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come riconoscerli e quando temerli
| Wired Italia

come riconoscerli e quando temerli | Wired Italia



Da Wired.it :

Con l’arrivo dell’estate aumentano le probabilità di imbatterci in api, vespe, calabroni e simili che ronzano attorno agli avanzi del nostro cibo o corteggiano le aiole fiorite di parchi e giardini. Saperli riconoscere è importante per capire quando sia il caso di allontanarci e quando, invece, possiamo continuare a goderci il pomeriggio in tutta tranquillità.

Api, vespe e calabroni fanno tutti parte dell’ordine degli imenotteri, al quale appartengono diverse famiglie, tra cui quelle delle Apidae (in cui rientrano api e bombi) e delle Vespidae (che comprendono vespe e calabroni). Le punture delle api sono raramente dannose per gli esseri umani, anche perché questi insetti possono pungere una solta volta (dopodiché perdono il pungiglione e muoiono eviscerati). Vespe e calabroni, al contrario possono pungere più di una volta e tendono a farlo ripetutamente quando si sentono minacciati. Le loro punture sono più dolorose e, a seconda delle specie e della sensibilità della singola persona, possono causare delle reazioni allergiche che, sebbene molto raramente, rischiano di degenerare in uno shock anafilattico. In linea generale, le specie presenti in Italia sono pacifiche e non attaccano cioè gli esseri umani senza ragione, a meno che non ci si avvicini troppo al loro nido o si cerchi di attaccarle a propria volta.



[Fonte Wired.it]

dopo internet, la Cina vuole controllarla
| Wired Italia

dopo internet, la Cina vuole controllarla | Wired Italia



Da Wired.it :

Le nuove regole, che entreranno in vigore a partire dal 15 agosto, sono dislocate su 24 disposizioni. Tra queste c’è è l’obbligo per i fornitori di piattaforme di effettuare una revisione della sicurezza e di registrare i propri servizi presso i sistemi del governo. L’aderenza alle norme viene richiesta anche ai fornitori offshore di strumenti di intelligenza artificiale generativa, che in ogni caso non hanno sinora ricevuto il via libera dalle autorità cinesi. E difficilmente lo otterranno, se insegna qualcosa la storia della rete e dei social occidentali.

L’adesione ai valori socialisti

Nelle nuove linee guida non compaiono invece le disposizioni previste in bozza che prevedevano multe fino a 100 mila yuan (14 mila dollari) per le violazioni, nonché l’obbligo per gli operatori delle piattaforme di agire entro un periodo di grazia di tre mesi per correggere i contenuti problematici. Le nuove regole incoraggiano inoltre gli sviluppatori cinesi di chip, modelli e software di intelligenza artificiale a impegnarsi nella definizione di standard internazionali e negli scambi tecnologici. Altro segnale di quali siano le priorità strategiche individuate dal governo cinese, che ha di fatto chiesto ai suoi campioni privati di ri-orientare gli sforzi e gli investimenti nei settori più congeniali agli obiettivi politico-tecnologici del Partito.

Ci sono anche delle aggiunte, che confermano la tendenza a un maggiore accentramento decisionale, già evidente dalla riforma dell’apparato governativo e statale approvata durante le “due sessioni” legislative di marzo. Il testo indica infatti nella Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma e nel rinnovato ministero della Scienza e della tecnologia gli emittenti congiunti del regolamento. Le agenzie governative competenti avranno l’autorità di “supervisionare e ispezionare i servizi di intelligenza artificiale generativa in base alle loro responsabilità“, coi fornitori chiamati a cooperare e fornire spiegazioni riguardo alla fonte dei dati, alle regole di etichettatura e ai meccanismi degli algoritmi.

Insomma, niente briglia sciolta. Secondo le norme, i fornitori di servizi di intelligenza artificiale devono “aderire ai valori socialisti fondamentali” e non generare contenuti che “incitino alla sovversione del potere statale e al rovesciamento del sistema socialista, mettano in pericolo la sicurezza e gli interessi nazionali, danneggino l’immagine del paese, incitino alla secessione dal Paese, minino l’unità nazionale e la stabilità sociale, promuovano il terrorismo, l’estremismo, l’odio nazionale e la discriminazione etnica, la violenza, l’oscenità e la pornografia“.

La nuova campagna su internet

Regole che si sposano coi concetti espressi da Xi Jinping in un discorso pronunciato il 16 luglio durante un evento sulla cybersecurity che si è svolto a Pechino. Il presidente cinese ha dichiarato che il paese deve costruire una “solida” barriera di sicurezza intorno a Internet sotto la supervisione del Partito da lui diretto: “La Cina deve continuare a gestire, operare e garantire l’accesso a Internet in conformità con la legge. Dobbiamo aderire alla gestione di Internet da parte del Partito e al principio di far funzionare Internet per il popolo”. Contestualmente al suo discorso, il ministero della Pubblica Sicurezza ha avviato una campagna contro fake news e rumors online. L’obiettivo dichiarato è quello di informare meglio il pubblico sui danni della disinformazione.

D’altronde, la rete cinese ha maglie strette, pronte ad allargarsi e a richiudersi a seconda del momento. Lo stesso principio lo si vuole applicare all’intelligenza artificiale, settore in cui la Cina si è posta obiettivo di diventare leader mondiale entro il 2030. Già oggi, la Repubblica Popolare è il primo paese al mondo per numero di brevetti, spesso orientati sulle applicazioni pratiche delle nuove tecnologie. Già presente in diversi settori industriale e nel campo sanitario, l’intelligenza artificiale con caratteristiche cinesi sembra destinata ad avere sbocchi meno ludici ma più settoriali anche nella sua declinazione generativa. Sempre sotto lo sguardo attento di chi controlla il timone.



[Fonte Wired.it]

I migliori speaker bluetooth waterproof per goderti la musica in estate
| Wired Italia

I migliori speaker bluetooth waterproof per goderti la musica in estate | Wired Italia



Da Wired.it :

(Ultimo aggiornamento: luglio 2023)

In estate, con il caldo e la voglia d’acqua che si fa impellente, anche i migliori speaker bluetooth rischiano di non essere all’altezza delle aspettative. Da un lato in effetti questi dispositivi sono per natura i migliori alleati di chi ama ascoltare musica all’aperto e in compagnia; d’altro canto però per chiunque voglia passare il tempo libero in vicinanza dell’acqua, per una grigliata in riva al lago o un weekend al mare, servono modelli robusti e capaci di resistere all’ingresso dell’umidità nei circuiti.

Gli altoparlanti bluetooth impermeabili generalmente rispondono a entrambi i requisiti e sono costruiti appositamente per resistere nelle situazioni di divertimento più estreme. Da una parte vantano corazze più robuste che li proteggono dall’impatto contro rocce e terreno, dall’altra sono schermati per resistere ad urti e scossoni. Il tocco finale è un sistema di impermeabilizzazione per impedire a polvere, sabbia e gocce d’acqua di penetrare all’interno dei dispositivi, rovinandoli.

Fortunatamente ormai di gadget così ne esistono numerosi in commercio; il problema è che non si lasciano individuare facilmente da un occhio poco preparato. Lo sforzo lo abbiamo fatto noi puntando i riflettori sui modelli più apprezzati e affidabili.

Quando usarli, quando evitarli

Così ben protetti, gli speaker bluetooth waterproof non sono indicati solo nelle vicinanze di piscine o bacini d’acqua, ma anche in presenza di terra, sabbia e altre polveri insidiose. Mari, laghi e fiumi sono dunque solo alcuni degli scenari in cui è possibile utilizzare questi strumenti, che non temono neanche escursioni o gite in campeggio interrotte dalla pioggia, così come una meno avvenuturosa ma ugualmente umida pausa di relax sotto la doccia o nella vasca da bagno. Alcuni gadget sono inoltre immaginati esplicitamente per la vita outdoor e dotati di materiali più resistenti e altre soluzioni per assorbire meglio eventuali urti e scossoni.

Di contro, gli altoparlanti bluetooth waterproof scontano alcuni difetti rispetto alle controparti dedicate al grande pubblico. L’attenzione maggiormente rivolta a schermarli da acqua, polvere, urti e intemperie va a scapito della qualità dell’audio riprodotto, ma anche il design risente di quest’ordine di priorità invertito. Ovviamente esistono in commercio prodotti che puntano a ridurre a zero i compromessi e dare il massimo sotto tutti i punti di vista, ma il prezzo di queste soluzioni è generalmente più alto.

Cosa valutare in uno speaker waterproof

Le altre caratteristiche da valutare per scegliere il miglior altoparlante bluetooth a prova d’acqua sono le stesse che valgono per gli altri speaker portatili.

  • La qualità dell’audio, che si può prevedere da fattori come
  • La potenza delle casse, espressa in watt o in decibel, determina in quali ambienti e situazioni può essere usato il dispositivo — in coppia sotto l’ombrellone o condiviso da un gruppo di ballo da spiaggia.
  • L’autonomia della batteria, misurata in ore.
  • La presenza di ingressi secondari come quello dedicati ai jack audio da 3,5 millimetri, che può sempre tornare utile.
  • Le dimensioni, utili a capire se lo speaker può essere infilato in valigia, nello zaino o in una tracolla.

I migliori speaker bluetooth waterproof

Con questi parametri in mente abbiamo selezionato i migliori altoparlanti bluetooth impermeabili in circolazione. Dai modelli più compatti e tascabili agli impianti più ingombranti e squassanti; dai prodotti sommergibili a quelli galleggianti; dai gadget più costosi e ad alta fedeltà a quelli che puntano invece su un maggior rapporto qualità-prezzo. Per chi poi è in cerca di audio bluetooth a 360 gradi abbiamo raccolto anche le migliori casse in assoluto e le più allettanti sotto i 50 euro.




[Fonte Wired.it]

crea più di un problema
| Wired Italia

crea più di un problema | Wired Italia



Da Wired.it :

La vendita, riporta Euronews, avviene in gruppi chiusi sui social media, al riparo da occhi indiscreti. Per Villa, in Italia c’è un altro problema: “Quello della pubblicità. La normativa italiana risale al 2016 e vieta la promozione su stampa radio e tv. Ma oggi l’importanza dei social è cresciuta e, nonostante gli influencer famosi sembrino essersi allontanati dal prodotto, ce ne sono di meno noti che continuano a pubblicizzarle, magari con link che conducono direttamente alle pagine ufficiali dei produttori. Serve chiarire in modo esplicito il divieto di ogni forma di pubblicità, inclusa quella sui social network, perché quello dello svapo è un mondo che storicamente ha puntato molto su queste piattaforme”.

Se un oncologo di fama come Umberto Veronesi appoggiava le e-cig ricaricabili in una logica di riduzione del danno da fumo, le monouso (che ai tempi del medico milanese non erano in commercio) esulano dal ragionamento: non è possibile scalare il contenuto di nicotina, che è caricato in fabbrica. Inoltre, per le usa e getta si impiegano i sali di nicotina: in questa forma, la sostanza arriva più velocemente al cervello, aumentando la dipendenza, e non si verifica il “colpo” in gola, il cui fastidio può costituire un primo, approssimativo limite a un consumo eccessivo.

Vanno smaltite correttamente

Non bastasse, c’è la questione ambientale. Le sigarette elettroniche usa e getta sono dispositivi piccoli, ma molto diffusi: la quantità di rifiuti prodotti sommando i volumi è rilevante. Pochi sanno come smaltirle correttamente, e che vanno considerati alla stregua di piccoli rifiuti elettronici: come un caricabatterie, per esempio.

Tre le modalità corrette di smaltimento, spiega il consorzio Erion, che si occupa della gestione dei Raee (rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) . La prima è portare la e-cig in un’isola ecologica. La seconda è la cosiddetta “uno contro uno”, che permette di consegnare gratuitamente a qualsiasi negozio di apparecchiature elettriche ed elettroniche (quindi anche ai tabaccai che vendono le e-cig) tutte le tipologie di Raee, di qualsiasi dimensione, a fronte di un acquisto equivalente. Questa modalità è valida sia per gli acquisti effettuati nei punti vendita fisici sia per quelli online. “Ma l’impressione è che molti tabaccai non ne siano a conoscenza – dice Villa -. A Milano abbiamo provato in tre diversi esercizi e nessuno ne sapeva nulla”.

Infine, la cosiddetta “uno contro zero, che permette di consegnare gratuitamente il proprio piccolo Raee (con dimensione massima inferiore a venticinque centimetri) senza l’obbligo di acquisto di un nuovo prodotto presso i punti vendita con superfici dedicate alla vendita di apparecchiature elettriche ed elettroniche superiori a quattrocento metri quadri.

Sono ancora troppi i Raee gettati in modo non corretto o conservati inutilmente nelle case degli italiani – commenta Giorgio Arienti, direttore generale di Erion – Parliamo soprattutto di piccoli rifiuti, come le sigarette elettroniche, che, quando non più utilizzati o non più funzionanti, finiscono per essere dimenticati. Questo perché i cittadini non sanno cosa siano i Raee, quale sia il loro valore ambientale e, di conseguenza, non sanno come si faccia la raccolta differenziata di questi rifiuti. Occorre intervenire su più fronti: da un lato incrementare le iniziative di sensibilizzazione e formazione, dall’altro aumentare e semplificare le opportunità di conferimento così che fare la cosa giusta sia un gesto immediato”.



[Fonte Wired.it]

Robot, smettiamo di trattarli come degli esseri umani
| Wired Italia

Robot, smettiamo di trattarli come degli esseri umani | Wired Italia



Da Wired.it :

Hanson Robotics, l’azienda che produce Sophia e altri androidi realistici, è estremamente abile nel costruire macchine in grado di imitare le espressioni umane. Alcuni anni fa ho visitato la sede centrale dell’azienda a Hong Kong e ho incontrato il fondatore David Hanson, che in passato aveva lavorato a Disney. Il laboratorio dell’azienda sembrava uscito da Westworld o Blade Runner, con robot scollegati che guardano con aria triste in lontananza, facce raggrinzite appoggiate sugli scaffali e prototipi che balbettano sempre le stesse parole in un loop infinito.

Hanson e io abbiamo parlato dell’idea di aggiungere una vera intelligenza a queste macchine evocative. Ben Goertzel, noto ricercatore di intelligenza artificiale e amministratore delegato di SingularityNET, è a capo di un progetto per applicare i progressi dell’apprendimento automatico al software dei robot di Hanson, che consentirebbe agli androidi di rispondere al linguaggio umano.

A volte l’intelligenza artificiale alla base Sophia può fornire risposte passabili, ma la tecnologia non è così avanzata quanto GPT-4, il sistema che alimenta la versione più avanzata di ChatGPT e la cui creazione è costata più di 100 milioni di dollari. Naturalmente, anche ChatGPT e altri programmi di Ai all’avanguardia non sono capaci di rispondere in modo sensato alle domande sul futuro dell’intelligenza artificiale. Forse è meglio considerarli come imitatori dotati di conoscenze preternaturali che, per quanto capaci di ragionamenti sorprendentemente sofisticati, sono profondamente imperfetti e hanno solo una “conoscenza” limitata del mondo.

Le fuorvianti “interviste” a Sophia e compagnia a Ginevra ci ricordano come l’antropomorfizzazione dei sistemi di AI possa portarci fuori strada. La storia dell’intelligenza artificiale è costellata di esempi in cui gli esseri umani hanno fatto un uso eccessivo dei nuovi progressi nel campo.

Tendenza che viene da lontano

Nel 1958, agli albori del settore, il New York Times scrisse di uno dei primi sistemi di apprendimento automatico, una rudimentale rete neurale artificiale sviluppata per la Marina degli Stati Uniti da Frank Rosenblatt, uno psicologo della Cornell. “La Marina ha svelato oggi l’embrione di un computer elettronico che si aspetta sia in grado di camminare, parlare, vedere, scrivere, riprodursi ed essere cosciente della propria esistenza“, riportava il Times, un’affermazione audace riferita a un circuito in grado di imparare a individuare schemi in 400 pixel.

Guardando indietro alla copertura di Deep Blue – il supercomputer di Ibm capace di giocare a scacchi – di AlphaGo di DeepMind, e di molti dei progressi del deep learning nell’ultimo decennio – che discendono tutti direttamente dalla macchina di Rosenblatt – ci si trova sempre davanti allo stesso fenomeno: persone che prendono ogni avanzamento come un segno di un’intelligenza più profonda e simile a quella umana.

Questo non vuol dire che questi progetti – o anche la creazione di Sophia – non siano imprese notevoli, o potenzialmente passi avanti verso macchine più intelligenti. Ma per valutare i progressi di questa potente tecnologia è importante avere le idee chiare sulle capacità dei sistemi di AI. Per dare un senso ai progressi nel campo, il minimo che possiamo fare è smettere di fare domande stupide ai pupazzi animati.

Questo articolo è comparso originariamente su Wired US.



[Fonte Wired.it]

ChatGPT: abbiamo bevuto cocktail creati con l’intelligenza artificiale. Ecco come è andata

ChatGPT: abbiamo bevuto cocktail creati con l’intelligenza artificiale. Ecco come è andata



Da Wired.it :

All’Ai non si può chiedere “fammi il solito” (Bard, l’intelligenza artificiale di Google appena sbarcata in Italia, in tutta risposta domanda “cosa prendi di solito?”), ma ChatGPT è in grado di giocarsela con un barman in carne e ossa quando si tratta di creare un cocktail. Basta inserire in chat le indicazioni riguardo ai propri gusti in fatto di drink per ricevere ricette dettagliate di varianti fantasiose come il Cedro Cocco Fitz. A volte sensate, altre piuttosto imbevibili.

Robot barman e drink list

Al bancone le tecnologia non è esattamente una sconosciuta. Esistono parecchie versioni di robot pensati per preparare drink in autonomia, da Makr Shakr (che per un periodo ha shakerato su una terrazza in piazza del Duomo a Milano) a quello steampunk. Ma nel caso degli automi è sempre l’uomo a programmare le indicazioni per fare uno spritz o un gin tonic. Applicazioni come ChatGPT sono invece in grado, oltre che di suggerire ricette classiche (con qualche scivolone: Bard nel negroni si dimentica il ghiaccio), di creare cocktail nuovi di zecca.

Un’opportunità colta al volo da Iter, locale milanese sul Naviglio Grande, che ha annunciato per settembre una nuova drink list con otto cocktail creati dall’Ai (e poi rielaborati dai barman del cocktail bar). L’ispirazione per i drink è la Norvegia, dato che Iter costruisce i suoi menu sempre intorno a una destinazione diversa. Anche GinAI è frutto dell’intelligenza artificiale: si tratta di un gin, prodotto nel mantovano, il cui profilo aromatico è stato suggerito dall’Ai. Le botaniche che lo caratterizzano sono menta, basilico, limone, pompelmo rosa e zenzero.

Sfida tra Ai e bartender

Ma cosa succede a far sfidare un barman umano con uno che esegue semplicemente le indicazioni dettate dalla chat? Se lo è chiesto Mattia Pastori, barman (reale) di grande esperienza che nel suo quartier generale di Milano, Nonsolococktails, ha provato a far duellare Ai e bartender. Le regole del gioco sono semplici: alla cieca si pescano indicazioni sul tasso alcolemico (analcolico, molto alcolico…), sulla categoria (dal daiquiri al martini), sul gusto (fruttato, secco, agrumato…) e sul tema o contesto. Mentre un barman vero crea una ricetta ad hoc, viene chiesto a Chat Genius (che ricorda sempre di bere con moderazione) di ideare una sua proposta, che viene preparata da un altro barman.

Affidandosi al caso, le indicazioni sono state in alcuni casi sensate (come un daiquiri fruttato e tropicale alcolico) e in altri decisamente surreali: un martini vintage umami e analcolico è praticamente una supercazzola. Ma in ogni caso i baristi (virtuali e reali) non si sono tirati indietro e hanno ideato i loro drink, a volte avendo sorprendentemente anche le stesse intuizioni: il famoso martini vintage umami e analcolico è diventato un virgin mary sia nella proposta dell’AIi (terribile, completamente squilibrato e acido) sia in quella, al basilico, del barman.

Il margarita secondo ChatGPT

In generale i cocktail del professionista umano sono sembrati più pensati, più complessi, più profondi. Mentre Chat Genius ha elaborato drink più basici, con meno anima. E a volte sorprendentemente lontani da quello che ci si può aspettare al bancone, come un margarita dallo stile italiano e speziato non ha nulla del margarita (per esempio tequila o mezcal) ma è semplicemente servito in un bicchiere tipicamente da margarita. E come tocco italiano usa la grappa, che pare essere considerata dall’AI la quintessenza del made in Italy in mixology, e il caffè.

“A volte l’AI cade sul banale, ma a volte ti sorprende con cose a cui non avresti mai pensato”, commenta Mattia Pastori, il creatore della sfida barman vs ChatGPT (finita tendenzialmente con una vittoria dell’umano sulla macchina). Certo, resta il fatto che un barman al bancone, oltre a offrire un’accoglienza reale, è anche in grado di fare le giuste domande per capire cosa ha voglia di bere il cliente. E, per ora, è l’unico a capire al volo cosa si intende con “fammi il solito”.





[Fonte Wired.it]