Non sorprende, quindi, che le autorità russe ne esaltino puntualmente le capacità. Il presidente Vladimir Putin ha definito il Sarmat un’“arma davvero unica”, che “darà da riflettere a coloro che, nel pieno di una retorica aggressiva e frenetica, cercano di minacciare il nostro paese”. Dopo il primo volo di prova nel 2022, Dmitry Rogozin, all’epoca direttore dell’agenzia spaziale russa, parlò di “superarma”.
Ma per il momento quello che rende davvero unico l’Rs-28 Sarmat è la sua propensione ai fallimenti. Dopo un primo lancio di prova apparentemente riuscito nel 2022, il programma ha collezionato infatti una serie di insuccessi, tra cui una catastrofica esplosione che l’anno scorso distrusse un silo sotterraneo nel nord della Russia.
In teoria, il Sarmat dovrebbe sostituire l’arsenale di Icbm strategici R-36M2 in possesso della Russia, costruiti originariamente in Ucraina. L’Rs-28, talvolta chiamato Satan II, è invece un “prodotto sviluppato interamente dall’industria russa“, secondo il ministero della Difesa del paese.
La risoluzione del video della scorsa settimana non è sufficientemente elevata per confermare se l’ultimo flop abbia effettivamente coinvolto un Sarmat oppure il più vecchio R-36M2, anche se gli analisti sembrano essere sicuri che si trattasse effettivamente del primo. Il silo utilizzato per il test del 28 novembre è stato rinnovato di recente, forse per adattarlo ai nuovi test dopo la distruzione del sito avvenuta l’anno scorso. “I lavori sono iniziati nella primavera del 2025, dopo il disgelo“, ha scritto Etienne Marcuz, analista che si occupa di armamenti strategici presso il think tank francese Foundation for strategic research. “L’urgente ristrutturazione” del silo di Dombarovsky rafforza l’ipotesi che l’incidente della settimana scorsa abbia coinvolto il Sarmat e non l’R-36M2, il cui ultimo test risale a più di dieci anni fa, ha aggiunto Marcuz su X.
“Se si tratta davvero di un nuovo fallimento del Sarmat, sarebbe estremamente deleterio per il futuro a medio termine della deterrenza russa“, ha proseguito Marcuz. “I missili R-36M2 ormai invecchiati, che trasportano una parte significativa delle testate strategiche del paese, vedono la loro sostituzione slittare ancora più in là nel tempo, mentre la manutenzione, affidata all’Ucraina fino al 2014, resta estremamente incerta“. Podvig, che gestisce anche il blog Russian nuclear forces, concorda con le conclusioni di Marcuz: con l’R-36M2 prossimo al ritiro, “è estremamente improbabile che le forze missilistiche vogliano ancora testarli“, ha scritto l’esperto sul suo sito.
La sempre più fragile deterrenza russa
Il nuovo incidente di percorso del Sarmat aggiunge ulteriore incertezza circa la prontezza dell’arsenale nucleare russo. Se si fosse trattato di un test di uno dei vecchi Icbm, l’esplosione e lo schianto solleverebbero dubbi sul degrado dei componenti e sulla loro obsolescenza. Ma se come sembra l’esercitazione ha davvero coinvolto il Sarmat, la Russia si ritroverebbe a fare i conti con l’ennesimo problema che dal 2018 ritarda l’entrata in servizio dell’arma.



