La legge 104 sulla tutela e l’assistenza delle persone con disabilità consente in alcuni casi di richiedere un congedo straordinario retribuito fino a due anni. Ma si tratta di una misura temporanea, riservata solo a chi ha un contratto da dipendente, con regole molto rigide e una durata limitata. La realtà è che due anni passano in fretta, mentre molte situazioni di disabilità e non autosufficienza durano decenni. Per milioni di caregiver senza contratto di lavoro da dipendente, quella del congedo resta una possibilità solo sulla carta.
La situazione, secondo l’Istat, è destinata a peggiorare poiché entro il 2050 più di un italiano su tre avrà più di 65 anni ed è evidente come questo scenario sia destinato ad aggravare i costi sulle famiglie. L’invecchiamento della popolazione, la cronicità in aumento ed il sottofinanziamento della sanità pubblica sono tutte tendenze demografiche ed economiche in atto. E malati cronici, disabili, anziani con demenza gravano sulle spalle dei caregiver familiari, un esercito invisibile che supplisce alle carenze del sistema sociosanitario.
Caregiver donne: il welfare sommerso dell’Italia
L’assistenza che dovrebbe essere garantita da un sistema pubblico viene trasferita sul nucleo familiare e dentro questo nucleo quasi sempre sulle donne. Il linguaggio comune le chiama “angeli”, “eroine silenziose”, ma si tratta di una narrazione retorica che serve a mascherare quell’assenza strutturale già citata. Le parole giuste da introdurre dovrebbero essere reddito di cura, protezione previdenziale, servizi di sollievo, diritto alla formazione e alla salute. Secondo l’Istat il 70% di chi si prende cura quotidianamente di una persona non autosufficiente in ambito familiare è di sesso femminile. Una generazione che vive nell’interstizio tra lavoro domestico non retribuito e assistenza sanitaria informale.
Per queste donne, spesso, quando si parla di ritorno all’occupazione è troppo tardi e vengono considerate fuori mercato. Secondo una ricerca dell’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) del 2023 il 36% delle donne caregiver abbandona l’impiego o riduce l’orario lavorativo, il che significa non solo impoverimento a livello personale ma anche perdita umana per la società. Se il bisogno di cure aumenterà ed il carico continuerà a ricadere solo sulle donne, quello che si apre è uno scenario di violenza strutturale.
Lavori non automatizzabili: il paradosso del futuro
Vi è anche un ulteriore aspetto da prendere in considerazione in un’epoca in cui l’intelligenza artificiale sta ridisegnando interi settori lavorativi: il lavoro di cura resta tra i pochi davvero non automatizzabili. Nessun algoritmo può sostituire la relazione umana, la responsabilità emotiva, il contatto fisico che comporta sollevare un corpo, contenere un delirio, affrontare una demenza e queste figure, oggi marginalizzate, saranno tra le più centrali e resilienti nel mondo del lavoro che verrà. Eppure, mentre ci affanniamo giustamente a proteggere professioni destinate alla dismissione tecnologica, continuiamo a ignorare, o peggio a romanticizzare, un lavoro insostituibile che tiene in piedi il presente.