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Le cuffie TiTum possono simulare qualsiasi altra cuffia

Le cuffie TiTum possono simulare qualsiasi altra cuffia



Da Wired.it :

Ci sono emulatori che permettono di giocare a videogiochi vecchi anche di 40 anni e ci sono le cuffie TiTum che promettono di simulare alla perfezione la resa acustica di modelli di qualsiasi marca e caratteristiche, inclusi apparecchi professionali da diverse migliaia di euro. Questi speciali gadget unici nel proprio genere sono stati progettati ad hoc per rendere semplice e automatizzato il processo. Basta infatti un tap dall’app companion da installare sullo smartphone e le cuffie potranno sfruttare uno dei profili sonori a disposizione, per garantire un ascolto il più vicino possibile a quello dei modelli di riferimento.

Il fulcro delle cuffie TiTum è un driver al berillio da 50 mm (più grande di modelli di altissima fascia) per poter coprire una gamma molto ampia e poter simulare al meglio la stragrande maggioranza delle cuffie in commercio. Con una batteria dalla lunga durata, un driver dedicato per la cancellazione attiva dei rumori di fondo (Anc) e il modulo bluetooth 5.3 con portata da 15 metri, TiTum include un convertitore dac ad alta fedeltà 24/96k pensato appositamente per audiofili e il supporto alla riproduzione audio senza perdita di qualità (hi-res loseless audio). TiTum Audio ha chiamato la tecnologia di simulazione Truly Transform proprio perché trasforma queste cuffie in qualsiasi altro modello attraverso quattro passaggi chiave che includono la risposta di frequenza e il range dinamico oltre che dettagli specifici di ogni cuffia come la risonanza riferita allo specifico spettro di frequenza e la distorsione e saturazione armonica.

Tutti questi parametri vengono emulati per garantire un’impronta acustica del tutto simile a quella degli apparecchi da simulare. Il convertitore Dac incorporato può inoltre permettere che le cuffie vengano viste come una scheda audio agganciandole via usb type-c a un computer. Sui grandi padiglioni ci sono pulsanti per controllare la riproduzione delle tracce, mentre la parte interna è pensata per chi le deve indossare per lungo tempo con tanto di rivestimento in Alcantara come gli interni di molte vetture sportive. Completano il tutto anche due modalità pensate per l’ascolto di sonoro di film in alta fedeltà e per il gioco con suono tridimensionale. Nonostante tutte queste capacità, si può ordinare su Kickstarter le cuffie a un prezzo speciale di 230 euro con consegna prevista a maggio.



[Fonte Wired.it]

Apple Car e non solo, tutti i progetti abbandonati da Cupertino negli ultimi anni

Apple Car e non solo, tutti i progetti abbandonati da Cupertino negli ultimi anni



Da Wired.it :

Negli ultimi giorni non si parla d’altro che della decisione di Apple di abbandonare il suo progetto di sviluppare un’auto a guida autonoma. La scelta, legata alla volontà della compagnia di lanciarsi nel settore dell’intelligenza artificiale generativa, ha scosso non poco gli addetti ai lavori, e non solo, anche perché solo poche settimane prima sembrava andare tutto a gonfie vele. D’altronde, il progetto dell’Apple Car – conosciuto anche come “Titan” – era in lavorazione dal lontano 2014, e aveva visto la società investire non poco nell’assunzione di dirigenti di rilievo provenienti da competitor come Ford e Tesla. Nonostante questo, sembrerebbe che Apple non ci abbia pensato due volte ad abbandonare un decennio di lavoro. Al tempo stesso, però, c’è anche da considerare che non è la prima volta che la compagnia sceglie di archiviare un progetto che potrebbe rivelarsi tutt’altro che fortunato. Ecco allora tutti i prodotti, oltre l’Apple Car, che la “Mela” ha archiviato nel corso degli anni.

AirPower

Apple Car e non solo tutti i progetti abbandonati da Cupertino negli ultimi anni

Nel 2017 la compagnia di Cupertino annunciò per la prima volta AirPower, un tappetino di ricarica wireless rivoluzionario, che prometteva di ricaricare fino a tre dispositivi in contemporanea, modulando l’intensità della carica a seconda della necessità di ognuno. Un progetto che Apple abbandonò appena due anni dopo, a causa del mancato raggiungimento degli “standard elevati” prefissati. Al suo posto, però, nel 2020 la compagnia lanciò sul mercato il MagSafe Duo, in grado di supportare la ricarica di soli due dispositivi.

Vademecum

Facciamo un salto temporale e approdiamo negli anni ‘90 per scoprire Vademecum, uno dei progetti forse meno conosciuti di Apple. Nel 1994, circa quindici anni prima del lancio dell’iPad, trapelarono in rete le immagini di quello che sembrava essere il primo tablet della compagnia, a cui si stava immaginando di aggiungere uno stilo e una fotocamera incorporata. Un precursore dell’iPad a tutti gli effetti, che la compagnia scelse di abbandonare perché all’epoca non esisteva “nessun mercato per un tablet”, come riferito dall’ex dirigente Dan Russell.

MessageSlate

La strada per arrivare all’iPad è stata lunga, e disseminata di abbandoni di progetti ambiziosi. Più o meno nello stesso periodo del Vademecum, infatti, Apple ha lavorato al MessageSlate – nome in codice Senior -, un progetto basato sul sistema operativo Newton. Una sorta di palmare che la compagnia ha scartato dai suoi progetti di sviluppo dopo dopo aver presentato la domanda per il marchio nel 1993, quando ha deciso di sostituire il MessageSlate con il MessagePad, una versione più piccola del dispositivo.

WALT



[Fonte Wired.it]

Pregabalin, cos’è l’ansiolitico che è diventato una droga letale

Pregabalin, cos’è l’ansiolitico che è diventato una droga letale



Da Wired.it :

Serve a trattare ansia, epilessia e dolore neuropatico. Si tratta dell’antiepilettico pregabalin, un farmaco che tuttavia può portare alla dipendenza. A lanciare l’ultimo allarme è stato di recente il DailyMail, secondo cui il farmaco ansiolitico, che viene prescritto a più di 8 milioni di persone inglesi, è stato collegato a più di 3 mila decessi negli ultimi 5 anni. Dati recenti, aggiunge il giornale, mostrano che il farmaco ha il numero di morti in aumento più rapido di qualsiasi altro nel Regno Unito, ed è solo dietro agli oppiacei (come l’eroina e la morfina), alla cocaina e alle benzodiazepine (come il Valium e lo Xanax) nel numero di decessi a cui è collegato. Ma di che farmaco si tratta esattamente?

A cosa serve il pregabalin

Il pregabalin, il cui principio attivo è un analogo dell’acido gamma-aminobutirrico, rientra nella categoria degli antiepilettici. È un farmaco che nell’epilessia aiuta a bloccare le convulsioni. Come riporta l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), è indicato come terapia aggiuntiva negli adulti con attacchi epilettici parziali in presenza o in assenza di generalizzazione secondaria. Nell’ansia (disturbo d’ansia generalizzato, Gad), invece, il farmaco agisce sulle sostanze chimiche che la inducono, mentre nel dolore neuropatico periferico e centrale influisce sui segnali che viaggiano attraverso il cervello e lungo la colonna vertebrale, di fatto bloccandoli. Gli effetti collaterali comuni della sua assunzione sono: mal di testa, diarrea, cambiamenti di umore, visione offuscata e problemi di memoria.

La dipendenza

Alcune persone possono diventare dipendenti dal farmaco, vale a dire, quindi, che soffrono dei sintomi di astinenza se smettono di assumerlo. “In alcuni pazienti, a seguito della sospensione di trattamenti a breve e a lungo termine con pregabalin sono stati osservati sintomi da astinenza”, precisano dall’Aifa. “Sono stati segnalati i seguenti eventi: insonnia, cefalea, nausea, ansia, diarrea, sindrome influenzale, nervosismo, depressione, dolore, convulsioni, iperidrosi e capogiri, suggestivi di dipendenza fisica. I pazienti devono essere informati di questa evenienza prima dell’inizio del trattamento”. Alcuni pazienti posso sperimentare comportamenti anomali, sbalzi d’umore e pensieri suicidi. “Una meta-analisi di studi clinici randomizzati e controllati verso placebo eseguiti con farmaci antiepilettici ha inoltre evidenziato un lieve incremento del rischio di ideazione e comportamento suicidari”, aggiungono gli esperti. “Il meccanismo di tale rischio non è noto e i dati disponibili non escludono la possibilità di un aumentato rischio durante il trattamento con pregabalin. Pertanto, i pazienti devono essere monitorati per la comparsa di segni di ideazione e comportamento suicidari e un appropriato trattamento deve essere preso in considerazione”.

In Italia

Sebbene possa essere reperito solo dietro prescrizione medica, l’Aifa riporta la segnalazione di uso improprio del medicinale. “Sono stati segnalati casi di uso improprio, abuso e dipendenza. È necessario fare attenzione in pazienti con storia di abuso di sostanze e il paziente deve essere monitorato per la possibile insorgenza di sintomi di uso improprio, abuso o dipendenza da pregabalin (sono stati segnalati casi di sviluppo di tolleranza, aumento della dose, comportamento di ricerca compulsiva del farmaco”. Inoltre, il livello di allerta per Pregabalin si sta alzando anche in Italia, dopo diversi sequestri. Reperibile tramite i canali di spaccio, il dark web, infatti, è diventato uno dei farmaci più in voga tra i giovani. Se consumato insieme all’alcol, provoca un effetto eccitante che, tuttavia, può essere fatale.



[Fonte Wired.it]

Intelligenza artificiale, serve davvero un’etica?

Intelligenza artificiale, serve davvero un’etica?



Da Wired.it :

Il problema principale dell’etica dell’intelligenza artificiale è che non serve un’etica dell’intelligenza artificiale. Almeno non per come se ne parla. Il rischio, infatti, è che si finisca per spostare sulle macchine un tema che è squisitamente umano. Come se potessimo immaginare regole e modelli per l’IA che vivano indipendentemente dal contesto nel quale l’IA agisce e che contribuisce a ridefinire. Come se parlare di etica dell’IA rendesse lecito un processo di deresponsabilizzazione, individuale e collettiva, derivante dal fatto che il peso delle scelte possa davvero essere spostato in un algoritmo di cui l’essere umano è oggetto, ma non soggetto attivo.

Con la scusa dell’etica degli algoritmi finiamo per convincerci che l’etica è negli algoritmi, dimenticando che siamo noi a dover dare un’etica a ciò che fanno gli algoritmi. Insomma: dopo lo Stato Etico ci mancavano le intelligenze artificiali etiche. Figlie di una crisi globale della politica e delle ideologie che, dopo l’antropocene, spera forse in una sorta di tecnocene per toglierle le
castagne dal fuoco. Quando Floridi sostiene che è fondamentale definire le questioni etiche che derivano dalla pervasività dell’IA ha perfettamente ragione. Ma del suo libro non basta leggere il titolo. Come fare, quindi, per costruire un modello di riferimento che sia universalmente valido? In fondo è semplice: l’etica deve fare un passo indietro o, meglio, salire di un livello.

Dobbiamo accettare che la realtà è complessa. Ciò che pare etico oggi potrebbe non sembrarlo domani, e ciò che lo è in una parte del mondo potrebbe non esserlo in un’altra. D’altro canto, ci sono culture in cui imporre alle ragazze di smettere di studiare superate le scuole elementari è considerato giusto. Non saremo certo noi, quindi, a poter decretare la sconfitta del relativismo
culturale e darla vinta a Kant. È sbagliato pensare ad un’IA “etica by design”. Abbiamo bisogno, piuttosto, di IA sostenibili. E per esserlo devono disporre di quelle caratteristiche – non etiche, ma tecniche – che rompano la “scatola nera” dell’algoritmo e consentano di controllarlo. Insomma: non IA intrinsecamente “eque”, ma IA trasparenti, che ci consentano di sapere su quali basi scelgono. IA non discriminatorie, ma anche IA che siano in grado di consentirci di attuare discriminazioni positive, quando la scelta politica e sociale è quella di favorire la parte discriminata (si pensi alle quote rosa).

Questo vuol dire poter entrare nell’algoritmo, poterne definire i parametri, decidere come farlo lavorare ed avere visibilità su come ha operato. La discussione, quindi, non è sull’etica dell’IA, ma su quali caratteristiche tecniche debba avere l’IA per consentirci di usarla in modo etico. Tra queste, il Manifesto per la Sostenibilità dell’IA, della Fondazione per la Sostenibilità Digitale,
identifica fattori come trasparenza, privacy, sicurezza, revoca, riconoscibilità, portabilità, interoperabilità. In un G7 che sarà giocato in buona parte su questi temi non dovremmo cercare improbabili equilibri globali su cosa è buono e cosa è cattivo, ma applicare criteri di sostenibilità economica e sociale all’intelligenza artificiale. Per farlo possiamo lavorare su quei princìpi che – benché perfettibili – sono stati già codificati in Agenda 2030, e che oggi possiamo sfruttare come orientamento comune per identificare quali criteri dovranno essere rispettati dai grandi attori che stanno sviluppando sistemi basati sull’IA.

Si pensi alle grandi scelte che la vedranno coinvolta. Dalla priorità per un trapianto alla classifica di un concorso pubblico, l’IA del Vaticano dovrà poter ragionare in maniera diversa da quella di Mosca, così come dovranno fare quella dello Stato italiano e quella di Kabul. A modelli culturali diversi devono poter corrispondere modelli etici diversi, ma per renderlo possibile servono princìpi tecnici comuni. Non abbiamo bisogno di intelligenze artificiali che scelgano per noi cosa è giusto o cosa è sbagliato, ma di strumenti che ci aiutino a capirlo.



[Fonte Wired.it]

Dune: Parte 2, lo strabiliante successo al botteghino

Dune: Parte 2, lo strabiliante successo al botteghino



Da Wired.it :

La spezia di Dune: Parte 2 sembra esercitare i suoi straordinari poteri ipnotici non solo su Arrakis, ma anche sul pianeta Terra. Il sequel della saga fantascientifica diretta da Denis Villeneuve e tratta dai romanzi cult di Frank Herbert ha infatti appena fatto il suo debutto nelle sale di tutto il mondo e già si sta piazzando in cima alla lista dei titoli più visti non solo di questi giorni, ma anche dell’anno. Questa seconda pellicola, infatti, ha superato gli 81,5 milioni di dollari d’incasso negli Stati Uniti, il più alto risultato da quando il film concerto di Taylor Swift The Eras Tour aveva accumulato 93 milioni di dollari lo scorso ottobre nel suo primo weekend di uscita. Il risultato è eclatante anche all’estero, con 97 milioni di dollari guadagnati al botteghino internazionale (in Italia è stato visto per un valore di 3,7 milioni di euro).

Solo nei suoi primi giorni di permanenza in sala, dunque, l’epica avventura con protagonisti Timothée Chalamet e Zendaya ha messo insieme la cifra record di 178 milioni di dollari, un risultato che fa tirare un sospiro di sollievo ai cinema, soprattutto americani, sempre desiderosi di un blockbuster. Ed è un risultato ancora più eclatante se si pensa che il primo Dune, uscito nel 2021, aveva portato a casa all’uscita 41 milioni di dollari, una cifra comunque importante considerato l’allora condizione pandemica e il fatto che Warner Bros. avesse deciso di far debuttare il titolo in contemporanea anche sulla piattaforma streaming Max (che allora si chiamava ancora Hbo Max).

L’exploit di questa Parte 2 conferma la solidità delle grandi saghe al botteghino e rinfocola i rumor su una possibile continuazione del franchise da parte di Villeneuve, che da tempo dichiara di avere già idee per un terzo film. Ma come mai questo Dune: Parte 2 ha così successo? I commentatori sono particolarmente colpiti dal poderoso impianto scenico ed estetico che il regista ha infuso alla storia, rinnovando una trama già epica con un’impostazione magniloquente ma anche tematicamente profonda; molti, poi, apprezzano che, nonostante ci siano tutti gli elementi della fantascienza più pura (dalle creature mostruose alle battaglie con astronavi), molta della forza del film si basi sulla vulnerabilità e anche la contraddittorietà dei propri personaggi umani. La corsa di Dune, insomma, è appena iniziata ma sembra non volersi fermare mai, come quella dei vermoni della sabbia che popolano le sue scene.



[Fonte Wired.it]

6 webtoon coreani da non perdere

6 webtoon coreani da non perdere



Da Wired.it :

Sono manwha (fumetti coreani) nati sul web, pensati per una generazione che legge sui cellulari, scrollando senza soste dall’alto verso il basso. Sono esplosi in tutto il mondo, conquistando prima il pubblico asiatico (Giappone in primis), e poi quello occidentale. E il governo sudcoreano ci crede moltissimo. Il boom dei webtoon è inarrestabile, anche in Italia.

Il fenomeno ha ormai dimensioni enormi sia dal punto di vista culturale, sia economico. Il mercato valeva infatti 1,9 miliardi di dollari nel 2023, con un valore delle esportazioni pari a 100 milioni di dollari. Quest’anno il governo sudcoreano ha annunciato un piano per supportare l’industria, organizzando un festival nell’autunno, stanziando misure ad hoc per i fumetti online, e creando la prima scuola dedicata a formare le giovani leve di autori. L’obiettivo è ambizioso: far crescere il fatturato del settore a 2,9 miliardi di dollari entro il 2027, e le esportazioni a 250 milioni.

Nel frattempo, i webtoon stanno godendo di successo anche in Italia, forti di piattaforme digitali apposite come Jundo Comics e Tacotoon. E per i lettori tradizionali? Per chi è ancora affezionato alla carta stampata, non mancano le edizioni tradizionali dei manwha coreani nati sul digital, ovviamente in formato adattato per le tavole dei volumetti da libreria e fumetteria. Ecco alcuni dei migliori e delle novità più interessanti disponibili anche in Italia.



[Fonte Wired.it]