Seleziona una pagina
Zaki, l’Italia non deve lasciare che l’Egitto usi la libertà di Patrick per dare un colpo di spugna su Regeni
| Wired Italia

Zaki, l’Italia non deve lasciare che l’Egitto usi la libertà di Patrick per dare un colpo di spugna su Regeni | Wired Italia



Da Wired.it :

Dopo il memorandum con il presidente tunisino Kais Saied spacciato come un “modello per costruire nuove relazioni con i vicini del NordafricaGiorgia Meloni potrà avere la tentazione di applicarlo immediatamente anche all’Egitto del presidente Abdel Fattah al Sisi, dittatore conclamato da anni di orrori. La sacrosanta grazia concessa dal presidente egiziano a Patrick Zaki, accusato d’altronde di un reato inesistente – parliamo di alcuni post sui social – offre infatti la sponda alla premier e al leader egiziano per archiviare il lungo gelo seguito al rapimento, al pestaggio e alla morte del ricercatore Giulio Regeni. Una fase di tensioni e spinosi rapporti diplomatici durata quasi sette anni che ora sta per concludersi, con buona pace di tutto ciò che il regime del Cairo non ha fatto da quel 25 gennaio 2016.

Certo, dal governo – e in ultimo con le dichiarazioni del ministro degli esteri Antonio Tajani, “nessun baratto per la grazia a Zaki, su Regeni continueremo a chiedere la verità” – continuano a spiegare che “il dossier Regeni resta una priorità”, come riporta anche Repubblica. Ma il tempo passa, la memoria si indebolisce e al Sisi ha pensato di cogliere il momento giusto per cercare di rifarsi l’impresentabile immagine. Proprio come il collega tunisino Saied. Lo sta facendo mollando appena le briglie, visto che con Zaki ha graziato anche Mohamed al-Baqer, l’avvocato di Alaa Abdel Fattah, il più noto prigioniero politico egiziano. E tentando di dare l’idea che il Dialogo nazionale egiziano, un percorso di incontri fra esponenti della politica, della cultura e della società del paese lanciato a maggio, stia dando qualche reale frutto. In realtà il raggio d’azione di quel simposio che dovrebbe immaginare l’Egitto del futuro è in gran parte imbrigliato alle direttive del militare salito al potere con un colpo di Stato nel 2013.

Se dunque da mesi le relazioni sono riprese – verrebbe da dire con un lugubre gioco di parole – a pieno regime, e come con la Tunisia si intensificheranno in termini di contrasto ai flussi migratori e di sostegno alimentare, la tentazione del governo egiziano può essere quella di usare la grazia a Zaki, follemente condannato a tre anni, per dare un colpo di spugna sull’indagine e soprattutto sul processo italiano per la morte di Regeni. Non dobbiamo consentire che al Sisi utilizzi la vita di Zaki, che peraltro ha calpestato con un processo che, in un mondo giusto, non si sarebbe mai dovuto verificare, come merce di scambio per la morte di Regeni.

Il processo per la morte di Regeni, va ricordato, è stato bloccato un anno fa dalla Cassazione proprio perché non si conoscono i recapiti dei quattro agenti della National security, il servizio segreto civile egiziano, imputati per le torture e l’uccisione del 28enne. Le rogatorie internazionali sono rimaste per anni, e ancora fino a oggi, senza risposta. Quattro persone formalmente “irreperibili” in un impunito depistaggio di Stato che cavalca ovviamente a proprio vantaggio le garanzie processuali di un paese democratico. Di fatto, senza un intervento normativo che consenta di proseguire in contumacia e senza notifiche, è lo stesso governo italiano che ha scelto di seppellire quel dibattimento, rinunciando a un evidentemente a proprio avviso infruttuoso muro contro muro.

Gli striscioni appesi ai palazzi comunali italiani si contano ormai sulle dita di una mano, così come i braccialetti gialli ai polsi degli italiani. Il processo, come visto, non ha futuro. Formalmente il caso Regeni rimane nell’agenda della nostra politica nazionale, ma il governo italiano non deve consentire ad al Sisi alcun “baratto” diplomatico: Zaki torni in Italia ma su Regeni cali il silenzio. Occorre evitare che l’operazione si trasformi in uno spregevole do ut des sulla pelle di due giovani attivisti e ricercatori legati al nostro paese e delle loro famiglie. Uno lo abbiamo riportato nella sua nuova casa, per l’altro rischiamo di non avere più giustizia né verità.



[Fonte Wired.it]

Assassinio a Venezia, tutto quello che sappiamo sul nuovo film
| Wired Italia

Assassinio a Venezia, tutto quello che sappiamo sul nuovo film | Wired Italia



Da Wired.it :

Uscirà a fine estate Assassinio a Venezia: così s’intitola, in italiano, il nuovo film diretto e interpretato da Kenneth Branagh, A Haunting in Venice, che continua la serie di suoi adattamenti dalle opere di Agatha Christie. Dopo il successo dei precedenti capitoli, Assassinio sull’Orient Express del 2017 e Assassinio sul Nilo del 2022, si procede con un altro giallo, che questa volta fonderà i toni del mystery con altri più cupi e grotteschi. Branagh tornerà dunque a vestire i panni dell’investigatore belga Hercule Poirot e a dirigere un cast stellare, con una sceneggiatura ancora una volta di Michael Green e la colonna sonora di Hildur Guđnadóttir, la stessa compositrice di Joker.

Da cosa è tratto Assassinio a Venezia?

A differenza dei precedenti film tratti da capolavori notissimi di Christie, Assassinio a Venezia sarà tratto da una novella o romanzo breve della scrittrice intitolato Poirot e la strage degli innocenti, in originale Hallowe’en Party: tra le sue opere meno conosciute, è comunque una sperimentazione egregia che fonde poliziesco e gotico. Steve Asbell di 20th Century Studios, che produce il film, promette “un cambio di tono e genere piuttosto audace”, mentre lo steso Branagh dice che “adattare un racconto complesso e misconosciuto ambientato in una città incantevole è una grande opportunità per noi come filmmaker”.

Di cosa parla Assassinio a Venezia?

Assassinio a Venezia è ambientato appunto nella città lagunare dopo la seconda guerra mondiale, dominata dunque da un’atmosfera lugubre e inquietante. Nel giorno di Halloween, appunto, Hercule Poirot, che sta vivendo in un autoesilio proprio a Venezia, viene invitato a una seduta spiritica che si tiene in uno dei più meravigliosi ma anche fatiscenti palazzi veneziani. Ma quando uno degli ospiti viene misteriosamente ucciso, il detective con i baffetti dovrà ancora una volta sfoggiare tutto il suo intuito per navigare tra le ombre e i segreti degli altri partecipanti fino a determinare il vero assassino.

Chi c’è nel cast di Assassinio a Venezia?

Oltre alla produzione imponente e al carisma di Branagh, ancora una volta questo adattamento fa affidamento a un cast di stelle (nei precedenti film avevano partecipato nomi come Michelle Pfeiffer, Johnny Depp, Penélope Cruz, Gal Gadot ecc.). In questa nuova pellicola vedremo l’attrice premio Oscar Michelle Yeoh, il Jaime Dornan di 50 sfumature e Belfast, la comica americana Tina Fey, Camille Cottin vista nell’originale francese di Call My Agent e Kelly Reilly protagonista di Yellowstone. Ma ci sarà anche una rappresentanza italiana con Riccardo Scamarcio, chiamato a interpretare il personaggio evidente “nostrano” di Vitale Portfoglio.



[Fonte Wired.it]

Clima, la crisi sta devastando l’agricoltura italiana
| Wired Italia

Clima, la crisi sta devastando l’agricoltura italiana | Wired Italia



Da Wired.it :

Mentre c’è chi ancora nega la crisi del clima, contro ogni evidenza scientifica, la Coldiretti ha lanciato l’allarme sui suoi effetti negativi per l’agricoltura italiana. I vari eventi climatici estremi che hanno colpito l’Italia, come l’alluvione in Emilia Romagna e l’attuale ondata di caldo estremo, hanno sconvolto le campagne, abbattendo la produzione di frutta, verdura, latte e miele.

Per alcuni esseri umani, le temperature record raggiunte tra giugno e luglio 2023 sarebbero assolutamente normali, perché è estate e si suppone che faccia caldo. Non sono della stessa opinione le mucche da latte che producono meno latte del solito, perché stressate dalla stessa afa che ha fatto smettere di volare le api.

È quando riporta in un gramo scenario il rapporto speciale sugli effetti della crisi del clima sulla filiera agricola, prodotto da Coldiretti in occasione della sua assemblea nazionale. Secondo il monitoraggio il caldo torrido sta bruciando frutta e verdura nei campi, con ustioni che provocano perdite dall’uva ai meloni, dalle angurie alle albicocche, dai pomodori alle melanzane”.

Produzioni a rischio

Più nel dettaglio, fino a questo momento, l’effetto combinato delle alluvioni e del caldo estremo ha ridotto del 70% la produzione di miele, del 60% quella di ciliegie, del 10% quella di grano e del 10% la produzione di latte. Ma gli effetti potrebbero essere anche peggiori verso la fine dell’estate, dato che il caldo anomalo sta ostacolando anche le operazioni agronomiche e di raccolta, sospese nelle ore più afose per tutelare la salute delle persone.

Coldiretti ha rimarcato una situazione particolarmente grave per le api, che non riescono a uscire dalle arnie per raccogliere nettare e polline, e per le mucche, dove il consumo energetico è alle stelle per refrigerare gli animali, che a causa dell’afa mangiano poco e bevono il doppio della quantità media di acqua consumata normalmente, 140 litri al giorno contro 70. Mentre le prossime culture a rischio sono mais, soia e pomodori.

Una crisi aggravata dall’ondata di caldo anomalo che Coldiretti ha definito la punta dell’iceberg del 2023, che è già stato segnato nei suoi primi mesi da una “grave siccità che ha compromesso le coltivazioni in campo” poi “dal moltiplicarsi di eventi meteo estremi, precipitazioni abbondanti e basse temperature ed infine dal caldo torrido di luglio con danni all’agricoltura e alle infrastrutture rurali che supereranno i 6 miliardi dello scorso anno, dei quali oltre 1 miliardo solo per l’alluvione in Romagna”.



[Fonte Wired.it]

sì, cari scettici, ci siamo stati davvero
| Wired Italia

sì, cari scettici, ci siamo stati davvero | Wired Italia



Da Wired.it :

Il 20 luglio 1969 i due astronauti della Nasa Neil Armstrong e Buzz Aldrin misero piede sulla superficie della Luna. Un piccolo passo per l’uomo, un grande balzo per l’umanità (“That’s one small step for man, one giant leap for mankind”): sono le parole che pronunciarono in quel frangente, alcune delle parole forse più famose della storia. Ed effettivamente è vero, che quello fu un grande balzo, sia tecnologico perché per arrivarci abbiamo dovuto sviluppare un’enorme quantità di tecnologie e brevetti, sia simbolico. Perché dopo quel piccolo passo sulla Luna, non si poteva tornare indietro: abbiamo spostato le nostre colonne d’ercole fuori dal pianeta Terra. Dopo l’Apollo 11, tornammo sulla Luna altre cinque volte, fino all’Apollo 17 del 1972. Quel balzo era così incredibile che già al tempo alcuni fecero fatica a credere che qualcosa di così straordinario potesse davvero aver avuto luogo. Ecco quindi che nel 1974 arrivò sul mercato un libro autopubblicato dal titolo emblematico di Non siamo mai stati sulla Luna. Una truffa da 30 miliardi di dollari. L’autore, Bill Kaysing, era uno scrittore piuttosto prolifico che aveva scritto di tutto, da testi sulla cucina alle motociclette. Tra i vari lavori, si era occupato anche di curare le pubblicazioni tecniche di un’azienda che lavorò per la Nasa durante gli anni Apollo, e sfruttò questo aggancio per ostentare autorevolezza riguardo la sua nuova pubblicazione. Le tesi portate da Kaysing sono le stesse che troviamo ancora oggi sul web, nonostante siano state tutte già smentite da decenni. Ci sono però alcune prove, molto concrete, che dovrebbero far tremare qualunque residuo di scetticismo.

Rocce lunari

Gli astronauti delle missioni Apollo hanno riportato a Terra un totale di 382 chilogrammi di campioni lunari. Non sono tutte le rocce lunari che abbiamo, ma sono la maggior parte: le Luna sovietiche hanno prelevato qualche centinaio di grammi e nel 2020, la Chang’e-5 ha raccolto altri 1,7 chilogrammi di campioni. Le rocce lunari ci hanno insegnato moltissimo sul nostro satellite nel contesto del Sistema Solare, le utilizziamo come riferimento per le datazioni delle superfici planetarie e ci hanno permesso di comprendere come avviene la formazione dei crateri da impatto e come è nata la Luna stessa. Le rocce lunari sono anche la prova più concreta, definitiva, sul fatto che ci siamo stati davvero sulla Luna. Perché non possono venire da altrove. Si potrebbe facilmente immaginare che queste rocce siano dei falsi, raccolti a Terra, ma in realtà sono loro stesse a raccontarci la loro origine. Le rocce lunari sono delle brecce da impatto, frammenti di roccia sminuzzati dagli impatti planetari e poi ricompattati a formare la superficie dei mari e delle terrae lunari. Sono inoltre aridissime, non c’è acqua né tracce del suo passaggio, e questo sulla Terra non avviene neanche nei deserti più aridi. Questo è tra l’altro un indizio anche del fatto che non possano essere meteoriti, in quanto le meteoriti presentano sempre una contaminazione dell’ambiente terrestre. Per di più, le rocce lunari sono state modificate dall’erosione spaziale, quei processi di erosione legati al bombardamento dei raggi cosmici su corpi privi di atmosfera, e presentano tracce di gas nobili derivati dall’interazione con i venti solari (che sulla Terra non arrivano).



[Fonte Wired.it]

Scuola, il ministero dell’Istruzione si affida ancora all’algoritmo che l’ha mandata in tilt
| Wired Italia

Scuola, il ministero dell’Istruzione si affida ancora all’algoritmo che l’ha mandata in tilt | Wired Italia



Da Wired.it :

L’algoritmo non ha riconosciuto le tutele riconosciute dalla legge 104. Ha assegnato meno ore del previsto agli insegnanti, con un conseguente taglio dello stipendio. Ha bloccato i ripescaggi, lasciando cattedre scoperte. Ci sono volumi mesi per sanare i problemi, specie nelle grandi città, come Milano, Roma, Bologna, Torino e Napoli. E in taluni casi non è stato possibile.

Con il fiato sospeso

Per questo i sindacati sono sul chi va là. Vogliono verificare l’esito dell’algoritmo in casi sensibili come il completamento della cattedra, evitando casi di spezzoni in scuole diverse, la tutela della 104, il rispetto di part time. Ma non potranno che farlo a giochi chiusi, quando ormai l’algoritmo ha smistato nomi e cattedre.

Quest’anno, spiega De Conca, ci sono oltre 100mila cattedre da assegnare, tra le supplenze e altri 80mila riguardano i posti in deroga per il sostegno. Non solo. Quest’anno l’algoritmo dovrà tenere conto anche dell’immissione dalle graduatorie di tre concorsi (due ordinari e uno straordinario). Sono 50.807 i posti autorizzati, su 81.023 da colmare. Una confluenza di richieste con diversi ordini di priorità. Magari avanzate da una stessa persona, che si candida per un’immissione in ruolo, ma se questa si concretizza al capo opposto del paese, preferisce ripiegare su una supplenza. L’algoritmo, tuttavia, non riesce a gestire queste variabili, perché non ha informazioni sul contesto familiare e personale dei candidati.

Non solo: se per le supplenze c’è tempo per presentare domanda fino alle 14 del 31 luglio, l’immissione in ruolo, aperta dal 18 luglio, si chiude il 25. “I tempi sono serrati – osserva De Conca -. Le procedure così compresse rischiano di generare caos“. Peraltro con scuole strette tra la fine degli esami, i corsi di recupero e la chiusura, e uffici scolastici regionali che non hanno personale a sufficienza per far fronte a questi compiti. In quello lombardo, dove ballano circa 11mila posti, sono in servizio due persone.

Ancora domande

Il ministero ha provato a semplificare la procedura. L’ha inserita a bordo di Io, l’app dei servizi della pubblica amministrazione. Altrimenti si usa la piattaforma Polis, attraverso cui vanno inviate anche le richieste di contratti a tempo determinato. Si possono scegliere insegnamenti e sedi, prima di inoltrare la richiesta. Wired ha chiesto al ministero ragguagli su come ha corretto gli errori che hanno compromesso il buon funzionamento dell’algoritmo l’anno scorso e se siano stati chiesti risarcimenti ai fornitori rispetto ai problemi sorti l’anno scorso, senza ricevere risposta prima della pubblicazione di questo articolo. Non è andata a buon fine nemmeno una richiesta di chiarimenti a Dxc, che con il dicastero guidato da Giuseppe Valditara ha un contratto per sviluppare applicativi da 32 milioni complessivi (finora ha incassato 15 milioni).

“Siamo fiduciosi – conclude De Conca -. Per metà agosto sapremo come è andata. Con questi numeri è impossibile fare queste operazioni in presenza, però non ci si possiamo neanche permettere di andare alla cieca. Per le nomine alla supplenza si sceglie la sede senza conoscere le disponibilità”. Solo tra qualche settimana si saprà se l’algoritmo ha sbrogliato la matassa. O se per le nomine nella scuola è in arrivo un altro autunno di fuoco.



[Fonte Wired.it]

L’Ultimo Combattimento di Chen e l’eredità del Piccolo Drago
| Wired Italia

L’Ultimo Combattimento di Chen e l’eredità del Piccolo Drago | Wired Italia



Da Wired.it :

In quel momento con quel combattimento tra il gigante e il Piccolo Drago, l’Ultimo Combattimento di Chen smetta di essere un film, diventa quasi filosofia su pellicola. Perché Bruce Lee ha di fronte il suo doppio, un prolungamento della sua rivoluzione, la sua volontà di essere come l’acqua, di non avere una forma o uno stile definito, di abbracciarli tutti senza legarsi a nessuno veramente. Perché quel villain è slegato da quella rigidità che il Lee ha superato tutto sommato agilmente nei due duelli precedenti. Bruce Lee fa qualcosa di più di combattere contro un avversario che lo supera in stazza a lungo e potenza, di fatto rappresenta la lotta contro la standardizzazione del suo stesso pensiero, per ottenere la conoscenza, quella illuminazione che è il primo, tangibile, tallone d’Achille che gli permetterà di sconfiggere il suo nemico. La ricerca della luce, del superamento della propria paura, l’esemplificazione di un credo fatto di costante ricerca, di mobilità, del rifiuto dell’ipse dixit, la vita concepita come un flusso costante.

scene from Black Panther

Dopo quasi 4 anni di censura, i film targati Marvel Studios sono tornati nelle sale della Repubblica Popolare. Il Partito sostiene le produzioni “patriottiche”, ma la riapertura a Black Panther & co. può essere un piccolo segnale di distensione

L’Ultimo Combattimento di Chen, opera vergognosa di strumentalizzazione di un mito uscita 45 anni fa, è però anche allo stesso tempo forse il suo grande testamento, anche più de i Tre dell’Operazione Drago o l’Urlo di Chen terrorizza anche l’occidente, con quel duello con Chuck Norris, riesumato poi per pochi secondi con spezzoni prelevati altrove. Perché in quella pagoda, in quel duello finale, nell’eterna salita alla ricerca di un tesoro che è impalpabile ed invisibile, lo stesso che avremmo avuto in Kung Fu Panda, echeggiano anche gli echi del mito della caverna di Platone. Bruce Lee proprio nel duello finale anticipa la creazione delle arti marziali miste, ad oggi uno degli sport più popolari del mondo ma anche quello che di fatto ha messo in soffitta la vecchia concezione di arti marziali. Non possono essere più universi separati, con la loro secolare tradizione, i loro riti, che sono anche i punti deboli che Lee stesso, dentro e fuori il grande schermo, aveva sempre cercato di mostrarci.

A mezzo secolo dalla morte di Lee, questa stranissima, inquietante se vogliamo, pellicola non smette di affascinarci, di essere ad un tempo controversa ed illuminante. Un fatto dimostrato del resto dalla quantità esorbitante di cloni ed eredi anche nobili che da quel momento cercarono di imitare Lee, senza il quale non avremmo mai avuto Donnie Yen, Jet Li o anche Jason Statham. La sua stessa struttura narrativa del resto , è stata ripresa tantissime volte. Qualcuno è arrivato anche a indicare quel film, quegli ultimi minuti, l’idea originale di Bruce Lee soprattutto, non solo e non tanto come una esemplificazione del percorso dell’eroe, ma come il prototipo dell’universo videoludico che oggi ci domina, con i boss da battere, il tesoro da conquistare, i livelli da salire. Difficile dare torto ad una simile visione per quanto audace, a questa idea, perché di base lui, Bruce Lee, in fondo sempre stato un uomo che viveva nel futuro, che lo anticipava, forse anche al di là di quanto egli stesso comprendesse fino in fondo.



[Fonte Wired.it]