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Diritto all’oblio, Google non avverte più quando rimuove i dati

Diritto all’oblio, Google non avverte più quando rimuove i dati



Da Wired.it :

Sulla base delle norme europee del diritto all’oblio, che consente di “richiedere ai motori di ricerca di rimuovere determinati risultati relativi a query correlate al nome di un utente”, Google ha cominciato a rimuovere i contenuti “incriminati” dai suoi risultati di ricerca già da qualche tempo. Ora, a quanto pare, il colosso tecnologico ha smesso di avvertire gli editori della loro rimozione, limitandosi a comunicare l’eliminazione dell’url, ma senza specificare esattamente di quale contenuto si tratta o del perché è stato rimosso. Ricordiamo che, per decidere cosa rimuovere, i motori di ricerca devono valutare autonomamente se le informazioni in questione sono “inesatte, inadeguate, irrilevanti o eccessive” e se è di interesse pubblico che tali informazioni restino disponibili nei risultati di ricerca.

Abbiamo introdotto il nostro nuovo approccio alle notifiche a seguito di una decisione dell’autorità svedese per la protezione dei dati, che è entrata in vigore nel dicembre 2023 dopo che la Corte Suprema amministrativa svedese ci ha negato l’autorizzazione a presentare ricorso”, ha dichiarato un portavoce di Google. La suddetta sentenza, infatti, ha stabilito che informare i webmaster che il motore di ricerca aveva rimosso i collegamenti ai loro contenuti costituiva di per sé una violazione della privacy della persona che aveva richiesto il diritto all’oblio. Anzi, come se non bastasse, il tribunale svedese ha confermato una multa di 50 milioni di corone svedesi – pari a 3,8 milioni di sterline – a Google per non aver rimosso gli url che gli era stato chiesto di rimuovere.

Al di là di questo, quello che sembra preoccupare gli editori è il fatto che il mancato avviso della rimozione di un contenuto possa impedire loro di identificare le situazioni in cui il diritto all’oblio sia stato utilizzato in modo improprio per nascondere notizie legittime su criminali. E, nella peggiore delle ipotesi, rende impossibile agli stessi editori contestare le violazioni. In questo modo, quindi, sembrerebbe quasi che Google finisca con lo scontentare i proprietari di siti web per garantire la sicurezza e la privacy dei suoi utenti.



[Fonte Wired.it]

Gemini, Google l’ha appena reso ancora più potente

Gemini, Google l’ha appena reso ancora più potente



Da Wired.it :

Nonostante sia disponibile al pubblico da soli due mesi, Gemini, il modello di intelligenza artificiale di Google, ha già un aggiornamento. Ieri il colosso ha lanciato Gemini Pro 1.5, che è più potente del suo predecessore e può gestire enormi quantità di testo, video o audio.

Demis Hassabis, amministratore delegato DeepMind, la divisione di Google che ha sviluppato il nuovo modello, paragona le capacità di input di Gemini 1.5 alla memoria di lavoro di un essere umano.

Le capacità di Gemini 1.5

In una dimostrazione organizzata da DeepMind, Gemini Pro 1.5 ha analizzato un pdf di 402 pagine contenente la trascrizione delle comunicazioni dell’Apollo 11. Quando gli è stato chiesto di trovare dei passaggi divertenti nel documento, il modello ha evidenziato diverse sezioni, tra cui una in cui gli astronauti hanno attribuito un ritardo nelle comunicazioni a una pausa spuntino. In un’altra demo il sistema di Google è stato in grado di rispondere a diverse domande su scene specifiche di un film di Buster Keaton. La versione precedente di Gemini poteva rispondere a domande relative solo a testi o video molto più brevi. Google spera che le nuove funzionalità consentano agli sviluppatori di creare nuove applicazioni. “Il modo in cui il modello esegue questo tipo di ragionamento su ogni singola pagina e su ogni singola parola è davvero magico“, commenta il ricercatore di DeepMind Oriol Vinyals.

Google riporta che Gemini Pro 1.5 è in grado di processare e capire il senso di video da un’ora, file audio da 11 ore, 700mila parole o 30mila righe di codice in una sola volta, una capacità molto superiore a quella di modelli AI come GPT-4 di OpenAI, che alimenta ChatGPT. Il gigante non ha rivelato i dettagli tecnici che hanno reso possibile questo traguardo. Hassabis ha però dichiarato che una delle applicazioni testata dai ricercatori di Google DeepMind è stata l’identificazione dei punti salienti in discussioni su Discord con migliaia di messaggi.

Gemini Pro 1.5 è anche più performante, come dimostra il punteggio ottenuto dal modello in diversi benchmark. Il nuovo sistema sfrutta una tecnica ideata dai ricercatori di Google per ottimizzare le prestazioni senza aumentare la potenza di calcolo. La metodologia, ribattezzata mixture of expert, attiva in modo selettivo le parti nell’architettura di un modello che sono più adatte a risolvere un determinato compito, rendendone più efficiente l’addestramento e l’esecuzione.



[Fonte Wired.it]

OnePlus rimborsa chi aveva acquistato 12R ma voleva memorie più veloci

OnePlus rimborsa chi aveva acquistato 12R ma voleva memorie più veloci



Da Wired.it :

Una mossa di certo non obbligata, ma sicuramente apprezzata quella di OnePlus che ha comunicato ufficialmente di essere pronta a rimborsare tutti gli acquirenti del nuovo smartphone 12R se non soddisfatti delle memorie interne di tipo UFS 3.1 e non 4.0 come promesso in sede di presentazione. Il dettaglio hardware della versione pronta a uscire in commercio è infatti differente da quello dichiarato in origine e, seppur non cambierà un granché l’esperienza per la maggior parte degli usi, è comunque possibile ricevere i soldi già spesi indietro entro il 16 marzo.

L’errore è stato tutto di OnePlus, con una discrepanza tra un componente hardware promesso durante la presentazione e quello poi montato sulla versione per il commercio. Su OnePlus 12R non ci saranno le memorie veloci UFS 4.0 di ultima generazione, ma la versione precedente UFS 3.1 con performance di tutto rispetto che beneficia anche dell’ottimizzazione del motore proprietario Trinity Engine. UFS è l’acronimo di Universal Flash Storage e determina la tipologia del supporto di archiviazione flash, mentre il numero successivo riguarda lo versione dello standard: il 4.0 è l’ultimo rilascio, con velocità superiori a 3.1 e quindi migliori performance in compiti pesanti come per esempio nel gioco oppure con app esigenti come la registrazione video ad alta risoluzione e elevati livelli di fotogrammi al secondo. L’utente medio di OnePlus 12R non si sarebbe mai accorto della differenza, ma per onestà è legittima la promessa di rimborso da parte dei produttori: c’è tempo fino al 16 marzo richiedendo l’assistenza tramite il sito ufficiale.

OnePlus 12R è uno smartphone di medio range premium con display da 6,78 pollici a frequenza variabile di aggiornamento (1-120 Hz), chip Snapdragon 8 Gen 2 con 16 GB ram e 256 GB di memoria interna appunto UFS 3.1 e non 4.0, interfaccia OxygenOS 14 basata su Android 14, 5G e tripla fotocamera con sensore principale da 50 megapixel, mentre la batteria da 5500 mAh si ricarica fino a 100 watt. Costa 699 euro.



[Fonte Wired.it]

Piracy Shield, la piattaforma nazionale anti-pirateria, ha già mirato al bersaglio sbagliato

Piracy Shield, la piattaforma nazionale anti-pirateria, ha già mirato al bersaglio sbagliato



Da Wired.it :

Miele, che si è occupato proprio dello sviluppo tecnico di Piracy Shield, aveva spiegato anche che “un server potrebbe contenere diverse attività. Per questo è necessario a monte fare un’attività d’indagine tecnica che dia dimostrazione anche che quel server sia utilizzato esclusivamente per quel tipo di attività. Infatti non è possibile segnalare un server che presenta attività alternative a quella che viene segnalata o comunque che non siano tutte attività illecite provate. Diciamo che il server deve essere univocamente destinato a quel tipo di attività illecita e se c’è un’attività lecita non può essere bloccato”.

Serie tv e film proibiti

Non sembra, tuttavia, quello che è successo in questa tornata. Nella quale, oltre ai casi già menzionati, sono finiti anche siti di streaming di cinema e serie tv che, al momento, non dovrebbero essere nel mirino di Piracy Shield. A Wired gli uffici preposti dell’Agcom, che ha ottenuto 250mila euro dallo Stato nel 2023 per gestirla, hanno confermato che al momento la piattaforma deve intervenire solo contro lo streaming illegale di eventi sportivi live e che per allargare il raggio d’azione si dovrà passare prima da una consultazione pubblica. L’ipotesi formulata da Agcom è che i siti trasmettessero anche competizioni sportive live.

Rispetto ai siti oscurati senza motivo, l’autorità ricorda che hanno cinque giorni dall’oscuramento per promuovere ricorso. Tuttavia, la lista degli indirizzi Ip bloccati non è pubblica: vengono forniti solo numeri aggregati. L’autorità dice di agire così per ottemperare a una richiesta da parte dei detentori dei diritti degli eventi sportivi e degli Isp (oltre 250 quelli già accreditati alla virtual private network di Piracy Shield, che è ospitata su cloud targato Microsoft Azure, dei 1.800 potenziali). A Wired risulta che molti operatori di rete, invece, abbiano richiesto che l’elenco delle risorse abbattute sia reso disponibile sul sito dell’Agcom.

A causa di Piracy Shield, nei giorni scorsi un fornitore di virtual private network, AirVpn, ha annunciato di chiudere i servizi in Italia, in quanto gli adempimenti ad essa collegati risultano troppo onerosi, dal punto di vista tecnico ed economico, e perché incompatibili con la missione dell’azienda. Dal 19 febbraio i clienti che si abbonano ai servizi di AirVpn dovranno dimostrare di non essere residenti in Italia.

E poi c’è la questione Digital services act, il regolamento europeo sui servizi digitali. In merito alla presenza di app che consentono lo streaming pirata disponibile sul Play store, Google ha spiegato a DDay che Piracy Shield si applica “ai provider che forniscono accesso ai siti” e non ai servizi di hosting, come il marketplace di Big G. Risultato? Il conflitto tra il regolamento europeo, che dal 17 febbraio diventa legge per tutti e di cui Agcom è l’autorità responsabile per l’Italia, e le norme di cui si è dotato il Belpaese creano uno spiraglio che lascia veleggiare lo streaming pirata. Mentre nella blacklist rischiano di finire siti innocui.



[Fonte Wired.it]

FantaSanremo: perché non sarà più come prima

FantaSanremo: perché non sarà più come prima



Da Wired.it :

Dopo la conclusione del Festival di Sanremo 2024, mentre i fan del FantaSanremo erano in attesa dei risultati finali del gioco, un messaggio del team che ha gestito il gioco in questi anni è apparso su X, accennando alla sua possibile conclusione e mandando in allarme milioni di giocatori. Il gioco, in questi quattro anni (cinque se si conta anche quella fatta tra amici al bar), ha riscosso un successo incredibile attirando l’attenzione della Rai e dello stesso direttore artistico del festival, Amadeus, che ha finito per caldeggiarlo. Ma anche di tanti sponsor che hanno capito che riuscire a inserirsi per vie traverse all’interno del buzz di Sanremo, in quella settimana, era un’occasione imperdibile.

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Ma i creatori parlavano della “fine di FantaSanremo2024” e “della fine di un ciclo”, non del gioco in generale. È vero però che non hanno né scritto che sarebbe tornato né che non sarebbe ritornato. Proprio per questo ne abbiamo parlato con Giacomo Piccinini, uno dei suoi creatori.

Puoi spiegarci cosa è successo?
Qualche giornale, anche autorevole, ha preso quel post dove c’è scritto ‘FantaSanremo 2024 finisce qui’ e ha titolato con un virgolettato ‘FantaSanremo finisce qui’. Quindi ha tolto proprio il 2024 dalla nostra dichiarazione. Sicuramente l’unica cosa certa è che è finito un ciclo. L’anno prossimo con una nuova direzione artistica non sarà quello che è stato in questi cinque anni e non è detto che sarà migliore o peggiore. È finito un ciclo e la stessa cosa succede al FantaSanremo, che ormai da cinque anni è partito dall’essere un gioco tra amici fino a diventare una roba che ha coinvolto 3 milioni di italiani e tutti gli artisti in gara che salivano sul palco e facevano quello che era scritto sul regolamento. È ora di cambiare: non sappiamo ancora come, ma sicuramente cambierà. Anche se, prima, ci concentriamo sul FantaEurovision. Abbiamo altri progetti di gamification, come il primo fantasygame sportivo che uscirà a brevissimo”.

Come tutti i giochi che diventano molto virali, popolari ed entrano nella quotidianità – in questo caso quella sanremese – il rischio è che tenda ad annoiare il pubblico, specie se lo si cita in continuazione, perdendo così la casualità e l’improvvisazione.
È stato adattato e riadattato negli anni per farlo sopravvivere nonostante la posizione mediatica che ha avuto, nonostante l’essere diventato fondamentalmente mainstream. È stato adattato il più possibile per farlo continuare. Probabilmente cambieranno le meccaniche di gioco per la prima volta da cinque anni a questa parte: saranno dei cambiamenti così importanti che dobbiamo prendere una decisione anche noi e dobbiamo metterci d’accordo poiché ognuno di noi ha una visione diversa di quello che potrebbe diventare FantaSanremo. Adesso ci prendiamo il giusto tempo per ragionare e poi vediamo quello che si farà”.





[Fonte Wired.it]

Stazione spaziale internazionale, come sarebbe fare un’operazione chirurgica da remoto?

Stazione spaziale internazionale, come sarebbe fare un’operazione chirurgica da remoto?



Da Wired.it :

Per la prima volta, un team di chirurghi ha effettuato un’operazione chirurgica attraverso un robot fisicamente situato sulla Stazione spaziale internazionale (Iss). Si è trattato in realtà di una simulazione, in cui le “mani” del robot, dotate di pinze e forbici, hanno tagliato degli elastici pensati per simulare le proprietà dei tessuti che costituiscono i vasi sanguigni o i tendini. Il robot si chiama SpaceMira, ed è stato progettato da un team dell’Università del Nebraska (Stati Uniti), in collaborazione con l’azienda statunitense Virtual Incision.

Il robot-chirurgo dello Spazio

SpaceMira è lungo poco più di 70 centimetri e pesa meno di un chilogrammo. La sua forma, si legge in una news dell’Università del Nebraska, ricorda un po’ quella di un grosso frullatore a immersione. Il robot è dotato di due “arti”, per così dire, uno munito di pinze e l’altro di forbici per questo esperimento. SpaceMira contiene inoltre una telecamera che consente all’operatore di vederne e quindi controllarne i movimenti. Grazie anche a un finanziamento della Nasa, il robot-chirurgo è potuto partire per lo spazio il 30 gennaio, quando è stato spedito dalla stazione di Cape Canaveral (Florida) a bordo di un razzo dell’azienda aerospaziale SpaceX, per arrivare infine sulla Iss due giorni dopo, il 1 febbraio. L’astronauta della Nasa Loral O’Hara si è occupata poi di “accogliere” il nuovo arrivato a bordo della Stazione spaziale internazionale.

Un ritardo di circa mezzo secondo

La simulazione è stata effettuata il 10 febbraio utilizzando una console fisicamente situata all’interno della sede centrale della Virtual Incision, che si trova a Lincoln, in Nebraska. Michael Jobst, medico specializzato in chirurgia colorettale, uno dei sei chirurghi che si sono alternati al controllo di SpaceMira durante la simulazione, aveva già utilizzato il robot in passato, nel contesto di uno studio clinico condotto nel 2021. Ma manovrare il sistema nello Spazio significa operare in assenza di gravità e con un certo ritardo – che durante la dimostrazione è andato da due terzi a tre quarti di secondo – nei movimenti effettivamente eseguiti dal robot, a causa del tempo che il segnale impiega ad arrivare dalla Terra alla Iss.

Nel complesso comunque l’operazione è stata considerata come un successo.È un grande passo avanti per la chirurgia”, ha dichiarato Ted Voloyiannis della Texas Oncology di Houston (Stati Uniti). Secondo il chirurgo, infatti, SpaceMira è un robot più accessibile rispetto a quelli che lui stesso ha utilizzato in passato per eseguire interventi chirurgici assistiti. Tra l’altro, aggiunge, questa tecnologia potrebbe risultare di grande aiuto anche sulla Terra, “per le piccole comunità che non hanno chirurghi specializzati”.



[Fonte Wired.it]