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C’è quasi da rimpiangere il classico photobombing di gattini che da tempo affolla i social con le loro posizioni più buffe. Perché selfie e foto social in mezzo alla natura sono diventati il nuovo fenomeno che sta generando un’invasione massiccia da parte delle persone degli habitat naturali, mettendo a serio rischio la loro esistenza. Modelli di riproduzione interrotti, danni ai meccanismi di alimentazione ed estese opere di calpestamento. Questo è l’impatto del boom mediatico della appena neonata passione per la biodiversità. Un evento che è in crescita, tanto che si sta pensando addirittura di adottare un codice etico per chi ne promuove la bellezza sui social. Può sembrare una proposta esagerata, ma i numeri di una ricerca appena pubblicata su Science of the Total Environment ne mostrano la necessità.

Niente privacy per le specie a rischio

Gli autori dello studio hanno analizzato i danni, sia diretti sia indiretti, causati dall’avvento dei selfie e delle foto social sulle specie animali e vegetali più fragili e a rischio. Anche la natura si sta confrontando con il lato oscuro della popolarità, ma non ha chiesto lei di diventare una “influencer”. Infatti, continuando a postarne fotografie e video immersi nel verde, ciascuno di noi contribuisce a diffondere dei luoghi che possono essere turbati e presi d’assalto. Questa forma di divulgazione dei posti finisce infatti per rovinare gli habitat e i suoi equilibri, come di recente accade con l’invasione dei droni, e quella specie di gara con gli amici per fare lo scatto più bello “con l’amico animale”.

Tutto ciò, secondo i ricercatori, non fa che causare problemi anche a lungo termine causando: malattie, bracconaggio, alterazione dei meccanismi predatori e la riduzione delle opportunità di nutrizione. Un esempio citato nello studio è quello del Tordo bottaccio, specie a rischio e che ora fatica a nidificare, perché turbata dalla presenza di un numero crescente di “paparazzi”.

Un’altra vittima dei selfie è l’orchidea. Infatti, si tratta di una pianta particolarmente sensibile al calpestio e ai cambiamenti di habitat, che in questo momento gode di una grande popolarità sui social. Anche in mare la biodiversità non ha il minimo di privacy. Sono sempre di più i fotografi subacquei d’agosto che con i loro flash influiscono in maniera negativa sulla vita marina, specialmente su quella degli squali balena e di altri organismi acquatici sensibili e protetti.

Codice etico per selfisti

Finché si tratta di iniziative di citizen science è un conto. Ma davanti a questa mania di immortalarsi in mezzo alla natura, finendo per vandalizzarla, i ricercatori e i naturalisti sono preoccupati. Lo diventano ancora di più leggendo quanto emerso dallo studio, ed è per questo motivo che cominciano a muoversi per introdurre dei veri e propri codici etici. In particolare, questo tipo di strumento dovrebbe servire a regolare l’uso e la promozione della flora e fauna sui social.

Una soluzione “estrema”, perché appare chiaro che servirebbero maggiori controlli, con una particolare attenzione per le specie più a rischio, rare e con un areale ristretto. Potrebbe essere un punto di partenza per provare a limitare l’accesso agli hotspot naturali che oggi sono oggetto di vere e proprie invasioni di “selfisti. Infatti, con delle nuove best practice, affiancate a una più attenta gestione sul campo dei siti pubblici chiave, potremmo ancora essere in tempo a salvare la natura dalla nostra cieca voglia di like.



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