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Elon Musk cambia idea e riporta i titoli delle notizie su X

Elon Musk cambia idea e riporta i titoli delle notizie su X



Da Wired.it :

Elon Musk ha annunciato che su X torneranno a essere visibili i titoli dei post che rimandano alle notizie, a poco più di un mese da quando il social network aveva rimosso la funzione dalle anteprime nel tentativo di migliorare l’estetica e frenare il clickbaiting.

Inversione a U

Proprio sulla piattaforma di cui è proprietario, l’imprenditore ha dichiarato che nel “prossimo aggiornamento di X”, i post che contengono le url dei portali di news torneranno a mostrare il titolo del contenuto. Musk non ha però precisato da quando esattamente sarà attiva la modifica, limitandosi a spiegare che i titoli appariranno nella parte superiore dell’immagine di copertina.

X content

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Al momento i post che portano ai siti di notizie mostrano solo la foto principale di ogni storia – almeno su iOs e da desktop, mentre su Android vengono visualizzati normalmente – con una piccola didascalia a indicare il sito di provenienza. I social media manager delle varie pubblicazioni possono poi aggiungere una didascalia per accompagnare il contenuto.

Quando X ha rimosso i titoli, Elon Musk ha sottolineato che l’algoritmo del social network favorisce sempre meno i link esterni, incoraggiando gli utenti a creare più contenuti direttamente sulla piattaforma. “Il nostro algoritmo cerca di ottimizzare il tempo trascorso su X, in modo che i link non ricevano la stessa attenzione […] La cosa migliore è pubblicare contenuti lunghi su questa piattaforma“, aveva spiegato il capo dell’ex Twitter.

La crisi di X

La decisione di ripristinare i titoli delle notizie su X arriva in un momento di crescenti tensioni tra Musk, le agenzie di stampa e gli inserzionisti. Nei giorni scorsi, aziende come Ibm, Disney e Lionsgate, nonché organizzazioni come l’Unione europea, hanno ritirato i loro investimenti pubblicitari sulla piattaforma dopo che l’imprenditore sudafricano ha dato ragione a un post antisemita.

La perdita di questi introiti aggrava la crisi commerciale del servizio. Alla chiusura del primo trimestre del 2023, Elon Musk ha dichiarato che X valeva 20 miliardi di dollari, meno della metà della cifra pagata per acquisire la società nel 2022. Quattro mesi dopo, la piattaforma valeva circa un terzo dei 44 miliardi di dollari spesi dall’imprenditore per acquisirla.

Se X vuole davvero raggiungere la redditività entro il 2024, riconquistare la fiducia dei media è fondamentale. Le stime di Safebetting Sites indicano che nel 2022 le aziende e i mezzi di comunicazione spenderanno il 19 per cento in più per utente sulle versioni mobile dei social network allo scopo di promuovere i loro contenuti.

Molti inserzionisti e media hanno abbandonato X in seguito ai controversi cambiamenti introdotti sul servizio dall’amministrazione di Elon Musk. Secondo Insider Intelligence, quest’anno il social dovrebbe vendere circa 3 miliardi di dollari in pubblicità, contro i 4,7 miliardi previsti prima delle discutibili modifiche apportate alla piattaforma dal nuovo corso.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired en español.





[Fonte Wired.it]

Elon Musk agli scioperanti svedesi ‘siete fuori di testa’

Elon Musk agli scioperanti svedesi ‘siete fuori di testa’

da Hardware Upgrade :

Alla fine, Elon Musk ha preso la parola riguardo la protesta partita il 27 ottobre da 130 lavoratori (metalmeccanici, come è stato specificato di recente) in forza a Tesla Sverige; non certo una folla immensa, ma è sempre da una singola fiamma che divampa un incendio. E se poi chi si trova dall’altra parte butta la proverbiale “benzina sul fuoco”, la situazione può solo peggiorare.

Questo è esattamente quanto è accaduto (e sta tutt’ora accadendo) a poche ore dal tweet di Musk inviato in risposta all’utente NicklasNilsso14 che (sempre tramite X) ha reso nota la presa di posizione di PostNord, unitasi al sempre più compatto movimento di solidarietà e difesa dei lavoratori di Tesla e del modello lavorativo svedese, basato (come abbiamo spiegato negli scorsi articoli), su contratti collettivi che regolano ogni aspetto della vita lavorativa (orari, mansioni, stipendi, benefit, permessi, malattie, ferie, pensione, assicurazioni, ecc). La notizia è stata riportata da The Guardian ed Electrek.




“This is insane”, letteralmente “Questo [ndr, lo sciopero] è folle”; vale la pena sottolineare che nella lingua anglosassone “insane” ha un’eccezione fortemente negativa, che va ad insinuare un comportamento non in linea con una persona sana di mente.

Tre parole lapidarie che sottintendono una volta di più come Musk non accetti alcun tipo di critica verso il suo modus operandi: il CEO non è nuovo ad affermazioni di questo tipo (solo per citare uno dei casi più recenti, a gennaio l’imprenditore sostenne che solo gli investitori intelligenti potevano capire il potenziale del software FSD di Tesla).

Nonostante questo suo scarso autocontrollo gli abbia procurato diversi guai (come la sospensione dalla carica di amministratore delegato di Tesla), Musk non sembra incline a voler quantomeno smussare questo lato del suo carattere.

La vicenda svedese, seppur involontariamente, sta mettendo sotto i riflettori come gli atteggiamenti del patron di Tesla arrechino danni in primis proprio all’azienda.

Negli articoli dedicati alla protesta abbiamo sottolineato diverse volte la totale disponibilità di IF Metall (il sindacato svedese cui si sono rivolti i primi 130 scioperanti) a trovare un accordo con Tesla (a partire dal 2018), apertura che si è ripetutamente scontrata con l’atteggiamento di Musk (per certi versi ottuso e – a parere dell’autrice – anche infantile).

Più il CEO ha posto resistenza, più la voce di IF Metall si è rafforzata, arrivando a smuovere altri sindacati, sia svedesi che stranieri (come Hamnarbetarförbundet e IG Metall – la controparte tedesca di IF Metall), categorie artigiane (agenzie di consegna pacchi e corrispondenza, carrozzieri, elettricisti, muratori ed agenti immobiliari) e aziende private straniere che hanno sedi anche in Svezia (come Hydro Extrusions) bloccando di fatto tutto l’ecosistema svedese che ruota attorno a Tesla.

Tesla contro Svezia

Nelle ultime ore, inoltre, PostNord ha comunicato che non consegnerà più le targhe assegnate dalla Motorizzazione a vetture appartenenti all’azienda texana, di fatto azzoppandola.

“L’autorità Kammarkollegiet [ndr, l’equivalente della nostra Motorizzazione] ha stipulato un accordo quadro per i servizi di corrispondenza e pacchi a cui tutte le autorità devono avvalersi. E secondo tale accordo, noi dobbiamo utilizzare PostNord” ha spiegato Anna Berggrund, direttrice del dipartimento Informazioni sui veicoli dell’Agenzia svedese dei trasporti.

Lunedì sera è entrata in vigore la misura di solidarietà di Seko, che si traduce in un blocco della distribuzione, consegna e ritiro di spedizioni, lettere, pacchi e pallet effettuati da Postnord e Citymail in tutti i luoghi di lavoro svedesi di Tesla. Il fermo del sindacato ST sulle consegne di PostNord a Tesla, invece, è entrato in vigore martedì pomeriggio.

Anders Porelius, responsabile stampa di PostNord Svezia, ha confermato che tutte le operazioni di consegna/ritiro della posta da e verso Tesla sono state interrotte.

“Siamo neutrali nel conflitto di base, ma non intendiamo aggirare il blocco alle operazioni. Le spedizioni destinate a Tesla non verranno consegnate. Il diritto di sciopero è così forte che conta come forza maggiore. Ciò significa che non stiamo violando la missione sociale” ha sottolineato il portavoce, assicurando che tutti i pacchi indirizzati alla casa automobilistica sono conservati con cura nei magazzini di PostNord.

Al momento non sono state rilasciate informazioni riguardo il numero di targhe coinvolte, ma è possibile farne una stima considerando che fra gennaio e ottobre in Svezia sono state immatricolate circa 17.000 nuove Tesla, ovvero mediamente 1.700 auto al mese.

Tesla contro Svezia

Anche Fellesförbundet (la Federazione unita dei sindacati norvegesi, ovvero il più grande sindacato del settore privato della Norvegia, che conta fra i propri iscritti circa 500 dipendenti Tesla), ha affermato di essere pronta ad intraprendere azioni di solidarietà: il suo leader, Jørn Eggum, ha dichiarato all’emittente NRK che impedirà alle bisarche Tesla con targa svedese di passare attraverso il Paese:

“La Norvegia non dovrebbe essere una via di transito per Tesla, aiutandola a farla franca con i crumiri. Dobbiamo ritenere Tesla responsabile e costringerla a impegnarsi nei contratti collettivi nei paesi europei in cui opera”.

Quello che era partito come la fiammella di un fiammifero (e che pertanto sarebbe stato facile spegnere) è diventato un vero e proprio incendio, arrivando a coinvolgere diverse categorie artigiane locali, aziende private e sindacati fuori dalla Svezia, ma non solo.

Oggi il braccio di ferro Musk-Svezia è anche (e forse soprattutto) uno scontro di principio – fra privato e collettivo, capitale e sociale – in un caleidoscopio di lotte sociali e diritti che si scontrano con le leggi di un’economia sempre più cinica e arrivista.

Da una parte IF Metall non può cedere (e non cederà, sia Marie Nilsson, presidente del sindacato, sia Jesper Pettersson, portavoce ufficiale dell’associazione, sono stati molto chiari a riguardo) perché questo creerebbe un precedente a cui altre aziende potrebbero rifarsi, come Spotify che, ad inizio 2023, aveva negato la stipulazione di un contratto collettivo per i propri dipendenti svedesi.

Tesla contro Svezia

Allo stesso modo, la stessa cosa non può fare Musk, o darebbe in mano all’agguerrito sindacato statunitense UAW (United Automobile Workers) un’arma da usare per cambiare le regole di impiego di Tesla in madrepatria, dove il CEO ha esercitato indisturbato il suo potere per più di due decenni.

Di seguito, gli articoli che abbiamo dedicato alla vicenda, che continueremo a seguire da vicino:

– I lavoratori svedesi mettono Tesla spalle al muro e chiedono un contratto collettivo;

– Tesla vs Svezia: è l’inizio di un effetto domino per i diritti dei lavoratori?

– Tesla vs Svezia, si salvi chi può (e Musk non può);

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scioperi in Europa durante il Black Friday

scioperi in Europa durante il Black Friday

Da Punto-Informatico.it :

Il Black Friday è uno dei giorni più importanti per lo shopping online. I dipendenti di Amazon hanno deciso di partecipare alla campagna “Make Amazon Pay” organizzata da UNI Global Union, una federazione internazionale che unisce i sindacati del settore dei servizi. Gli scioperi hanno interessato i lavoratori dei magazzini in diversi paesi europei, Italia inclusa.

Proteste in Germania, Inghilterra, Italia e Francia

I dipendenti di Amazon chiedono soprattutto salari più elevati e migliori condizioni di lavoro. Come spesso accade in questi casi non è possibile conoscere con esattezza la percentuale di partecipazione. Secondo il sindacato Verdi in Germania, circa 2.000 lavoratori di sei centri di smistamento tedeschi hanno partecipato allo sciopero. Un portavoce di Amazon ha dichiarato che il numero di lavoratori è inferiore e che ricevono salari equi (oltre 14 euro/ora).

In Inghilterra hanno scioperato oltre 200 lavoratori del magazzino di Coventry per chiedere un salario di 15 sterline/ora. Un portavoce dell’azienda di Seattle ha dichiarato che oggi il salario minimo è compreso tra 11,80 e 13 sterline, ma aumenterà da aprile 2024.

Secondo la CGIL, oltre il 60% dei lavoratori del magazzino di Castel San Giovanni in Italia ha partecipato allo sciopero. Amazon afferma invece che l’86% è presente, quindi non ci sarà nessun impatto sulle attività. In Spagna è previsto uno sciopero di un’ora durante il Cyber Monday.

Secondo Attac (organizzazione anti-globalizzazione), in Francia sono stati tappezzati di manifesti e nastri diversi locker per bloccare le consegne e il ritiro dei prodotti. Amazon ha comunicato che tutti i locker sono accessibili.

In Italia aprirà un nuovo centro logistico

A fine ottobre, Amazon ha annunciato l’apertura di un nuovo centro di approvvigionamento ad Alessandria (l’ottavo in Piemonte) che porterà alla creazione di 400 nuovi posti di lavoro entro tre anni. Per il sito, che aprirà entro fine 2024, è previsto un investimento di oltre 120 milioni di euro.

Gli operatori di magazzino riceveranno una retribuzione lorda iniziale di 1.764 euro al mese, l’8% in più rispetto a quanto previsto dal CCNL Trasporti e Logistica. Sono inoltre previsti numerosi benefit, tra cui sconti sugli acquisti su Amazon.it, un’assicurazione integrativa e la possibilità di iscriversi al programma Career Choice che copre fino al 95% del costo delle rette e dei libri di testo per chi desidera specializzarsi frequentando corsi professionali.

Nel centro di Alessandra verranno utilizzate (per la prima volta in Italia) alcune recenti tecnologie che migliorano le condizioni di lavoro: Item sorter (sistema di smistamento automatizzato che elimina la necessità di prelevare gli oggetti dall’interno del contenitore), Pallet mover (braccio robotico che elimina la necessità di utilizzare carrelli elevatori per trasportare i pallet) e Tote retriever (macchina che solleva le cassette e le posiziona automaticamente sui nastri trasportatori).

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Fonte Punto Informatico Source link

Rinasce la “chiesa dell’AI” e conta migliaia di fedeli. Robot venerati come divinità

Rinasce la “chiesa dell’AI” e conta migliaia di fedeli. Robot venerati come divinità

da Hardware Upgrade :

L’imprenditore tecnologico Anthony Levandowski sta rispolverando la sua controversa chiesa dell’intelligenza artificiale in un tentativo di cavalcare l’ondata di interesse per l’IA generata negli ultimi mesi da ChatGPT.

Intelligenza artificiale, arriva la chiesa 2.0 di Anthony Levandowski

La chiesa chiamata la Via del Futuro, fondata nel 2015 e chiusa pochi anni dopo, conta ora un paio di migliaia di seguaci, afferma Levandowski. L’obiettivo creare una connessione spirituale tra gli esseri umani e le intelligenze artificiali, che il suo fondatore ritiene diventeranno presto molto pi potenti degli umani stessi.

Negli ultimi 4 miliardi di anni abbiamo avuto solo forme di vita organiche ma ora, per la prima volta, le cose stanno cambiando con l’avvento di forme di vita inorganiche, spiega Levandowski. Non sappiamo ancora che forma avranno, ma le fonderemo con tutti questi poteri magici in modo che possano darci delle cose.

Intelligenza Artificiale come religione

Levandowski crede che i chatbot IA saranno presto talmente avanzati da poter essere considerati a tutti gli effetti divinit. E la sua chiesa ambisce a gettare le basi etiche e filosofiche per interagire con questi nuovi dei tecnologici. Una visione che aveva sollevato dubbi e perplessit gi al momento della fondazione della chiesa, soprattutto per la dichiarata volont di realizzare, accettare e adorare una divinit basata sull’intelligenza artificiale.

A complicare ulteriormente la situazione, all’epoca Levandowski era anche coinvolto in una causa milionaria legata al furto di segreti commerciali da Google e Uber sulle tecnologie per le auto a guida autonoma. Vicenda che si conclusa con una condanna a 18 mesi di carcere, in seguito commutata con la grazia concessa dall’ex presidente Trump.

Ma oggi, con l’intelligenza artificiale che domina il dibattito pubblico, Levandowski evidentemente crede sia arrivato il momento pi adatto per rilanciare la sua chiesa dell’Intelligenza artificiale. “Le religioni classiche si basano sul raccontare storie e creare leggende senza provare reali”, afferma. “Qui stiamo invece creando qualcosa che le persone possono vedere, che ovunque e che forse pu guidarci ed aiutarci come farebbe Dio”.

Per Levandowski le AI sono destinate a sostituirsi alle tradizionali divinit delle religioni umane. E la sua chiesa punta ad accelerare e assecondare questo processo, tramite la ricerca sull’intelligenza artificiale e la sensibilizzazione dell’opinione pubblica. Una visione di certo controversa, che pass con l’approccio prudente di gran parte della comunit scientifica. Molti esperti mettono infatti in guardia proprio dal rischio di antropomorfizzare eccessivamente i sistemi IA che, per quanto sofisticati, rimangono pur sempre algoritmi sintetici.

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Presto si potrà pagare con uno smart ring e con l’unghia

Presto si potrà pagare con uno smart ring e con l’unghia



Da Wired.it :

I sistemi di pagamento digitale di tipo contactless stanno virando verso soluzioni sempre più miniaturizzate, veloci e protette, come mostrato nelle scorse ore da due interessanti progetti emersi dal Salone dei Pagamenti in corso a Milano. Le novità esplorano nuovi supporti per la comunicazione sicura per le autorizzazioni bancarie, in sostituzione alla classica carta di credito o bancomat o all’uso dello smartphone o smartwatch. Da un lato c’è lo smart ring di Intesa San Paolo, Mastercard e Tapster che punta su un indossabile minimalista come un anello e dall’altro c’è la curiosa Nail Pay sempre di Mastercard che innesta un piccolo chip sull’unghia, per pagamenti al volo con un semplice gesto.

L’anello smart di Intesa San Paolo

Lo smart ring è una soluzione già vista con il celebre indossabile Oura che integra componenti e capacità di un normale smartwatch nella dimensione di un anello. Intesa Sanpaolo e Mastercard hanno collaborato con l’azienda svedese Tapster alla realizzazione di uno speciale dispositivo da infilare al dito che può sostituire alla perfezione le carte. Realizzato in ceramica e legno così da garantire resistenza, durabilità e impermeabilità, lo smart ring integra chip nfc e l’attivazione è molto rapida grazie al codice qr che lo accompagna: basterà infatti inquadrarlo con l’app Intesa Sanpaolo Mobile per utilizzarlo da subito. Verrà messo in commercio da metà dicembre, potendolo abbinare alla propria carta Intesa Sanpaolo del circuito Mastercard per pagamenti contactless della vita quotidiana, in modo particolare le piccole transazioni.

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Nail Pay, per pagare con l’unghia

Si dice “pagare sull’unghia” quando ci si riferisce a un esborso immediato e in contanti. Nail Pay di Mastercard mantiene la rapidità della transazione, ma sposta tutto sul digitale. La soluzione mostrata a Milano segue la stessa filosofia dello smart ring, puntando però su un piccolo chip rfid da innestare all’interno dell’unghia vera o finta. Da quel momento, basterà avvicinare il dito al pos per autorizzare i pagamenti, con un semplice gesto e senza doversi portare dietro alcun dispositivo o supporto.





[Fonte Wired.it]