamento delle ovaie con la prospettiva di incidere (forse) tanto sulla biologia che sugli aspetti più sociali legati alla fertilità.

Ritardare l’invecchiamento con la rapamicina

La rapamicina viene considerata la “sola” tra le molecole in fase di studio ad aver dimostrato qualche effetto nel ritardare l’invecchiamento ed estendere l’aspettativa di vita nei mammiferi. E’ un farmaco su cui è stata prodotta una corposa letteratura. Da una parte l’entusiasmo appare giustificato, meno lo è in altri campi. A ricordarlo pochi mesi fa è stata per esempio una review sul tema pubblicata sulle pagine di Lancet Healthy Longevity, che afferma: rapamicina & co (ovvero i suoi derivati), migliorano gli indicatori dell’invecchiamento nel campo del sistema immunitario, cardiovascolare e apparato tegumentario (la zona della pelle, per intendersi) tanto nelle persone sane che in quelle con malattie legate all’invecchiamento, scrivono gli autori, tendenzialmente senza effetti collaterali gravi. Altrove gli effetti non sono stati indagati o i risultati non sono stati incoraggianti, per esempio sulle funzionalità neuronali o su quelle endocrine. Oggi però a questa mole di studi sperimentali si aggiunge qualcosina in più.

Rapamicina per mantenere le ovaie giovani

In questi giorni infatti si parla della rapamicina come possibile trattamento per preservare la fertilità, perché sono arrivati i primi risultati di un atteso studio nel campo. Lo studio in questione si chiama Vibrant (Validating Benefits of Rapamycin for Reproductive Aging Treatment), è condotto dalla Columbia University e vuole cercare di capire se la somministrazione di rapamicina può effettivamente posticipare la menopausa e tutte le conseguenze che questa si porta dietro, dall’osteporosi ai problemi cardiovascolari. È uno studio che nasce da lontano, che coniuga tanto l’hype nei confronti della rapamicina come farmaco contro l’invecchiamento che il desiderio di capire qualcosa di più del funzionamento dell’ovaio.

L’azione sulle ovaie

Come vi raccontavamo, infatti, le ovaie sono organi abbastanza misteriosi, centrali per capire l’invecchiamento per chiunque si occupi della materia, con il loro fenomeno dell’atresia follicolare, ovvero del meccanismo per cui si osserva la progressiva perdita degli ovociti e dei follicoli che li contengono fino all’insorgere della menopausa. Ma accanto a queste modifiche macroscopiche, alcuni ricercatori hanno scoperto che le ovaie mostrano anche segni molecolari di questo invecchiamento, come l’iperattivazione dell’enzima mTOR (mechanistic target of rapamycin) e che magari contrastandolo si potesse constrastarne anche l’invecchiamento. Nei topi ci riesce. Ed è proprio qui si inserisce il razionale che ha portato allo studio Vibrant (la rapamicina inibisce mTOR) che ha prodotto i primi risultati, come hanno raccontato questi giorni i ricercatori a capo del progetto al Guardian.

L’entusiasmo nelle loro parole è tangibile, ma prima di entrare nel merito è opportuno ricordare che i dati fin qui raccolti non riguardano che una manciata di persone (una trentina), e non sono ancora stati diffusi ufficialmente. Stando alle dichiarazioni dei ricercatori però, pur considerandone il carattere preliminare, questi primi risultati sarebbero comunque incoraggianti.

Un possibile trattamento a basso costo

Punto primo, il trattamento con rapamicina – 5 mg a settimana via bocca per tre mesi, una volta a settimana, una dose considerata bassa come ricordato da Zev Williams, tra i responsabili del progetto – è sicuro e le donne che lo hanno assunto si sentirebbero anche generalmente meglio, dal sentirsi più energiche ad avere una pelle più sana, senza alterazioni del ciclo mestruale.

Secondo quanto dichiarato ancora al quotidiano britannico da una delle ricercatrici a capo dello studio, Yousin Suh della Columbia University, si potrebbe sperare in un rallentamento dell’invecchiamento delle ovaie di circa il 20%. Questo si tradurrebbe, nella pratica, in un rallentamento dell’atresia follicolare, posticipando menopausa e i suoi effetti collaterali e ampliando la finestra riproduttiva per le donne che vogliano dei figli. I ricercatori hanno anche aggiunto che l’eventuale trattamento sarebbe anche a basso costo, esistendo già la forma generica. Ma non siamo che agli inizi, per capire se le promesse verranno mantenute servirà capire cosa diranno le analisi compiute su un campione più grande di donne.



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