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3 startup italiane che stanno rivoluzionando il riciclo di apparecchi elettronici

3 startup italiane che stanno rivoluzionando il riciclo di apparecchi elettronici



Da Wired.it :

Smartphone, pc, televisori e altri dispositivi touchscreen costituiscono una fonte preziosa di materiali, ma troppo spesso finiscono bruciati nelle discariche globali, generando fiamme tossiche che mescolano metalli e plastiche con il suolo. Si stima che ci siano attualmente in circolazione 34 miliardi di tonnellate di dispositivi digitali, e i rifiuti provenienti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (raee) stanno aumentando a un ritmo tre volte superiore rispetto alla crescita della popolazione mondiale.

Questo non è un caso isolato, ma un trend evidente: la durata media dei computer è passata da 11 a soli 4 anni in tre decenni, portando ad un significativo aumento dei rifiuti elettronici. L’obsolescenza programmata è stata messa sotto i riflettori, anche grazie a una recente direttiva dell’Unione europea. Anche se i dispositivi dovessero durare più a lungo, rimangono estremamente difficili da smaltire, richiedendo un approccio innovativo e l’implementazione di nuove tecnologie. Di conseguenza, il recupero dei raee è diventato centrale nella sfida della sostenibilità. In Italia, tre startup stanno intervenendo lungo la filiera dei rifiuti elettronici per migliorare la selezione, l’estrazione e la riprogettazione degli apparecchi al fine di renderli più sostenibili.

Sfridoo, la migliore soluzione per lo scarto

Il nome dell’azienda che ha creato una piattaforma dedicata allo smaltimento degli scarti arriva dal termine sfrido. È il cascame, ciò che rimane da un processo di lavorazione. È un qualcosa che chiunque lavori in un’industria conosce. La nostra missione è guardare dove a questo materiale non viene riconosciuto il valore che merita”, spiega Marco Battaglia, ad e cofondatore di Sfridoo. La missione dell’azienda, nata nel 2017 a Bologna da tre architetti, è aiutare le imprese a valorizzare i propri materiali di scarto.

Sfridoo, che vanta già un portfolio ricco e diverse storie di successo ha creato una piattaforma in cui le aziende che devono smaltire dei rifiuti possono ricevere pareri su come farlo in maniera economica e sostenibile, ottenendo anche supporto tecnico e normativo. “Invitiamo le aziende a unirsi tra loro attraverso la creazione del cosiddetto ‘sottoprodotto’, delle materie seconde e degli avanzi di magazzino. Digitalizziamo quello che è il dato di rifiuto di un’azienda e attraverso il nostro network raggiungiamo il perfetto matching per quel materiale di scarto con la realtà più idonea per lo smaltimento. Dalla metalmeccanica all’agrifood, passando naturalmente per la valorizzazione dei rifiuti elettronici che sono un grande costo di smaltimento per ogni azienda. Come dice Battaglia: “Il nostro lavoro è sperimentare e fare ricerca: facciamo simbiosi industriale per ridare valore allo scarto”.

Hiro Robotics: tecnologia per il recupero del rifiuto elettronico

Hiro significa Human ispired by robots ed è nata dall’idea di quattro ingegneri robotici italiani, “cervelli di ritorno” da Francia e Germania. Hiro Robotics di occupa “di portare nuove tecnologie nel trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici. Nello specifico integriamo le nostre competenze fondamentali che sono AI, visione artificiale e robotica per creare nuovi impianti di trattamento dei rifiuti elettronici che rendono il business dei rifiuti un gioco a vincere. Perché ai nostri clienti, che sono i centri di trattamento dei rifiuti e i produttori di elettronica, permettiamo di rendere questo business profittevole, cosa non scontata”, spiega Davide Labolani, ad della startup.

Attraverso il sistema robotizzato dell’azienda denominato Hiro Teia, gli operatori contribuiscono allo smontaggio di tv e monitor a schermo piatto. Invece con Hiro Nisa lavorano allo smontaggio delle schede elettroniche: “Riconosciamo i componenti delle schede tramite AI per offrire al cliente una valutazione sulla convenienza del recupero dei materiali contenuti”. Inoltre, le soluzioni di Hiro impediscono che i prodotti chimici si diffondano nell’aria, in modo che gli operatori non entrino in contatto con sostanze tossiche durante lo smontaggio dei rifiuti.

Luna Geber: lo sviluppo dei green electronics

Questa startup italiana nasce come spin-off dell’Università di Perugia, ereditando trent’anni di ricerca dell’ateneo sui green electronics, cioè materiali sostenibili applicati all’elettronica e all’Internet of things (IoT). L’azienda interviene a monte della procedure di smaltimento, riprogettando i circuiti per renderli il più possibile circolari attraverso il recupero delle componenti di base. “Usiamo materiali innovativi e sostenibili, e tecnologie coerenti con la sostenibilità: ad esempio, la sostituzione di substrati che al momento sono varie tipologie di fibre di vetro con bioplastiche, oppure sostituzione di batterie, ovvero battery-free che si basano solo sull’energia ambientale”, racconta Fabio Gelati, direttore tecnico di Luna Geber Engineering.

Si parla di circuiti elettronici in carta o di batterie alimentate da energia solare che funzionano anche con una piccola quantità di luce. Nell’ambito industriale Luna Geber sviluppa soluzioni utili all’ottimizzazione del processo e dei magazzini o alla riduzione dello spreco. Nell’ambito agricolo, si occupa di monitoraggio del benessere ambientale, il cosiddetto tracking. “L’IoT si basa sul concetto di mettere sensori dappertutto e permetterà l’integrazione tra gli oggetti. Ma ciò significa anche che nei prossimi anni ci aspettiamo la realizzazione di 50 miliardi di circuiti, con il problema legato al loro smaltimento”. Certo, lo stato tecnologico attuale delle innovazioni di Luna Geber permette di agire solo su circuiti semplici e non complessi come quelli di un computer. Ma pensiamo ad esempio ai giocattoli elettronici per bambini: “Per quanto molto semplici, hanno sempre dietro un circuito elettronico che finisce nella filiera del raee. Se fosse riciclabile o addirittura totalmente compostabile, renderebbe il prodotto sicuramente sostenibile”. Sarebbe davvero un contributo importante, se pensiamo che le ultime stime parlano di 7,3 miliardi di giocattoli elettronici scartati ogni anno nel mondo.



[Fonte Wired.it]

Hpv, il ruolo chiave dei vaccini nella lotta al papilloma virus

Hpv, il ruolo chiave dei vaccini nella lotta al papilloma virus



Da Wired.it :

Dalla Lombardia, alla Puglia, passando per l’Emilia Romagna e il Lazio. In questi giorni da più parti in Italia è tempo di open day e screening contro l’Hpv, con aperture straordinarie per pap test e hpv test e vaccini. L’occasione di questa rinnovata sensibilizzazione è la ricorrenza della Giornata internazionale contro l’Hpv (HPV Awareness Day), che si celebra il 4 marzo e contro cui, informazione e prevenzione rimangono le armi più efficaci. Capaci di cambiare la storia delle infezioni e tumori correlati, come sempre più evidenze in materia dimostrano.

L’Hpv, il peso delle infezioni correlate

L’Hpv (Human Papilloma Virus, Hpv), lo ricordiamo, è un folto gruppo di diversi virus (circa 200) tipici di pelle e mucose, che si trasmettono per contatto pelle a pelle, soprattutto per via sessuale. Sono mediamente innocui, nel senso che colpiscono praticamente chiunque senza dare problemi, nella maggior parte dei casi. A preoccupare sono i casi in cui le infezioni persistenti – soprattutto di alcuni particolari sierotipi del virus – causano lesioni precancerose e tumori, cancro alla cervice, ma anche tumore del pene, dell’ano, del cavo orofaringeo, della vagina e della vulva. Quanti? Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità parliamo di circa 700 mila persone ogni anno – il 5% di tutti i tumori – la gran parte donne, colpite nella stragrande maggioranza dei casi dal cancro alla cervice. E’ contro questo big player che, in piena epidemia, veniva dichiarata guerra, con l’impegno di quasi 200 paesi ad eliminare il cancro alla cervice come problema di salute pubblica, potenziando screening, vaccinazioni e trattamenti, e fissando target da raggiungere da allora al 2030.

I tumori alla cervice uterina, la sfida all’eliminazione

Eliminare il cancro alla cervice uterina, per intendersi, significa fare in modo che la sua incidenza scenda sotto i 4 casi per 100 mila persone. Combattere l’hpv per contrastare i tumori non è una scommessa irrealistica considerando che quasi tutti i tumori alla cervice uterina sono dovuti a infezioni di lungo corso da HPV, ricordano dal National Cancer Institute (ma che il contributo del virus è elevatissimo anche per gli altri tipi di tumori correlati). E che i vaccini così come gli screening funzionano, prevenendo infezioni, lesioni cancerose e tumori, o consentendo di intercettarli precocemente. Con efficacia elevatissima. Parlando dei vaccini – in continua evoluzione dal 2006, e contro un numero sempre maggiore di ceppi, dai primi bivalenti e quadrivalenti ai nonavalenti – l’efficacia nel prevenire infezioni, condilomi (verruche genitali) tumori alla cervice uterina e i tumori anali si aggira intorno al 90% (anche superiore in alcuni casi, come sembrano suggerire le analisi più recenti sul tema, da confermare con follow-up più lunghi).

Quando vaccinare?

Ma perché l’efficacia si mantenga elevata è consigliabile – così come da indicazioni di tutte le istituzioni sanitarie – che la vaccinazione avvenga precocemente, idealmente prima dell’inizio dell’attività sessuale. L’età raccomandata dall’Oms per le vaccinazioni è nella fascia tra i 9 e i 14 anni (12 anni in Italia, per maschi e femmine). E’ dimostrato infatti – tra le ultime a farlo anche una recente review di alcuni ricercatori della Yale University pubblicata su Human Vaccines & Immunotherapeutics – che l’efficacia maggiore contro infezioni da hpv, verruche anogenitali lesioni e tumore alla cervice è maggiore quando la somministrazione avviene precocemente, sebbene si mantenga elevata anche successivamente (ma comunque in giovane età).

Non a caso infatti, accanto alla vaccinazione nell’età ideale, sono ormai raccomandate anche attività di recupero nei giovani ragazze e ragazze che non siano stati precedentemente vaccinati. In Italia il vaccino per la popolazione generale è gratuito per le ragazze fino ai 26 anni e per i ragazzi fino ai 18 anni, ma c’è chi ritiene che la gratuità dovrebbe estendersi ben oltre, fino ai 45 anni per maschi e femmine (oltre dunque le casistiche particolari già previste, come donne con lesioni precancerose). Tra i proponenti figurano Carlo Foresta, Ordinario di Endocrinologia Università degli Studi di Padova e Giancarlo Icardi, ordinario di Igiene dell’Università degli Studi di Genova, che in vista delle celebrazioni del 4 marzo invitano a una riflessione più estesa sull’utilizzo del vaccino, considerando la diffusione dell’Hpv nella popolazione, anche maschile. “Chiediamo che sia l’uomo che la donna possano beneficiare della vaccinazione gratuita fino ai 45 anni di età, comprendendo quindi in questo incremento anagrafico non solo la prevenzione delle patologie HPV-correlate, ma riducendo anche la probabilità di contrarre l’infezione da HPV e le sue conseguenze sulla fertilità e poli-abortività nelle fasce d’età più sessualmente attive in cui più frequentemente si cerca un figlio”.

Come vaccinare?

Se in Italia la Giornata mondiale contro l’Hpv è dunque occasione per nuovi appelli alla vaccinazione, agli screening e per ripensare la gratuità dell’offerta vaccinale, allargando la prospettiva, sono le politiche e le strategie vaccinali al centro della discussione. L’ufficio regionale per le immunizzazioni africano, infatti, ha appena rinnovato l’appello perché si proceda con l’adozione della vaccinazione a singola dose (e non due, come generalmente previsto per i giovanissimi). A oggi sono 16 i paesi africani che hanno abbracciato la raccomandazione di vaccinare con una singola dose contro l’Hpv, 27 quelli che lo hanno introdotto la vaccinazione nei programmi di routine.

Le discussioni sull’utilità e l’efficacia della vaccinazione monodose proseguono da un paio di anni almeno. Prima era arrivato il parere del Strategic Advisory Group of Experts on Immunization (Sage) dell’Oms, quindi gli studi della Iarc (l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro dello stesso Oms) avevano rafforzato le evidenze in materia. In particolare lo studio dello Iarc aveva osservato come la risposta immunitaria anche solo dopo una dose fosse abbastanza forte e duratura da immaginare una protezione contro le infezioni paragonabile a quella degli schemi più classici.

E’ invece proprio in questi giorni la pubblicazione sulle pagine di Lancet Global Health di una nuova analisi sull’efficacia della singola dose proveniente da due studi condotti in Africa, i primi sulla strategia monodose. Le risposte immunitarie nelle giovani ragazze dopo la somministrazione di una singola dose suggeriscono che questa sia sufficiente a fornire un’adeguata protezione. “Un programma di vaccinazione contro Hpv a dose singola potrebbe ridurre sostanzialmente costi e sfide logistiche nella distribuzione del vaccino, alleggerendo i limiti nella fornitura dei vaccini ed espandendone la diffusione e copertura globale”, concludono gli autori. Pur riconoscendo che nella pratica è probabile che le percentuali oltre il 90% osservate nelle sperimentazioni cliniche si rivedano al ribasso, considerato anche un inizio precoce dell’attività sessuale al momento della vaccinazione.



[Fonte Wired.it]

Videogame: le forze armate degli Stati Uniti cercano reclute tra i gamer

Videogame: le forze armate degli Stati Uniti cercano reclute tra i gamer



Da Wired.it :

Ti piacciono i videogame di combattimento e sparatutto come Call of Duty o Fortnite? Allora arruolati! Potrebbe essere sintetizzata così la campagna di reclutamento che l’esercito degli Stati Uniti sta mettendo in atto sul web. Al fine di ovviare al calo di personale militare degli ultimi anni, le forze armate americane – che dopo la guerra in Vietnam possono contare solo sui volontari – puntano ai gamer. Rivolgersi agli appassionati di videogiochi è una chiara strategia di marketing per provare ad attirare giovani interessati alla tecnologia e alle innovazioni sempre più presenti anche negli scenari bellici, ma alcune associazioni pacifiste protestano per l’età del target coinvolto. Persino alcuni veterani hanno criticato i metodi di reclutamento dell’esercito degli Stati Uniti fra i giovani gamer perché non etici, ma ciò non ferma la presenza nel settore videoludico delle forze armate statunitensi.

Il team esport della marina

L’avvicinamento ai giovani videogiocatori da parte dei militari americani è iniziato con la formazione di un team di esport ufficiale. Nel 2019, è nato il team Goats & Glory composto da personale della marina: 12 marinai arruolati che lavoravano come ufficiali di volo, tecnici del sonar e persino un assistente del cappellano, sono ora giocatori professionisti di Call of Duty e Rocket League. La squadra partecipa spesso a tornei nazionali e organizza visite nelle scuole, dove si cimenta anche in giochi come Mario Kart o Tekken. Nei post sui social, si vedono i membri di Goats & Glory scherzare con bambini e alunni delle scuole dove l’esercito ha organizzato degli eventi. Secondo un’inchiesta del quotidiano inglese Guardian, la marina destina annualmente il 3%-5% del suo budget di marketing alle iniziative di esport. Questo ammonta a 4,3 milioni di dollari dall’ottobre 2022 al settembre 2023, secondo le informazioni di bilancio ottenute tramite una richiesta di accesso agli atti.

Nel 2019 abbiamo fatto un’analisi approfondita di dove stavamo spendendo i nostri soldi, guardando dove si trova la prossima generazione“, ha detto il tenente Aaron Jones, capitano della squadra di esport della marina. “È qui che si trovano – continua Jones -. Che si tratti di Twitch, YouTube o Facebook Gaming, questo è ciò che amano“. Queste piattaforme, però, sono popolari tra i minorenni e l’esercito punta deliberatamente sui giochi che li attraggono. Se gli sforzi di reclutamento dell’esercito avranno successo, questi adolescenti finiranno per applicare alla guerra le abilità che hanno affinato giocando ai videogame che amano. Pilotare droni per uccidere da lontano o imbracciare un’arma potrebbe diventare il passo successivo dopo aver provato le stesse azioni tramite un joystick.

Le proteste contro l’esercito

L’esercito è già stato accusato di pratiche di reclutamento non etiche durante i suoi stream su Twitch, tra cui la censura di domande sui crimini di guerra nella sua chat e l’organizzazione di finti giveaway per attirare spettatori e possibili reclute. La deputata democratica Alexandria Ocasio-Cortez ha proposto un divieto di reclutamento su Twitch che non è stato approvato. L’esercito ha comunque smesso di trasmettere sulla piattaforma, ma il reclutamento di videogiocatori è continuato. Le squadre di esport dell’esercito e della marina organizzano tornei per alcuni dei giochi più popolari tra i giovani, tra cui Fortnite e Valorant.

L’aeronautica e la guardia costiera hanno formato squadre di esport proprie, mentre il corpo dei Marines ha stretto una collaborazione con degli influencer nel campo dei videogame. I giovani fan riferiscono di essere stati presi di mira con annunci di reclutamento che rispecchiano la grafica dei loro giochi preferiti. Ufficialmente, l’esercito americano non recluta persone di età inferiore ai 17 anni. Per reclutamento si intende il processo formale di firma di un accordo legalmente vincolante per l’arruolamento. Tuttavia, le forze armate fanno pubblicità e interagiscono direttamente con i minorenni ai fini del reclutamento militare. Inoltre, i reclutatori possono parlare ai bambini nelle scuole.



[Fonte Wired.it]

Le migliori dash cam per auto che puoi comprare nel 2024

Le migliori dash cam per auto che puoi comprare nel 2024



Da Wired.it :

(Ultimo aggiornamento: febbraio 2024)

Conosciute più comunemente con l’abbreviazione dash cam, le dashboard camera sono un accessorio che negli ultimi anni sta riscuotendo sempre maggiore successo tra gli automobilisti. Pronte ad agganciarsi in maniera salda al parabrezza, queste piccole telecamere permettono di filmare tutto ciò che avviene in strada e di salvare le registrazioni su file che possono essere condivisi in un secondo tempo su smartphone o su computer. Dotate di caratteristiche tecniche che consentono di ottenere riprese di notevole qualità sia di giorno che di notte, si adattano a una molteplicità di usi, rivelandosi tanto eccellenti compagne di viaggio per chi vuole un ricordo di una lunga cavalcata “on the road”, quanto un perfetto “testimone” in caso di dispute legali derivanti da incidenti stradali e di atti vandalici.

Come scegliere una dash cam

Il mercato delle dash cam è piuttosto vitale, e propone una discreta varietà di modelli caratterizzati da differenti soluzioni tecniche e da peculiarità che le rendono più o meno adatte a soddisfare le esigenze dei guidatori. Per questo, prima di operare una scelta, è necessario valutare alcuni aspetti tecnici e funzionali:

Numero: il primo elemento da tenere in considerazione è quante dash cam si vogliono montare all’interno della propria vettura. Oltre infatti a soluzioni monocamera, da posizionare sul cruscotto, sono disponibili kit che ne comprendono una seconda, da agganciare al lunotto posteriore per permettere una registrazione “fronte/retro” dei propri spostamenti. Un’ulteriore opzione è poi rappresentata dalle telecamere dotate di due obiettivi, uno rivolto verso l’esterno, l’altro verso l’interno, per filmare anche ciò che accade nell’abitacolo.

Caratteristiche tecniche: la qualità dei filmati registrati con le dash cam può variare sensibilmente in base alla tipologia di sensore e all’obiettivo. È importante affidarsi a soluzioni che garantiscano perlomeno una risoluzione full hd, con una buon quantitativo di fotogrammi al secondo (almeno 30) e un angolo di visuale tale da coprire una buona fetta di strada. Da tenere in seria considerazione anche le opzioni di salvataggio dei file, solitamente affidato a schede micro sd, ed eventuali integrazioni con app per smartphone, utilizzabili mediante connessione bluetooth o wi-fi.

Modalità: le dash cam non sono utili solamente durante gli spostamenti, e possono diventare una sorta di “guardiano” invisibile anche durante le soste. Alcuni modelli dispongono di modalità specifiche che, sfruttando la presenza di sensori che rilevano urti e movimenti nelle vicinanze, attivano in maniera automatica la registrazione per permettere di avere una testimonianza di eventuali danni subiti in fase di parcheggio.

Le nostre scelte

La nostra selezione delle migliori dash cam è all’insegna della duttilità, con una ventina di proposte pensate per adattarsi a qualunque tipo di esigenza. Dai modelli singoli a quelli a doppia camera, senza dimenticare quelli che consentono di effettuare registrazioni anche all’interno dell’abitacolo, non abbiamo tralasciato alcun tipo di opzione, premurandoci sempre di mantenere un rapporto qualità/prezzo di assoluto livello. Inoltre, come piccole variazioni sul tema, abbiamo anche inserito un paio di modelli progettati specificatamente per le due ruote, che consentiranno anche ai centauri di avere una testimonianza dei propri viaggi in caso di necessità.

Rimanendo in tema di accessori per auto, chi volesse affiancare alla dash cam anche uno smartphone (da utilizzare come navigatore satellitare, per esempio), potrà trovare utili suggerimenti nelle nostre carrellate dedicate ai migliori supporti per cellulare: abbiamo intercettato i migliori per la presa d’aria condizionata e per il lettore cd, i supporti a suzione e quelli da agganciare allo specchietto retrovisore o da infilare nel vano porta bicchieri. Infine, chi fosse alla ricerca di un gadget pensato prettamente per la realizzazione di filmati di viaggio da tenere come ricordo o da condividere sui social, può indirizzarsi verso le migliori action cam.




[Fonte Wired.it]

Adhd, la tecnologia può diventare un alleato prezioso

Adhd, la tecnologia può diventare un alleato prezioso



Da Wired.it :

La strategia che si basa sull’utilizzo di giochi per gestire meglio i sintomi di questo disturbo non funziona per tutti, avverte Ditzell, perché richiede sia un buon livello di autocontrollo, sia il desiderio di passare al compito successivo. Il gioco funziona per Schwartz, la cui carriera di giornalista è stimolante, ricca di ritmi, interessante e mai uguale, e anche perché lui ha capito quanti minuti giocare prima di mettersi al lavoro.

Ditzell sostiene che qualsiasi processo possa essere trasformato in un gioco, ma è fondamentale costruirci un contesto di lavoro che amiamo: “Se infondiamo un significato alla nostra vita”, dice, “ne ricaviamo energia in modo naturale”.

La tecnologia funziona

La tecnologia è utile ai soggetti Adhd non solo perché fornisce stimoli cerebrali, ma anche perché aiuta il cervello a rallentare. Pensiamo, ad esempio, ad applicazioni che guidano l’utente nella meditazione, come Calm, Headspace e Open, che promuovono il movimento e la consapevolezza. Abbiamo bisogno della tecnologia per meditare? Assolutamente no. Ma può aiutare a ottenere risultati? Assolutamente sì.

Kristen Willeumier, neuroscienziata e autrice di Biohack Your Brain conosce la scienza che sta alla base dell’aumento dell’adrenalina e della dopamina, e fa riferimento all’inizio di una partita di pallone, quando la musica è a tutto volume, le luci sono accese e tutti, sia i giocatori che gli spettatori, cercano di darsi la carica. Su scala più piccola, gli individui fanno questo creando playlist di canzoni che spingono la loro mente e il loro corpo ad attivarsi. Ma cosa succede quando abbiamo bisogno di rallentare?

“La prima cosa da fare per le persone con Adhd è prendere quello che c’è nella mente e tirarlo fuori”, spiega Willeumier, “per questo le app che richiedono di compilare elenchi di cose da fare, oppure quelle che mirano a incrementare la produttività, l’anti-distrazione e la meditazione sono tutte molto utili, ma a me piace lavorare con gli stati delle onde cerebrali”.

Le tecnologie di neuroimaging dimostrano che la meditazione aumenta la concentrazione e l’attenzione non solo per i soggetti Adhd, ma per tutti. Tuttavia, la meditazione è spesso più facile a dirsi che a farsi; e, inoltre, come facciamo a sapere se stiamo davvero meditando o se stiamo solo facendo la lista della spesa o sonnecchiando?



[Fonte Wired.it]

Nova T CrB, presto potremo vedere un’esplosione stellare a occhio nudo

Nova T CrB, presto potremo vedere un’esplosione stellare a occhio nudo



Da Wired.it :

Per gran parte del 2024, una nova che appare ogni 80 anni sarà visibile nel cielo notturno. Gli appassionati di astronomia potranno osservare un’esplosione di luce proveniente dalla stella binaria T Coronae Borealis (T CrB), che avrà la stessa magnitudine della stella polare.

Secondo la Nasa, è molto probabile che quest’anno T CrB, che si trova a tremila anni luce di distanza dalla Terra, generi di nuovo un’enorme esplosione per la prima volta dal 1946, quando il nostra pianeta si apprestava a entrare nella Guerra fredda e lo sbarco dell’uomo sulla Luna non era ancora avvenuto.

Che cos’è una nova?

Una nova è un’esplosione nucleare che si verifica intorno a una nana bianca (una stella morta e in via di raffreddamento) quando accumula abbastanza materia da un altro corpo stellare. Come per tutte le reazioni stellari, il fenomeno genera una luminosità improvvisa visibile anche dalla Terra.

Quando nel cielo appare una nova è possibile scorgere una aumento di luce nel punto in cui si è verificata l’esplosione. A seconda della magnitudine e della distanza, l’evento può essere osservato a occhio nudo o con l’aiuto di telescopi artigianali. La nova T CrB del 2024 sarà quindi visibile dalla Terra, anche se normalmente la luminosità del sistema binario non è sufficientemente forte da essere individuata.

Il fenomeno non va confuso con una supernova, esplosioni ancora più potenti che comportano la morte di una stella supermassiccia e in alcuni casi arrivano a distruggere i pianeti che la circondano o addirittura a dare origine ad altri corpi spaziali, come buchi neri e stelle di neutroni.

La nova di T Coronae Borealis

T Coronae Borealis fa parte della costellazione della Corona Boreale, che a sua volta confina con Ercole e Boote. Il sistema è composto da una nana bianca e da una gigante rossa che orbitano l’una intorno all’altra. La nova di T CrB è ricorrente: è stata scoperta formalmente per la prima volta nel 1866, ma ci sono riscontri sulla sua comparsa nella regione nel 1217 e nel 1787.

Le stelle sono abbastanza vicine che, quando la gigante rossa diventa instabile a causa dell’aumento della temperatura e della pressione e comincia a espellere i suoi strati esterni, la nana bianca accresce la materia sulla sua superficie. L’atmosfera densa e poco profonda della nana bianca finisce per scaldarsi abbastanza da innescare una reazione termonucleare incontrollata, che genera la nova che vediamo dalla Terra“, spiega la Nasa.

Quando e come vedere la nova del 2024

Gli astronomi stimano che la nova T CrB comparirà nel cielo da qui a settembre 2024. Solo quando il processo inizierà sarà possibile calcolare il momento di massima luminosità dell’esplosione. Secondo la Nasa il fenomeno visibile per qualche giorno a occhio nudo e poi con un binocolo per circa una settimana. La luce della nova si affievolirà per poi spegnersi del tutto per altri 80 anni. Per molte persone, la nova di T CrB potrebbe rappresentare un’occasione forse irripetibile per assistere con i propri occhi a un’esplosione nucleare stellare.

Come per qualsiasi altro evento astronomico simile, per godersi la nova è fondamentale scegliere un luogo con il minor inquinamento luminoso possibile.



[Fonte Wired.it]