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Migranti, il Regno Unito ne ha tracciati migliaia illegalmente

Migranti, il Regno Unito ne ha tracciati migliaia illegalmente



Da Wired.it :

Mark Nelson ha risposto alla telefonata dall’interno di un centro di detenzione per migranti nel Regno Unito, un luogo che dal suo punto di vista era in tutto e per tutto una prigione, con le stesse finestre e le stesse stanze minuscole. Quando il telefono ha squillato, si trovava nel centro già da 10 ed era tormentato dalla paura di essere imbarcato su un aereo senza la possibilità di salutare i suoi figli. Così, quando i suoi avvocati gli hanno prospettato le due opzioni previste dalla legge britannica – rimanere nel centro a tempo indeterminato o tornare a casa indossando un dispositivo di localizzazione – l’impressione è stata quella di non avere davvero scelta. “È una costrizione“, spiega Nelson, che è arrivato nel paese dalla Giamaica più di vent’anni fa. L’uomo però era deciso a lasciare la struttura a tutti i costi per tornare a casa dalla sua famiglia, anche a costo di indossare un Gps.

Nel maggio 2022 al centro di detenzione di Colnbrook, alla periferia dell’aeroporto londinese di Heathrow, sono arrivate le persone che dovevano applicare il dispositivo a Nelson. L’uomo sapeva che facevano parte dell’Electronic monitoring service del governo britannico, ma non conosceva i loro nomi né la società per cui lavoravano. Li ha comunque seguiti in una stanza angusta, dove gli hanno misurato la gamba e applicato il dispositivo attorno alla caviglia. Da allora Nelson è accompagnato dal Gps ovunque vada. Davanti alla tv, mentre porta i figli a scuola o sotto la doccia, il dispositivo registra continuamente le sue coordinate e le invia alla società che lo gestisce per conto del governo britannico.

Nelson solleva i pantaloni per mostrare il tracker, avvolto intorno alla sua gamba come fosse una gigantesca sanguisuga grigia. Mentre descrive l’impatto che il dispositivo ha avuto sulla sua vita, soffoca le lacrime. Essere sotto sorveglianza costanteè deprimente– racconta –. È come se non fossi più un essere umano“.

Sorveglianza distopica

Dal 2019, in Inghilterra e Galles le persone condannate per accoltellamenti o altri reati violenti sono obbligate a indossare cavigliere Gps al momento della scarcerazione. Nel 2021, poi, l’obbligo è stato esteso a chiunque sia soggetto a un’ordinanza di espulsione. Nelson indossa il dispositivo perché il suo diritto di rimanere nel Regno Unito è stato revocato in seguito a una condanna per coltivazione di cannabis nel 2017, un reato per il quale ha scontato due anni di una pena che originariamente ne prevedeva quattro. Ma anche i migranti arrivati su piccole imbarcazioni sulla costa dell’Inghilterra meridionale, senza precedenti penali, si sono visti applicare i Gps durante un programma pilota di 18 mesi terminato nel dicembre 2023. Tra il 2022 e il 2023 il numero di persone costrette a indossare i localizzatori è aumentato del 56%, superando quota 4000 persone, secondo una ricerca del Public Law Project, un’associazione legale senza scopo di lucro.

I cittadini stranieri che abusano della nostra ospitalità commettendo crimini nel Regno Unito non dovrebbero avere dubbi sulla nostra determinazione a espellerli – ha dichiarato a Wired US un portavoce del Ministero dell’interno britannico –. Laddove l’espulsione non è possibile nell’immediato, il monitoraggio elettronico può essere utilizzato per gestire i criminali stranieri e altri soggetti selezionati che sono stati rilasciati su cauzione“. Il ministero ha rifiutato di rispondere alle domande di Wired sui “dettagli operativi” del progetto (per esempio se le coordinate Gps vengono tracciate in tempo reale e per quanto tempo vengono conservati i dati sulla posizione delle persone). “Questa forma altamente intrusiva di sorveglianza viene utilizzata per risolvere un problema che non esiste“, sostiene Jo Hynes, ricercatrice senior del Public Law Project. I dispositivi Gps vengono utilizzati per evitare che le persone soggette a provvedimenti di espulsione si diano alla fuga ma, secondo Hynes, nei primi sei mesi del 2022 solo l’1.3% degli immigrati scarcerati su cauzione è scappato.



[Fonte Wired.it]

Digital markets act, l’Europa ha una bella gatta da pelare

Digital markets act, l’Europa ha una bella gatta da pelare



Da Wired.it :

Da qualche giorno Facebook chiede se, per usare Messenger, gli utenti vogliono creare un profilo dedicato. Motivo? “Modifiche legislative nella tua area geografica”. Leggi Digital markets act (Dma), il regolamento europeo sui mercati digitali, che dal 7 marzo diventa legge per sei grandi piattaforme, Alphabet (la holding di Google), Amazon, Apple, Meta (che possiede Facebook, Instagram e Whatsapp), Bytedance (la casa madre di TikTok) e Microsoft, e per 22 dei loro servizi.

Cosa succede con il Dma

Identificati lo scorso settembre come gatekeeper (i guardiani), etichetta sotto cui ricadono aziende con una capitalizzazione di mercato di almeno 75 miliardi di euro, 7,5 miliardi di fatturato annuo, e almeno 45 milioni utenti attivi al mese e 100mila all’anno in ambito business, questi colossi del web sono tenuti a rispettare una serie di norme con cui Bruxelles intende controbilanciare il loro primato sul mercato. Per esempio, rendere interoperabili alcuni servizi con quelli di altri operatori. O consentire di disinstillare app già caricate di default su un dispositivo. O, ancora, condividere i dati raccolti sulla propria piattaforma con piccole e medie imprese.

Dal 7 marzo 2024 i 6 gatekeeper devono adeguare al Digital markets act 22 servizi di loro proprietà, considerati il “nucleo” (core) della loro attività. Sono TikTok, Facebook, Instagram, LinkedIn per l’area social network; Whatsapp e Messenger per la messaggistica; Youtube in quella video, Google Search sotto il campo ricerca, Chrome e Safari in ambito browser. Google, Amazon e Meta sono i servizi “core” il segmento pubblicità, Android, iOS e Windows nei sistemi operativi, mentre nel campo dell’intermediazione e dell’ecommerce si contano Google Maps, Google Play, Google Shopping, Amazon Marketplace, App store di Apple e Meta Marketplace. Al momento sono esclusi iMessage di Apple e Bing, Edge e Microsoft Advertising per il colosso di Redmond, mentre TikTok ha fatto ricorso. Le multe arrivano al 10% del fatturato mondiale annuo. E fino al 20% se l’azienda insiste nella violazione. Il raggio d’azione sembra destinato ad allargarsi: X, l’ex Twitter, e Booking, il più importante sito di prenotazione di alberghi, hanno numeri che li potrebbero far ricadere sotto la definizione di gatekeeper.

La scelta di Meta

Le big tech hanno iniziato a fare i compiti a casa. Non esiste, però, una formula unica. Nel caso di Meta, per esempio, a fine gennaio ha anticipato le notifiche degli ultimi giorni. Nel caso del colosso di Mark Zuckerberg, il Dma pone tre problemi. Primo: la connessione dei profili tra una piattaforma e l’altra, come Facebook e Instagram e Facebook e Messenger. Gli utenti potranno decidere se mantenerla, acconsentendo allo scambio di informazioni personali tra i social, o se segregare le piattaforme, creando nuovi account dedicati.

Secondo: differenze nel servizio. Nel caso di Marketplace, per esempio, dividere i profili comporterà che i contatti tra venditori e acquirenti avverrano via email e non più via Messenger, mentre nel caso di Gaming si potrà giocare solo ad alcuni videogiochi. Il senso è chiaro: se rinunci allo scambio di dati, che per Meta vuol dire una profilazione più approfondita dal punto di vista pubblicitario, devi rinunciare ad alcuni servizi. La strategia fa il paio con la nuova versione senza pubblicità di Instagram e Facebook, che prevede un abbonamento da 251,88 euro. A metà febbraio 28 organizzazioni a tutela dei diritti digitali hanno esortato il Consiglio dei garanti della privacy dell’Unione europea a esprimersi contro, onde evitare che pagare per la riservatezza dei dati personali diventi una prassi del settore.





[Fonte Wired.it]

L’anatomia distopica di Jesse Draxler

L’anatomia distopica di Jesse Draxler



Da Wired.it :

I volti scomposti in bianco e nero che vedete qui sono opera di Jesse Draxler, artista americano poco più che quarantenne. Draxler disorienta parecchio con queste sue immagini, in cui i corpi difettano di pezzi grazie a illusioni ottiche perturbanti.

Jesse Draxler è un precursore nell’applicare al suo lavoro in serie un certificato di autenticità basato su blockchain, un processo effettuato in collaborazione con la tecnologia PRNTD (qui un esempio) e che ha diversi vantaggi. È facilmente fruibile dall’utente/acquirente, permette una immediata identificazione e certificazione delle opere dell’artista, consente di inserire, in qualsiasi momento Draxler lo desideri, dei benefit per i proprietari dei suoi pezzi.

Quest’ultimo aspetto è molto interessante perché potenzia notevolmente il rapporto tra artista e collezionista, in un’interazione (anche a posteriori) impossibile con forme d’arte più tradizionali. Per chi poi bazzica il mercato dell’arte – e sa quanto nebulosa sia la situazione delle autentiche sui prodotti digitali – la tecnologia usata da Jesse Draxler garantisce la tracciabilità dell’opera anche in futuro (vale a dire che ci compra sa esattamente quanti pezzi della stessa serie sono stati prodotti e qual è la sua edizione specifica), rendendo appetibile sul mercato il pezzo d’arte digitale.

Draxler – e questo dimostra che il suo nome è forte nell’art market – ha promosso sul suo sito il volume di pregio U&I (390 dollari, a edizione limitata di 300 copie, subito sold out) e ora ha annunciato un passo ulteriore, con la creazione di una serie di “unlimited open editions” che, sfruttando la tecnologia descritta, potranno essere accessibili, per quantità e prezzo, a un pubblico decisamente più ampio. Queste edizioni (open, ma certificate grazie alla tecnologia blockchain) saranno realizzate proprio in queste settimane e la notizia ci segnala che, dopo un periodo di smarrimento dovuto allo scoppio della bolla degli NFT, c’è ancora spazio per sperimentare nuove tecnologie applicate all’arte contemporanea.

Lo stile e il percorso di Jesse Draxler

Del resto, che Draxler fosse uno da tenere d’occhio lo si era capito da tempo, anche qui in Italia: invitato nel 2022 nel museo virtuale allestito da Vanity Fair nel Metaverso in occasione della Biennale di Venezia di quell’anno, non era passato inosservato. “Il senso di disorientamento è qualcosa con cui ho convissuto per tutta la vita”, aveva detto riferendosi a una “infanzia oscura, con una confusione profonda”. Sappiamo che è cresciuto in Wisconsin, in campagna, dove il padre gestiva un’officina e le auto, i camion, i pezzi di ricambio sono stati i primi soggetti che il piccolo Jesse Draxler ha ritratto. Lui stesso ha dichiarato di essersi poi voluto staccare da quel mondo, ma è innegabile che tutta la meccanica e la logica della scomposizione in pezzi sia di ispirazione alle sue creazioni.

Anche l’uso dei grigi, dei bianchi e dei neri non è casuale: affetto da una forma di daltonismo, l’artista ha una tavolozza solo apparentemente monocorde, capace però di cogliere le tante sfumature dei cosiddetti “non colori”, come si vede dai lavori che vi proponiamo.

Da un decennio Jesse Draxler si muove con disinvoltura nel mondo digitale (è stato tra i primi a sfruttare Tumblr per diffondere le sue creazioni), maneggia bene i social (qui la sua pagina IG ) e non stupisce che abbia portato a termine diverse collaborazioni con il mondo della moda, del design, della musica e del fumetto, firmando come visual artist svariati progetti. “Sono interessato al modo in cui creiamo significati nelle nostre vite” ha detto a wired.it “e diamo senso ad alcuni oggetti, immagini, esperienze. Attraverso il mio lavoro, cerco di indagare le associazioni inconsce che determinano la nostra percezione della realtà”.





[Fonte Wired.it]

Il metaverso delle Bored Apes è un disastro

Il metaverso delle Bored Apes è un disastro



Da Wired.it :

Chi si ricorda ancora gli nft delle scimmie alias Bored Apes Yacht Club Nft? Dopo una serie di vendite importanti agli esordi, qualche problema di sicurezza e goffe compravendite, questi singolari oggetti digitali da collezione ritornano a conquistare gli onori delle cronache per via del debutto del proprio metaverso esclusivo sulla piattaforma Otherside e accessibile soltanto da chi aveva acquistato una delle immagini stile cartoon delle scimmie. Seppur in versione ancora provvisoria, lo spazio virtuale è però un mezzo disastro, considerando l’ingente cifra che ogni proprietario ha sborsato: la grafica è tutt’altro che entusiasmante e anche le attività a disposizione non sono un granché, con il picco raggiunto dai twerk in bagno.

L’evento che ha aperto le porte del metaverso delle Bored Apes (e alle varianti Mutant Apes) si è intitolato Apes Come Home ovvero le scimmie ritornano a casa e vi si poteva partecipare soltanto se si disponeva di uno degli nft della collezione con prezzi che partono da circa 65.000 euro per spingersi fino a oltre un milione per quelle più rare (ma non è chiaro quali siano i valori attuali precisi). Lo spazio virtuale era una sorta di club all’interno di una villa, con le scimmie ricreate in versione 3D con tutte le caratteristiche che differenziano l’una dall’altra. Si poteva camminare, correre, volare, sfrecciare su binari, farsi selfie e danzare in un mondo che ricorda vagamente Fortnite. Tutto qui. Non si poteva però conversare né a voce né con una chat scritta, non c’erano particolarità attività per intrattenere gli ospiti e la scena della scimmia che si scatta una foto in bagno con un’altra che twerka sullo sfondo è già diventata il simbolo di questo meh-taverso. Insomma, c’erano molte più opzioni in Second Life oltre 20 anni fa.

Certo, la piattaforma di metaverso Otherside è ancora un cantiere, ma il risultato attuale è piuttosto deludente considerando gli investimenti multi-milionari: è sviluppata da Yuga Labs (la società responsabile proprio di Bored Apes) e sono stati già venduti l’equivalente di quasi 300 milioni di euro di terreni virtuali ormai due anni fa. Sembra inoltre che potrebbero essere ospitati giochi creati dagli utenti ospiti, stile Roblox.



[Fonte Wired.it]

Sul set di Piedone Salvatore Esposito rende omaggio a Bud Spencer

Sul set di Piedone Salvatore Esposito rende omaggio a Bud Spencer



Da Wired.it :

Sul set di Piedone Salvatore Esposito rende omaggio a Bud Spencer

Eduardo Castaldo

Nessuna imitazione forzata, insomma: “Non volevamo scimmiottare nessuno, né rischiare di essere anacronistici. Le “botte alla Bud Spencer” erano un linguaggio tutto suo, oggi risulterebbe improponibile. Però il mio commissario deve lo stesso riuscire a fronteggiare nemici senza armi”. Ed ecco spiegata l’idea del wrestling: “È nata non solo perché ne sono un appassionato, ma anche perché prevede di sapersi destreggiare e difendere se attaccati. Il wrestling nella serie è un espediente per spettacolarizzare le botte attraverso un personaggio che crede nella legalità. Il suo primo obiettivo non è la vendetta, ma la giustizia”.

Sul set di Piedone Salvatore Esposito rende omaggio a Bud Spencer

Eduardo Castaldo

Conferma accanto a lui il regista Alessio Maria Federici: “Questo non è un reboot, siamo nel 2024 e lo slapstick con i pesci surgelati in faccia oggi non terrebbe, saremmo ridicoli a riproporlo. Abbiamo scelto un taglio di umanità molto stimolante, accanto alla fisicità del wrestling, che Palmieri pratica per sfogarsi come altri giocano a padel. La violenza e la rabbia non gestita che la genera sono il minimo comun denominatore della serie“. Accanto all’ispettore troviamo due personaggi chiave: l’ispettore aggiunto Michele Noviello, interpretato da Fabio Balsamo, e l’intransigente commissaria Sonia Ascarelli, capa del distaccamento di Polizia al porto di Napoli, a cui dà grinta, corpo e voce Silvia D’Amico: “Sono un capo inedito e diverso dal solito, temevo di cadere nel clichè del commissario. È stata una magia diventare Scarelli, ora spero di diventare per Esposito il suo Marco D’Amore”.



[Fonte Wired.it]

Elon Musk ha fatto causa a OpenAi

Elon Musk ha fatto causa a OpenAi



Da Wired.it :

L’imprenditore multimiliardario Elon Musk ha fatto causa a OpenAi, la casa produttrice di ChatGpt che ha contribuito a fondare nel 2015, ma da cui si è dimesso nel 2018. Nella denuncia, il capo di Tesla, SpaceX e X accusa OpenAi di non essere più un’organizzazione senza scopo di lucro progettata per favorire il progresso dell’umanità, ma una normale azienda tecnologica che cerca di guadagnare un sacco di soldi. La critica avrebbe anche senso, ma la causa, il cui scopo è ottenere un risarcimento, si basa sulla violazione di un contratto che non sembra essere mai esistito.

L’azione legale è stata depositata presso la Corte superiore della California a San Francisco, dove si trova la sede legale di Open Ai, e rappresenta l’apice di un contrasto lungo anni tra Musk, Greg Brockman e Sam Altman, rispettivamente presidente e amministratore delegato della startup. I rapporti tra Musk e gli altri due hanno cominciato a deteriorarsi nel 2017, quando Musk ha tentato di strappare il controllo di OpenAi ad Altman e agli altri fondatori, per convertirla in un’impresa commerciale in partnership con Tesla.

La rottura e le critiche

Alla fine però, l’opposizione degli altri soci ha infranto il piano di Musk, che dopo qualche mese ha presentato le dimissioni dalla no profit, sostenendo di volersi concentrare su altri progetti legati allo sviluppo di un’intelligenza artificiale di Tesla. Da allora, il miliardario sudafricano non ha risparmiato forti critiche verso OpenAi, soprattutto a causa della sua partnership con Microsoft e a seguito del rilascio di Gpt-4, il suo modello di linguaggio più potente, che, come riporta Reuters, viene indicato nella causa come il momento in cui OpenAi avrebbe violato il presunto contratto con Musk.

Tuttavia, di questo contratto non si ha traccia e quindi, scrive The Verge, non è stato allegato alla denuncia, che fa riferimento solo a un generico “accordo di fondazione, memorizzato nello statuto di OpenAi e in numerose comunicazioni scritte”, cioè in alcune mail scambiate tra Musk e gli altri fondatori della startup. Come sottolineano alcuni esperti legali sentiti da Reuters, lo statuto non è un contratto, e quello di OpenAi non ha la firma di Musk. Inoltre, le mail citate nella causa sarebbero in realtà una sola mail che “appare come una proposta e come una discussione unilaterale” ha detto Brian Quinn, professore di diritto al Boston College, “E se Musk sostiene che la singola mail sia il contratto non avrà certo la meglio nella causa”.



[Fonte Wired.it]