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Turismo, chi progetta di farci viaggiare nello spazio o in fondo al mare

Turismo, chi progetta di farci viaggiare nello spazio o in fondo al mare



Da Wired.it :

Renderizzazione della stazione sottomarina Proteus (immagine: Fabien Cousteau Ocean Learning Center)

Il che non esclude i benefici derivanti da attività in orbita possano estendersi alla collettività. È uno dei tanti punti in comune con il turismo subacqueo, come racconta Gary Rosewell. Con un passato nel marketing della Formula 1, oggi Rosewell, per la Cousteau Foundation, è a capo delle partnership di Proteus Ocean Group ed è al Sutus per promuovere Proteus, un habitat 30 metri sott’acqua che promette di diventare la “Iss degli abissi”.

Proteus punta a far conoscere l’esperienza acquatica, affinché molte più persone si avvicinino al concetto di turismo subacqueo oceanico – spiega –. Le esperienze che offrirà hanno forti similarità con i viaggi spaziali: vivere in ambienti estremi, sopravvivere o restare calmi in situazioni di pressione, sviluppare un tipo di scienza che porterà a risultati applicabili nella quotidianità”. Difficile convincere gli scettici, in particolare chi ricordi che un viaggio sui razzi di Blue Origin costa milioni o sullo spazioplano di Virgin Galactic 450mila dollari. “Basterebbe l’esempio della sostenibilità – replica Rosewell –. Proteus permetterà di sperimentare sistemi di sopravvivenza a circuito chiuso, razionando l’utilizzo di acqua o di aria, oppure riciclando le risorse. Tutto per massimizzarne la resa e supportare al meglio l’equipaggio durante un lungo periodo trascorso in un ambiente estremo. Proprio come per la space economy, che sviluppa tecnologie utili a tutti, con la Blue economy, attraverso esperimenti, studi e ricerche condotte sott’acqua, puntiamo a trovare cure a malattie croniche come il cancro, o inventare tecnologie che possano agevolare la nostra vita quotidiana”.

Che la sottolineatura pecchi di ottimismo e strida fra gli eleganti ed elitari corridoi di Les Roches è il dubbio che proprio Díez De La Lastra affronta nello spiegare perché anche gli investimenti di chi punti a qualcosa di proibitivo, possano rivelarsi utili per tutti: “Nelle prime fasi di qualsiasi tecnologia o business, i pionieri non possono pensare ai profitti. Oggi esiste un’azienda europea che con una cinese sta capendo come coltivare piante su Marte. Dovessero riuscirci, avrebbero margini considerevoli. Intanto però provano a sviluppare coltivazioni sane in aree desertiche del Medio Oriente, fatto di cui non si possono ignorare gli eventuali benefici qui, altro che Marte. Preferisco che un milionario, invece che in un party a Miami, investa cifre a sei zeri per viaggiare oltre l’atmosfera. Con quei soldi finanzierà l’innovazione. E prima o poi l’innovazione arriverà a tutti”. Boris Otter, e come lui tanti al Sutus di Marbella, non potrebbero essere più d’accordo.



[Fonte Wired.it]

Depressione, quella stagionale esiste davvero?

Depressione, quella stagionale esiste davvero?



Da Wired.it :

Dopo la pubblicazione di un articolo sul Washington Post che descriveva la loro ricerca, nel 1981 migliaia di persone si misero in contatto con Rosenthal e i suoi colleghi, lamentando gli stessi sintomi del malessere invernale che avevano descritto. Gli scienziati riuscirono in seguito a raccogliere abbastanza partecipanti per condurre uno studio su 29 pazienti bipolari del Maryland, che furono sottoposti con successo alla terapia della luce (un un’intervista del 2020, Rosenthal spiegò come arrivò a coniare l’acronimo “Sad”, che in inglese significa letteralmente “triste”).

Tre anni dopo, nel 1987, questo disturbo depressivo stagionale venne incluso nel Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (Dsm), spesso considerato la bibbia della psichiatria. Ma la Sad non venne classificata come una condizione a sé stante, bensì come una forma di depressione maggiore ricorrente che si ripresenta ogni anno durante una stagione specifica (esiste anche una forma più lieve della Sad, comunemente nota come “winter blues“). La manifestazione più comune del disturbo affettivo stagionale è quella invernale, anche se la comparsa dei sintomi può avvenire in qualsiasi stagione, estate compresa.

I ricercatori hanno ipotizzato che l’origine della Sad risalga alle prime migrazioni umane verso luoghi sempre più distanti dall’equatore, dove le ore di luce erano ridotte. Le cause scatenanti del disturbo sono ancora sconosciute, ma un’ipotesi è che la minore esposizione alla luce solare provochi un’alterazione del ritmo circadiano, capace di influenzare a sua volta i livelli dei neurotrasmettitori. Una diversa teoria si basa invece sulla produzione insufficiente di serotonina — l’ormone responsabile della gestione dell’umore – o di una eccessiva produzione di melatonina – che aumenta invece la sonnolenza – durante la stagione in cui compare il disturbo.

I dubbi sulla depressione stagione

Nonostante ciò, l’esistenza della Sad “è accettata molto di più dalla popolazione generale, che si identifica con la sua sintomatologia, che dalla classe medica“, ha dichiarato Rosenthal nel 2014.

Nel 2016, un controverso articolo pubblicato sulla rivista Clinical Psychological Science ha suscitato un dibattito sul tema. Steven LoBello, professore di psicologia alla Auburn University di Montgomery in Alabama, aveva bisogno di un’idea per la tesi di laurea di una sua studentessa, Megan Traffanstedt. Negli Stati Uniti Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) raccolgono regolarmente dati comportamentali sulla popolazione civile tramite sondaggi telefonici. LoBello aveva già svolto un lavoro basato su questo tipo di dati, raccolti utilizzando la Phq-8 Depression Scale, un questionario diagnostico per la misurazione della depressione.



[Fonte Wired.it]

I videogiochi indie italiani e le difficoltà del settore

I videogiochi indie italiani e le difficoltà del settore



Da Wired.it :

Il titolo è stato realizzato da Kumi Souls Games, un piccolo studio indie con sede a Londra, fondato però da due italiani, i fratelli Riccardo e Duilio Guglielmino. La volontà di aprire lo studio proprio a Londra dipende in realtà dalle scelte di vita di Riccardo, che vive nella capitale inglese da più di 10 anni, come ci ha lui stesso spiegato, ma la cosa interessante è che Kumi Souls Games è una software house figlia dei tempi moderni e composta da professionisti provenienti da tutto il mondo (tra cui anche molti italiani) che lavorano completamente in remoto.

L’idea di The Last Faith è nata nel 2017, dopo che Riccardo e Duilio fecero uscire il loro primo gioco per smartphone, chiamato Ninja Knight. Come accade spesso in questi casi, il progetto è nato dalla pura passione dei due fratelli per il genere soulslike. Facendo delle ricerche, essi videro che all’epoca molti chiedevano un ritorno di Castlevania e che, tolto Bloodborne, in generale erano davvero pochi i titoli con delle atmosfere horror gotiche mescolate a un pizzico di Lovecraft. Così nacque l’idea di unire le meccaniche di un soulslike a quelle di un metroidvania in 2D, aggiungendone anche alcune più action in stile Devil May Cry.

Nel 2018 iniziò lo sviluppo del gioco e nel 2020 arrivò la campagna Kickstarter, che venne finanziata con grande successo, superando la cifra prefissata come obiettivo del 466%, prova del fatto che la loro idea aveva colpito nel segno. Nonostante il 2023 sia un anno molto competitivo nel mondo videoludico, The Last Faith sta coinvolgendo tanti appassionati di questa tipologia di giochi, diventando uno degli esponenti dei soulslike in 2D più amati, nonostante ormai la concorrenza sia notevole anche in questo sottogenere, con titoli di alta qualità come Blasphemous.

Kumi Souls Games

Il settore videoludico inglese, dove è nato il progetto di Kumi Souls Games, è sicuramente tra i più avanzati d’Europa e gode di molte agevolazioni, che invece non esistono in paesi come il nostro. Eppure, la realizzazione di questo indie dimostra come i videogiochi siano sempre più prodotti che non impongono confini di nazionalità, sia per gli sviluppatori coinvolti che per il pubblico a cui sono destinati. Non esistono infatti videogiochi rivolti al pubblico di una singola nazione, come avviene invece nel cinema o con i libri.

I videogiochi sono ormai il primo vero medium totalmente internazionale, in grado anche di valorizzare l’influenza di più culture diverse in un singolo progetto. Per questo motivo, l’unica cosa che una nazione dovrebbe fare è rendere il suo territorio un ambiente favorevole per lo sviluppo, in modo che le idee nate in un paese possano essere accolte in tutto il mondo, senza alcuna difficoltà, se non quelle presentate dalla creazione del videogioco in sé.



[Fonte Wired.it]

10 libri imperdibili da regalare ai bambini a Natale

10 libri imperdibili da regalare ai bambini a Natale



Da Wired.it :

Jim è un cane. Non il più bello di tutti, forse, ma un cane molto felice che vive in un grande museo di Albertopoli. Nel museo, Jim si rende utile e legge moltissimo, perché Jim è un avido lettore. Purtroppo, però, da uno dei suoi occhi non vede più tanto bene. Un giorno, Jim viene mandato a fare una consegna speciale: porta il biglietto d’auguri di Natale del museo addirittura alla regina! E, alla corte della regina, vede qualcosa che non credeva potesse esistere: un monocolo! Forse anche per il cane lettore e postino Jim potrebbe esserci uno splendido regalo di Natale? Divertente e ironico libro da leggere a Natale, ma non solo, e ispirato alla vera storia di Jim, il cane terrier di sir Henry Cole, direttore di quello che oggi è il Victoria and Albert Museum di Londra. (Emme Edizioni, 80pp, 18 euro, 7+ anni)



[Fonte Wired.it]

Dinosauri, cosa ci racconta l’analisi dell’ultimo pasto di un piccolo tirannosauro

Dinosauri, cosa ci racconta l’analisi dell’ultimo pasto di un piccolo tirannosauro



Da Wired.it :

I dinosauri carnivori assecondavano la propria natura di predatori sì, ma ogni cosa a suo tempo, con piccole prede da piccoli e poi via via alzando il tiro. Così pare avvenisse per Gorgosaurus libratus, un tirannosauride parente del più famoso T.rex, come mostrato oggi d un team di ricercatori sulle pagine di Science Advances, analizzando i resti dell’ultimo pasto del dinosauro. L’occasione, spiegano, per far luce sul comportamento di questa specie durante la crescita.

Tutto quello che sappiamo sui dinosauri lo deduciamo dai resti rinvenuti che, anche grazie alle tecnologie e allo analogie con rettili moderni, ci permettono di avere un’idea di come apparissero e su come si comportassero. Non sono ritratti statici, abbiamo imparato, ma soggetti a rivalutazioni, man mano che si accumulano nuovi reperti, nuove evidenze e tecnologie per studiarli. Il caso di oggi non fa eccezione: le deduzioni sulle abitudini dei giovani G.libratus arrivano dalle analisi condotte sui resti di un giovane esemplare rinvenuto presso la Dinosaur Park Formation, contenente all’interno del suo stomaco altri due piccoli dinosauri, e risalente a circa 75 milioni di anni fa. Un pasto che ci aiuta a delineare – per ora – su quelle che potevano essere le abitudini alimentari lungo il corso della vita di questi tirannosauridi secondo le ricostruzioni degli autori.

Il primo risultato che scopriamo, leggendo il paper, è che si tratta di un ritrovamento eccezionale: il primo pasto rinvenuto ancora nello stomaco per un tirannosauro, ci dice il team di François Therrien del Royal Tyrrell Museum. Un pasto formato da due piccoli dinosauri a sua volta (due Citipes elegans nel dettaglio). Tutti, prede e predatori, erano piccoli, per età e per stazza: dai 5 ai 7 anni per il G.libratus per circa 335 kg di peso, circa un anno per i due C.elegans, intorno alla decina di kg come peso.

Predatore e preda (Foto: Julius Csotonyi Copyrights Royal Tyrrell Museum of Palaeontology)



[Fonte Wired.it]

Cop28: le cucine inquinano quanto gli aerei. Per questo c’è chi vuole cambiarle

Cop28: le cucine inquinano quanto gli aerei. Per questo c’è chi vuole cambiarle



Da Wired.it :

Dubai – Anche un’operazione banale come accendere il fornello per cucinare ha conseguenze negative. E si sommano tutti i fornelli, la produzione di emissioni è pari a quella di tutto il comparto globale dell’aviazione. Se il percorso verso le neutralità carbonica è basato sull’elettrificazione, in Africa e Asia 2,3 miliardi di persone usano ancora tecnologie basate su combustibili molto inquinanti per cucinare, con gravi ripercussioni sull’ambiente e la salute. I dati sono del rapporto 2023 Sdg Tracking di Irena, l’Agenzia internazionale per le rinnovabili guidata dall’italiano Francesco La Camera.

Nei mesi scorsi, però, è nata un’alleanza per favorire il passaggio dai metodi tradizionali alle cucine elettriche alimentate a energie rinnovabili: solare, eolico, idroelettrico per far funzionare piastre, bollitori, pentole a pressione e apparecchiature per cuocere il riso. Si chiama Global e-cooking coalition e i rappresentanti sono arrivati a Cop28, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite che si tiene a Dubai, per spiegare un problema ancora poco noto al di fuori della cerchia degli specialisti.

I numeri

Secondo l’alleanza le emissioni totali di anidride carbonica dei metodi tradizionali di cottura equivalgono all’intero settore del trasporto aereo, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità stima che le morti premature da inquinamento dell’aria all’interno degli ambienti domestici siano 3,2 milioni ogni dodici mesi. Un conteggio che include oltre 237mila bambini sotto i cinque anni, più soggetti a contrarre polmoniti causate dall’esposizione al fumo.

Il costo per il mondo, dicono le stime di Esmap (una partnership che include la Banca mondiale) sono alti: più di 2,4 migliaia di miliardi di dollari di costi ogni anno in totale, a causa degli impatti negativi sulla salute (1,4), sul clima (0,2) e sulle donne (0,8, legati alla perdita di produttività).

C’è di più. “Cucinare con l’elettricità non solo riduce le emissioni di gas serra migliorando la salute complessiva della popolazione, ma aiuta l’emancipazione di donne e ragazze consentendo loro di risparmiare tempo e denaro”, ha detto Damilola Ogunbiyi, rappresentante speciale del segretariato generale delle Nazioni unite per l’energia sostenibile per tutti durante la presentazione di settembre.

Condizioni favorevoli

L’obiettivo è dare accesso a metodi di cottura puliti a tutto il globo entro il 2030. Diverse le condizioni che favoriscono il passaggio all’e-cooking. L’accesso all’elettricità è aumentato rapidamente negli anni, con la quota di popolazione mondiale che ne dispone passata dall’83% al 91% tra il 2010 e il 2021. Ma ci sono ancora troppe persone con accesso debole, intermittente o di scarsa qualità alle rete elettrica.

Ci sono già paesi, come il Nepal e l’Uganda, che hanno fornito obiettivi specifici. Entro il 2025, il Nepal cercherà di installare fornelli migliorati in mezzo milione di famiglie e biogas domestico in altre duecentomila. Inoltre, entro il 2030, il paese asiatico proverà a rendere la cottura elettrica la modalità principale nel 25% delle famiglie. L’Uganda, dal canto suo, si impegna ad aumentare la quota di nuclei che utilizzano soluzioni pulite ed efficienti fino al 10% entro il 2025 e la quota di energia rinnovabile per alimentare i fornelli elettrici al 65%. Per diffondere la consapevolezza dell’importanza di impiegare metodi di cottura puliti, il progetto prevede una serie di azioni: dalle lezioni nelle scuole in Tanzania all’attività di lobbying su governi e regolatori per ridurre le imposte sulle soluzioni moderne.



[Fonte Wired.it]