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Chernobyl, le mutazioni dei lupi per sopravvivere alle radiazioni

Chernobyl, le mutazioni dei lupi per sopravvivere alle radiazioni



Da Wired.it :

Generazione dopo generazione, i lupi che vivono nell’area di Chernobyl, la centrale nucleare ucraina esplosa nel 1986, sembrano aver sviluppato specifici meccanismi per sopravvivere all’elevato livello di radiazioni al quale sono quotidianamente esposti. Le cellule del loro sistema immunitario e i loro profili di espressione genica, in particolare, presentano delle alterazioni che distinguono questi esemplari dai lupi che vivono in aree non contaminate. A indicarlo sono i risultati presentati da Cara Love, biologa evoluzionista ed ecotossicologa presso l’Università di Princeton (Stati Uniti), durante il congresso annuale della Society of integrative and comparative biology, svoltosi il mese scorso a Seattle. Ecco cosa sappiamo.

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Lo studio

Lo studio guidato da Love è iniziato nel 2014, quando la ricercatrice, insieme ai suoi collaboratori, si è recata presso la cosiddetta Chernobyl exclusion zone (Cez, zona di esclusione di Chernobyl), l’area circostante alla centrale dove il 26 aprile 1986 avvenne l’esplosione del reattore numero 4 dell’omonima centrale sovietica che disperse nubi di polveri radioattive in un’area di decine di chilometri, provocando decine di morti accertate e migliaia (se non milioni) di decessi collaterali dovuti a tumori e altri problemi di salute. Attualmente la zona è disabitata dagli esseri umani. Ma non dagli animali. Love e colleghi hanno prelevato dei campioni di sangue dai lupi grigi (Canis lupus) che vivono in questa zona, e hanno dotato gli animali di collari in grado di rilevare la loro posizione e il livello di radiazioni al quale sono esposti. Quest’ultimo è risultato essere più di sei volte superiore rispetto al limite legale massimo a cui un lavoratore umano può essere esposto.

I risultati delle analisi non sono ancora stati pubblicati su una rivista scientifica, ma, in base a quello che Love ha riportato durante il congresso della Society of integrative and comparative biology, il sistema immunitario dei lupi presi in esame sembra aver subito delle alterazioni simili a quelle riscontrabili nei pazienti oncologici sottoposti a radioterapia. Inoltre, si legge nell’abstract della ricerca, le analisi sui campioni di sangue e sul relativo trascrittoma (ossia sui livelli di espressione genica) hanno messo in luce la rimodulazione di alcuni processi fisiologici dei lupi come l’apoptosi (la morte programmata delle cellule) o della stessa risposta immunitaria, che potrebbero rendere gli animali più resistenti allo sviluppo di tumori.

Un’area brulicante di vita

I risultati dello studio (al momento in stallo a causa dell’inaccessibilità alla zona dovuta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia) dovranno essere pubblicati su una rivista scientifica prima di poter avere accesso a maggiori dettagli, ma già il fatto che questi animali abbiano ripopolato così velocemente questa zona è, ed è stato negli anni passati, certamente un fatto di grande interesse per la scienza.

Diversi studi avevano infatti già mostrato che quest’area è sorprendentemente ricca di vita. Uno studio pubblicato nel 2015 aveva per esempio evidenziato l’abbondante presenza di alci, caprioli, cervi, cinghiali e, appunto, lupi. “La zona di esclusione di Chernobylaveva commentato Tim Christophersen, responsabile della sezione Natura per il clima del programma delle Nazioni unite per l’ambiente – è un esempio affascinante del potere della natura di riprendersi dal degrado”.





[Fonte Wired.it]

sconto IMPERDIBILE del 38% su Amazon

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Da Punto-Informatico.it :

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Fonte Punto Informatico Source link

Al via la seconda edizione di Visa Innovation Program Europe, il programma di accelerazione per le fintech

Al via la seconda edizione di Visa Innovation Program Europe, il programma di accelerazione per le fintech

da Hardware Upgrade :

Visa, in collaborazione con Hackquarters, ha dato il via alla seconda edizione di Visa Innovation Program Europe – Italy Edition un programma che mira a dare una spinta all’ecosistema delle fintech. Startup e imprese potranno iscriversi sino al 4 marzo. A quelle selezionate Visa offrirà l’accesso a mercati, clienti e soluzioni tecnologiche e, soprattutto, visibilità internazionale.

Cosa è Visa Innovation Program Europe – Italy Edition?

Il programma di Visa è nato nel 2018 come iniziativa locale, che poi è stata espansa ad altri Paesi. Oggi è attivo in Italia, Turchia, Grecia, Cipro, Spagna, Portogallo e Malta. L’idea è quella di stimolare l’innovazione nel settore fintech, mettendo in contatto imprese che operano nel settore con clienti e partner di Visa. 

Per questa seconda edizione, i temi chiave sono intelligenza artificiale ed esperienze di pagamento di nuova generazione, Embedded Finance e supporto al business, nuovi servizi per la movimentazione del denaro, sostenibilità e inclusività.

Le imprese selezionate avranno l’opportunità di sviluppare e testare i loro PoC (Proof of Concept) insieme ai partner di Visa, che includono banche, governi, intermediari finanziari e in generale grandi aziende che operano nell’ambito finanziario. Saranno supportate da mentor ed esperti, che le aiuteranno a implementare le loro idee e a concretizzare le intuizioni creando dei casi d’uso.  

Siamo orgogliosi di proseguire il percorso di valorizzazione dell’ecosistema fintech italiano iniziato lo scorso anno“, afferma Stefano M. Stoppani, Country Manager Italia di Visa. “In Visa siamo consapevoli del ruolo che gli innovatori giocano nel modellare il settore dei pagamenti e ci impegniamo a facilitarne il percorso, mettendo a loro disposizione la nostra rete globale con il suo network di partnership strategiche e tecnologie all’avanguardia. Il nostro sostegno si estende a tutte le fasi del processo, dal concept allo sviluppo della soluzione, alla sua diffusione e scalabilità sul mercato. È un viaggio esaltante di scoperta, collaborazione e partnership che promuove il talento per anticipare il futuro dei pagamenti e del commercio”.

La collaborazione è al centro dell’innovazione e noi di Hackquarters siamo entusiasti di collaborare con Visa per il Visa Innovation Program Europe – Italy Edition”, commenta Kaan Akin, CEO di Hackquarters. “Questa iniziativa rappresenta un’opportunità unica per le startup fintech di sfruttare la rete globale di Visa, promuovendo le loro soluzioni innovative all’avanguardia nel settore dei pagamenti. Ci impegniamo a coltivare queste menti creative, fornendo loro il tutoraggio e le risorse necessarie per trasformare le loro visioni in soluzioni concrete, in grado di trasformare positivamente il panorama finanziario. Anticipiamo le nuove prospettive e gli approcci dinamici che emergeranno dal gruppo di quest’anno, lavorando per costruire un futuro più inclusivo ed efficiente per i pagamenti digitali.” Le candidature saranno aperte dal 5 febbraio al 4 marzo“.

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Nato, perché i Paesi devono investire il 2% del Pil in difesa

Nato, perché i Paesi devono investire il 2% del Pil in difesa



Da Wired.it :

L’ex presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha detto che incoraggerebbe la Russia ad attaccare qualunque paese della Nato che investa nella difesa meno di quanto indicato dalle linee guida dell’Alleanza, cioè il 2% del proprio prodotto interno lordo (Pil). A oggi circa due terzi degli stati membri dell’Alleanza per il trattato dell’Atlantico del Nord (Nato), un patto militare intergovernativo siglato dai primi aderenti nel 1949, spendono meno del 2% del Pil nella difesa. Vale a dire 20 nazioni tra le 31 aderenti. E tra queste c’è anche l’Italia. Tuttavia, essendo una spesa proporzionale, chi non raggiunge la quota investe spesso molto più di chi lo fa.

I paesi membri della Nato partecipano all’Alleanza in maniera diretta, impegnando le le proprie forze armate e l’intero comparto della difesa. Non c’è alcun obbligo giuridico vincolante che imponga loro un minimo o un massimo di spesa per la ricerca, lo sviluppo o l’aggiornamento di truppe ed equipaggiamenti, ma solo una raccomandazione che viene decisa anno per anno a seconda delle necessità.

La soglia del 2%

Con la fine della Guerra fredda e dello scontro tra il blocco sovietico e quello legato agli Stati Uniti e alla Nato (che all’epoca della fondazione voleva fungere da deterrente all’Urss), la linea guida di spesa è stata ridotta sotto al 2% del Pil, nella speranza di entrare in un’era di pace globale sotto l’egida statunitense. Tuttavia, già a seguito degli attentati dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti la soglia è stata nuovamente aumentata, per tornare al 2% nel 2014, a causa dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia e dell’annessione della Crimea.

Il nuovo impegno è stato ulteriormente ribadito nel 2022 e nel 2023, dopo che Mosca ha invaso l’Ucraina su larga scala, riportando le spese militari di gran parte dei paesi ai livelli della Guerra fredda. Tuttavia, nonostante ci sia stato un aumento generale degli investimenti nelle spese militari, proprio perché si tratta di raccomandazioni e non di obblighi, pochissimi paesi hanno effettivamente raggiunto il 2% del Pil, continuando a contribuire in base alle proprie risorse e necessità.

Quali sono i Paesi che hanno versato il 2%

Come riportano i dati forniti dalla Nato stessa, nel 2014 solo Grecia, Regno Unito e Stati Uniti, 3 paesi su 31, hanno raggiunto o superato il 2% del Pil. Nel 2022 il numero è salito a 7 su 31 e nel 2023 siamo arrivati a 11 paesi su 31. Oltre ai 3 che abbiamo già elencato il gruppo di testa è composto da Polonia, Estonia, Lituania, Finlandia, Romania, Ungheria, Lettonia e Slovacchia. La Francia si è fermata all’1,9%, mentre Germania e Italia sono rimaste rispettivamente all’1,57% e all’1,46%.

Stando alle dichiarazioni, riportate da Reuters, Trump durante un convegno elettorale avrebbe detto, nei fatti, di essere pronto a incoraggiare la Russia a invadere i Paesi che non versano alla Nato il 2% del loro Pil, come Germania e Italia, perché meno meritevoli di protezione di quelli che lo restituiscono, come Slovacchia o della Grecia, tanto per fare alcuni esempi. Ma mentre il 2% del Pil di Bratislava e Atene è pari rispettivamente a 6 e 2 miliardi di euro, l’1,57% di Berlino e l’1,46% di Roma corrispondono, rispettivamente, a 64 e 29 miliardi di euro.

Il candidato presidente degli Stati Uniti del partito Repubblicano lascerebbe soli due dei 5 principali finanziatori in assoluto della Nato, assieme a Francia, Montenegro, Macedonia del Nord, Bulgaria, Croazia, Albania, Olanda, Norvegia, Danimarca, Portogallo, Canada, Slovenia, Turchia, Spagna, Belgio e Lussemburgo, cioè la gran parte degli stati membri, in un’operazione di propaganda che sembra volta al radicale smantellamento dell’Alleanza. E a fare un piacere al presidente russo, Vladimir Putin.



[Fonte Wired.it]