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Ecuador, la minaccia degli attacchi informatici sulle elezioni
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Ecuador, la minaccia degli attacchi informatici sulle elezioni | Wired Italia



Da Wired.it :

Il primo turno delle elezioni presidenziali in Ecuador, che domenica 20 agosto ha portato al voto circa l’82% dei cittadini del paese, è stato vinto dalla candidata di sinistra Luisa Gonzales, che si ispira all’ex presidente Rafael Correa. Al secondo turno di ottobre Gonzales si scontrerà con il figlio di un noto imprenditore del paese, Daniel Noboa.

Il candidato che uscirà vincitore dal ballottaggio rimarrà in carica per i diciotto mesi restanti del mandato dell’ex presidente Guillermo Lasso, che lo scorso maggio aveva sciolto il parlamento e contestualmente posto fine al suo incarico. Le elezioni anticipate si sono svolte in un clima di scontri e violenza politica, culminati lo scorso 12 agosto con l’omicidio del giornalista e candidato alla presidenza Fernando Villavicencio, noto per le sue posizioni contro la corruzione.

Al suo posto al primo turno si è presentato il giornalista investigativo Christian Zurita, amico e collega di Villavicencio, che ha votato nel suo seggio di appartenenza scortato da dozzine di agenti speciali e indossando un giubbotto antiproiettile e un casco. Le autorità hanno dispiegato più di 100mila tra poliziotti e soldati per proteggere il voto dei cittadini che si recavano alle urne. Il comandante generale della polizia nazionale ha dichiarato alla stampa un arresto per voto falso, due per molestie e resistenza al fermo e più di venti per porto illegale di armi.

Ma anche se, al di là dei casi citati, non sono stati registrati particolari incidenti ai seggi, le operazioni di voto sono state ostacolate da una minaccia di natura diversa. Per permettere ai più di 400mila ecuadoriani all’estero di votare, il governo ha istituito una piattaforma online (nel paese, il voto per i cittadini tra i 18 e i 64 anni è infatti obbligatorio, pena un’ammenda di 45 dollari). Come riportato dall’agenzia Reuters, che ha raccolto le parole del capo del consiglio elettorale nazionale Diana Atamaint, la pagina web della piattaforma ha subìto numerosi attacchi informatici, che però non avrebbero minato l’integrità del processo elettorale. Nella serata di domenica sera, più di un candidato aveva denunciato la presenza di alcuni problemi alla piattaforma, soprattutto relativi alla lentezza nell’accesso alla pagina web.

Secondo le autorità nazionali gli attacchi sono stati lanciati da diversi paesi, tra i quali India, Bangladesh, Pakistan, Russia, Ucraina, Indonesia e Cina, impedendo a migliaia di elettori di registrarsi e accedere al sistema. Anche il sito web ufficiale del Consiglio elettorale nazionale sembrava essere inattivo domenica, riportando agli utenti un messaggio di “errore”.

Secondo documenti di intelligence consultati dal Washington Post, le credenziali per accedere al sistema elettorale sono state vendute sul dark web: sempre secondo le autorità, i criminali avrebbero reso disponibile online uno strumento che poteva essere utilizzato con facilità per attaccare la piattaforma di voto governativa. Per ora non si conoscono ulteriori informazioni e dettagli in merito all’accaduto.



[Fonte Wired.it]

Android, perché non dovreste assolutamente scaricare file apk
| Wired Italia

Android, perché non dovreste assolutamente scaricare file apk | Wired Italia



Da Wired.it :

Su Android c’è un nuovo pericolo di sicurezza particolarmente infido in grado di bypassare le difese degli antimalware e antivirus per installare software malevoli. Il fulcro del sistema sfruttato dai cybercriminali è una compressione ad hoc del file apk, che riesce a eludere le protezioni mettendo a repentaglio i dati sensibili personali. Di seguito vi spieghiamo come funziona questa minaccia e come difendersi in modo efficace.

A raccontare nel dettaglio il nuovo metodo è stato Zimperium, membro della App Defence Alliance, il consorzio dedito all’identificazione e lotta ai malware e altri pericoli informatici in ambiente Android. L’analisi si è concentrata su un folto gruppo di app disponibili non sul Play Store – il negozio ufficiale di Google – quanto sui tanti mercati paralleli. Si tratta di file in formato apk ovvero con tutti i componenti necessari a installare un gioco o un software sullo smartphone, per vie traverse. Nonostante sia ampiamente noto che questa procedura può arrecare gravi danni, moltissimi utenti continuano a metterla in pratica per accedere illecitamente a app altrimenti a pagamento oppure per software non autorizzati da Google.

L’elevato tasso di elusività di questi 3300 file malevoli è dovuto a uno speciale algoritmo non standard di compressione del pacchetto, che resiste in modo estremamente efficace alla decompilazione degli antimalware e antivirus più comuni. Per rallentare le scansioni e analisi di sicurezza, inoltre, vengono utilizzati altri stratagemmi come la scelta di nomi file che superano i 256 byte oppure la corruzione di alcuni file di sistema, che rendono più difficile trovare gli apk memoria interna. Come fare per difendersi? Il primo passo è appunto quello di evitare del tutto di scaricare file apk sul proprio smartphone Android, anche dai portali conosciuti e considerati (a torto) sicuri. Di default, Google imposta come non autorizzata l’installazione di software da fonti sconosciute ed è bene non modificare questo parametro: meglio spendere qualche euro per un’app a pagamento invece che mettere a repentaglio i propri dati. In seconda battuta, è sempre consigliabile installare antivirus e antimalware: gli sviluppatori sono già al lavoro per aggiornarli ai nuovi pericoli, compresi quelli ancora non supportati.



[Fonte Wired.it]

Ghiacciai, in Italia si stanno sciogliendo sempre più velocemente
| Wired Italia

Ghiacciai, in Italia si stanno sciogliendo sempre più velocemente | Wired Italia



Da Wired.it :

La crisi climatica sta condannando i ghiacciai italiani a scomparire. Il primo a lasciarci, tra il 1999 e il 2000, è stato quello abruzzese del Calderone, sul Gran Sasso, separatosi in due parti più piccole e diventato un semplice sistema glaciale. A venti anni da questo evento la situazione è peggiorata e i ghiacciai italiani sono quelli che stanno fondendo più rapidamente in tutto l’arco alpino, essendosi già ridotti del 13% negli ultimi dieci anni e a rischio di perdere un ulteriore 50% di massa entro il 2050.

Cosa dice la scienza

Che la responsabilità sia della crisi climatica e del riscaldamento globale è ormai sancito dai dati sempre più spesso. Per esempio, uno studio pubblicato a giugno 2023 sulla rivista scientifica ScienceDirect ha confermato come la crisi climatica sia stata responsabile del disastro della Marmolada del 2022, che ha provocato la morte di 11 persone. In quel caso, la valanga è stata innescata dalle temperature superiori a 11 gradi ad alta quota, che hanno causato l’accumulo una quantità eccezionale di acqua di fusione in un crepaccio.

E se i dati non dovessero bastare, si può procedere all’osservazione empirica, grazie al sito Sulle tracce dei ghiacciai, dove i ricercatori hanno raccolto centinaia e centinaia di fotografie dei principali ghiacciai italiani, scattate a 50 o 100 anni di distanza. Nella maggior parte dei casi il panorama ritratto è praticamente irriconoscibile e dove un tempo si trovavano vie di ghiaccio attraversabili a piedi, oggi si trovano dei profondi canyon.

I numeri

In totale i ghiacciai alpini italiani si sono ridotti del 30% in 60 anni, di cui il 13% solo negli ultimi dieci, riporta il Nuovo catasto dei ghiacciai italiani, curato dal Comitato glaciologico italiano in collaborazione con l’università di Milano e il Consiglio nazionale delle ricerche. Si tratta quindi di un fenomeno che sta accelerando e che ha portato alla scomparsa di circa 200 chilometri quadrati di superficie glaciale, pari alla superficie del lago Maggiore.

Oltre alla crisi climatica, l’esposizione a sud, le dimensioni e l’inquinamento sono i fattori che hanno innescato la più rapida fusione dei ghiacciai alpini italiani. In particolare 8 ghiacciai su 10, dei 903 totali, sono considerati piccoli, perché di dimensioni inferiori ai 500mila metri quadrati e quindi resistono meno all’aumento delle temperature. In più, i depositi di particolato dovuti a emissioni e incendi causano il fenomeno chiamato darkening, cioè oscuramento, che aumenta la quantità di calore immagazzinata.

L’estate del 2023

Così, per alcuni ghiacciai, l’insieme di queste caratteristiche ne hanno aumentato la fusione molto al di sopra della media, come nel caso del ghiacciaio del Careser, in Trentino, diminuito dell’86% in 86 anni. Mentre gli altri che ancora resistono devono comunque affrontare temperature sempre più alte che, come riporta Ansa, hanno già portato tutti i ghiacciai italiani sopra lo zero termico per settimane durante l’estate del 2023.

E l’attuale andamento della crisi climatica non fa sperare in un’inversione di tendenza. Secondo uno studio del 2019, sperando in uno scenario emissivo ottimistico e quindi con una diffusa decarbonizzazione e la crescita delle temperature tenuta sotto 1,5 gradi, entro il 2100 potremmo avere ancora il 36% della massa glaciale alpina presente nel 2017, mentre in uno scenario ad alte emissioni la perdita di massa dovrebbe arrivare al 94% entro la fine del secolo.

A livello globale, invece, secondo l’ultimo rapporto del Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc), la massa di tutti i ghiacciai del pianeta Terra dovrebbero ridursi tra il 25% e il 50%. Un evento che non ha precedenti negli ultimi 2.000 anni e che cancellerebbe per sempre tra i 49% e l’83% di tutti i ghiacciai a oggi esistenti.



[Fonte Wired.it]

Migranti, l’accoglienza è a un punto di non ritorno. E la colpa è delle politiche di destra
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Migranti, l’accoglienza è a un punto di non ritorno. E la colpa è delle politiche di destra | Wired Italia



Da Wired.it :

L’accoglienza dei migranti è la prima urgenza umanitaria, logistica e di sicurezza. E il nostro sistema nazionale non regge perché ormai da alcuni anni è stato letteralmente smantellato il fronte che prometteva di rispondere meglio e con più elasticità ai picchi di arrivi: il sistema ex Sprar ed ex Siproimi, da qualche tempo ribattezzato Sai-Sistema di accoglienza e integrazione, che ormai dal 2019 – con l’entrata in vigore del primo, famigerato decreto dell’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini – è destinato sostanzialmente solo ai titolari di protezione internazionale e i minori stranieri non accompagnati, anche non richiedenti asilo.

In passato ci si era investito molto sullo Sprar, a partire dal 2014 come spiega Internazionale in un vecchio ma sempre utile approfondimento, perché “dotato di un meccanismo di controllo e coordinamento nazionale che evitava anomalie e la penetrazione della criminalità”. Insomma, è un network diffuso del quale i comuni non sono vittime ma protagonisti e che garantisce più controlli e un percorso di integrazione più efficace, cosiddetto di secondo livello.

La questione Cas

Da qualche anno il meccanismo pensato per essere straordinario e di primo accesso, i Cas cioè i centri di accoglienza straordinaria e altre strutture simili di primo livello che cambiano nomi e acronimi ma nella sono nella sostanza la stessa cosa, è invece divenuto il principale “non luogo” dell’accoglienza anche a lungo termine. I Cas accolgono oltre il 70% dei migranti in Italia nelle più diverse condizioni. Sono, se vogliamo, il lato “privato” del sistema, quello che a parole da anni si vorrebbe eliminare perché alimenta un “business” ingiustificato su cui la politica ha molto speculato ma che in realtà continua a costituire l’ossatura dell’accoglienza all’italiana. E che ora colleziona fra l’altro bandi deserti e seri problemi nel reperimento di posti letto e di strutture adeguate, tanto che i sindaci sono costretti ad alloggiare le persone negli hotel a tariffe di mercato come è appena accaduto a Bologna.

I Cas sono i centri individuati dalle prefetture, come spiega Open Migration, “in convenzione con cooperative, associazioni e strutture alberghiere, secondo le procedure di affidamento dei contratti pubblici, sentito l’ente locale nel cui territorio la struttura è situata. La permanenza dovrebbe essere limitata al tempo strettamente necessario al trasferimento del richiedente nelle strutture seconda accoglienza”. Strutture di seconda accoglienza, quelle della rete Sai, che dal 2020 possono di nuovo accogliere chi sia in attesa dell’esito della pratica anche se con servizi diversi, più essenziali, in una suddivisione che sarebbe troppo complesso spiegare ma che nella sostanza rende inefficace questa nuova apertura dell’ex Sprar seguita alle chiusure salviniane del 2018.

Cara e Cpr

Per i richiedenti asilo ci sarebbero anche i Cara, centri di accoglienza per richiedenti asilo, che sono pochi e anche quelli in pessime condizioni, non dissimili dai Cas o dai Cpr di cui diremo fra poco, e finiti spesso al centro di indagini, scandali o fatti molto gravi come i disordini del 2011 al cara di Bari Palese. Qui L’Essenziale ripercorre tutte le anomalie di un arcipelago di para-ospitalità a tratti incomprensibile e nel quale trovano spazio scandali, violenze e corruzione diffusa.



[Fonte Wired.it]

Migranti, il governo non sa come gestirli
| Wired Italia

Migranti, il governo non sa come gestirli | Wired Italia



Da Wired.it :

Con una media di 700 persone migranti sbarcate in Italia ogni giorno, per tutta l’estate, il governo Meloni si è trovato costretto ad agire. Non con il fantomatico blocco navale o fermando le partenze, ma chiedendo prima aiuto alle ong, come Sea Watch, per effettuare i salvataggi in mare e poi cambiando i criteri per distribuire le persone appena sbarcate nei centri di accoglienza delle varie regioni italiane.

I flussi migratori in Italia

Insomma, dopo quasi un anno con la destra al governo le migrazioni dirette verso l’Italia non sono state fermate, continuano anzi ad aumentare e a essere necessarie per il paese. Un esempio è il via libera all’ingresso di 40mila persone extracomunitarie per la raccolta delle mele e della vendemmia, stabilito con il decreto della presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni emanato il 19 luglio 2023.

Un altro esempio, come riporta Il Foglio, sono le sempre più frequenti richieste fatte dal governo Meloni alle ong per la ricerca e il soccorso in mare, come Sea Watch o Mediterranea, per intervenire in aiuto di imbarcazioni in difficoltà arrivate nelle zone di competenza italiana. Le stesse a cui ha cercato di mettere i bastoni tra le ruote con il decreto Cutro. Ora chiede aiuto e le ong rispondono, con azioni necessarie per salvare vite umane in pericolo, a cui però i politici del governo non danno rilievo, tanto da aver smesso per la prima volta di parlare di migrazioni, come nel caso del ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, come segnalato da Pagella Politica.

E se l’assenza dei tantissimi tweet di Salvini fanno forse sembrare che i migranti non siano più una priorità per la politica italiana, i dati e le azioni del governo mostrano il contrario. In base a quanto riporta il ministero dell’Interno, le persone migranti accolte in Italia sono circa 133mila, di cui la maggior parte è stata ricollocata in Lombardia, con il 13% del totale pari a quasi 17mila individui, poi in Emilia Romagna, con più di 12 mila persone, in Sicilia, con quasi 12mila, e in Piemonte, con 11mila.

Le nuove regole sulla distribuzione dei migranti

Numeri che derivano dalle regole sull’accoglienza usate fino a questo momento, in base alle quali la distribuzione sul territorio delle persone migranti doveva avvenire tenendo conto della popolazione di ogni regione, del Pil e dalla quantità di persone già ospitate, motivo per cui le regioni più popolose e più ricche ospitano attualmente più migranti. Ma per reagire alla nuova e più consistente ondata di flussi migratori, il governo Meloni ha aggiunto alle vecchie regole anche il criterio dell’estensione territoriale.



[Fonte Wired.it]

74 dall’inizio dell’anno
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74 dall’inizio dell’anno | Wired Italia



Da Wired.it :

Sono 74 le donne uccise in Italia dall’inizio del 2023 al 14 agosto, il 5% in meno rispetto allo stesso periodo del 2022, quando il dato si attestava a 78. È quanto emerge dal report settimanale sugli omicidi volontari, pubblicato dal ministero dell’Interno, che permette di fare il punto sulla situazione della violenza di genere nel nostro paese. Il report è realizzato dalla direzione centrale della polizia criminale del dipartimento della pubblica sicurezza. In tutto, gli omicidi commessi in questo lasso di tempo sono 205. Delle 74 vittime di genere femminile dal 1 gennaio di quest’anno, 59 sono state uccise da un familiare o di un componente della cerchia affettiva. Di queste sono 36 quelle ammazzate dal proprio partner o ex.

Nello stesso periodo del 2022, le donne uccise in ambito familiare erano 68, (dato in calo del 13% nel 2023), mentre quelle ammazzate dal proprio partner o ex erano 41, numero che quest’anno ha visto una diminuzione del 12%. Il contrasto ai femminicidi e, più in generale, alla violenza di genere è oggetto del disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri che ha l’obiettivo di inasprire le misure cautelari nei confronti di chi commette questi reati, il pacchetto denominato Codice rosso, e prevede anche l’utilizzo del braccialetto elettronico, l’arresto in flagranza differita e punta sulla formazione specifica per il personale che si deve occupare di questi casi di violenza.

Il provvedimento è in fase di valutazione da parte della Commissione giustizia della Camera. Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia, reputa che l’iter per trasformare la proposta in legge potrebbe concludersi entro Natale. Chiara Braga, capogruppo del Partito democratico alla Camera, ha fatto sapere in un’intervista a Repubblica che l’opposizione è pronta alla collaborazione a patto che il disegno di legge non preveda “misure spot”, ma un serio impegno al contrasto ai femminicidi e alla violenza di genere.



[Fonte Wired.it]