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Recensione Redmi Note 13 Pro+ 5G: qualità ma troppi concorrenti

Recensione Redmi Note 13 Pro+ 5G: qualità ma troppi concorrenti



Da Wired.it :

A bordo troviamo ancora Android 13 ma il rilascio della nuova versione è questione di settimane, un peccato perché gli aggiornamenti principali previsti per questo telefono sono solo tre. È presente l’interfaccia Miui 14 anch’essa presto sostituita dalla più recente HyperOS.

Connettività ovviamente 5G, wifi 6, bluetooth 5,3, Nfc e oltre al supporto per due sim c’è anche la possibilità di gestire le sim elettroniche. Audio stereo potente ma leggermente sbilanciato.

Fotocamere

Il marketing del prodotto mette in evidenza la camera principale con un sensore da 200 megapixel, una generosità di dettagli come sempre più utili sulla carta che nella realtà anche se le immagini di default sono a 12 MP. Chiaramente scattando a risoluzione piena si possono effettuare ritagli di immagini mantenendo elevata la qualità degli ingrandimenti che compensano l’assenza di uno zoom ottico. Nel complesso le foto risultano sempre buone, in tutte le condizioni di luce, merito anche di una buona luminosità del sensore (f/1.65) che abbiamo potuto apprezzare a pieno durante la trasferta nella capitale thailandese.

Le altre camere sono essenzialmente di servizio e la loro qualità non è paragonabile a quella principale: ultra-grandangolare da 8MP con apertura f/2.2 e campo visivo da 120°, macro da 2MP con apertura f/2.4, anteriore da 16MP con apertura f/2.5. La stabilizzazione ottica è presente solo su quella principale che è anche la sola a supportare i video in 4K a 30 fps.

Due scatti con la camera principale da 200 MP dello Xiaomi Redmi Note 13 Pro+

Autonomia

Il telefono di dispone di una ormai batteria standard da 5000 mAh, una capienza che consente di arrivare a fine giornata con un buon margine di sicurezza tra il 20/30% di autonomia residua. Il vero vantaggio è quello della presenza in confezione dell’alimentatore da 120 W che permette una ricarica super veloce: bastano 19 minuti per portarlo da 0 al 100%.

Conclusioni

Xiaomi sta lanciando tanti telefoni, forse troppi, il rischio è di complicare la scelta del consumatore. Redmi Note 13 Pro+ è sicuramente un prodotto di qualità e di sostanza ma il posizionamento di prezzo a partire da 449 euro rischia di metterlo in diretta concorrenza con altri prodotti dell’azienda cinese, soprattutto se si può allocare un budget leggermente superiore. Tuttavia, questo smartphone non scontenta e ha dei plus tangibili, dalla ricarica veloce all’IP 68, ma non è un autentico camera phone come il marketing lo vorrebbe far apparire. Probabilmente il vero best buy è il fratello minore Redmi Note 13 Pro, commercializzato a partire da 329,90 euro.



[Fonte Wired.it]

Mare Fuori è diventato come la telenovela piemontese di Mai dire TV

Mare Fuori è diventato come la telenovela piemontese di Mai dire TV



Da Wired.it :

C’era una volta Mare Fuori, quello che ha tenuto incollati allo schermo milioni di spettatori. Ora c’è sempre Mare Fuori ma parliamo di qualcosa di completamente diverso. I più grandicelli si ricorderanno la mitica Sogni d’Amore, la telenovela trasmessa nei primi anni Novanta sulle emittenti locali piemontesi e diventata celebre per essere stata ripresa dalla Gialappa’s in Mai dire Tv.

Ecco, siamo a quei livelli.

I primi sei episodi della quarta stagione, attesissimi dal pubblico, sono in estrema sintesi una cocente delusione.

Andavamo pazzi per la serie televisiva. I personaggi, le storie che si intrecciavano, i colpi di scena. Anche chi si è avvicinato a Mare Fuori con un po’ di perplessità (pensando che fosse una di quelle produzioni pensate solo per un pubblico di giovanissimi) poi si è ritrovato a fare un binge watching di quelli seri e a cantare O’ mar for a squarciagola.

Il cringe della quarta stagione

L’attesa è stata lunga e le aspettative altissime. E diciamo la verità, sono pochissime le serie tv che riescono a mantenere lo stesso livello qualitativo per più stagioni (Six Feet Under anyone?). Ma qui non si tratta di stanchezza o di mancanza di idee. Mare Fuori è proprio cambiata ed è davvero un grandissimo dispiacere.

Non è facile entrare nei dettagli senza fare spoiler, quindi se non avete ancora visto la quarta stagione di Mare Fuori fermatevi qui.



[Fonte Wired.it]

Per la prima volta nella sua storia, Vanity Fair celebra tutti i cantanti in gara al Festival di Sanremo con una copertina tripla e 30 cover singole

Per la prima volta nella sua storia, Vanity Fair celebra tutti i cantanti in gara al Festival di Sanremo con una copertina tripla e 30 cover singole



Da Wired.it :

Il Festival non è mai stato così bello: aperto, contemporaneo, libero. È la fotografia dell’Italia: vecchie e nuove generazioni, progressisti e conservatori, cantanti lirici e trapper. Tutti insieme sul palco del Teatro Ariston, finalmente diventato lo spazio della diversità. L’appuntamento si ripeterà ogni anno con progetti artistici sempre nuovi e sorprendenti che intendono la musica come sogno di un mondo migliore.

Il nuovo numero di Vanity Fair, in edicola dal 7 febbraio, celebra il Festival di Sanremo con una copertina spettacolare a triplo battente e 30 cover digitali che ospitano l’intero cast dell’appuntamento canoro più amato dagli italiani. All’interno un portfolio curato dal direttore Simone Marchetti e fotografato da Joseph Cardo con i protagonisti visti attraverso la lente del glamour e della moda, patrimonio italiano che sottolinea la nostra capacità di costruire bellezza.

Come sottolinea Francesco Vezzoli, artista di fama internazionale che firma un racconto esclusivo sull’evoluzione del costume e del linguaggio del Festival, «Sanremo sono gli Oscar italiani. Ci tiene incollati e ci fa sognare, come la moda, ci trasporta in mondi-rifugio immaginari».

Vanity Fair seguirà il Festival con una copertura straordinaria sul sito e sui canali social con interviste, curiosità e approfondimenti delle giornate e delle serate sanremesi.

E sarà protagonista con appuntamenti live: Vanity Fair Club Costa – Loveboat Party, un evento con DJ-set a bordo della Costa Smeralda ancorata nel golfo di Sanremo, e con la seconda edizione del Vanity Fair Club in collaborazione con Sephora che andrà in scena la notte prima dell’inizio del Festival. Un grande progetto culturale e d’immagine che Vanity Fair vuole proporre ogni anno per celebrare il Festival di Sanremo, il suo valore e la sua evoluzione.

La cover story è disponibile sul numero di Vanity Fair in edicola dal 7 febbraio e sul sito vanityfair.it

Creative direction: Simone Marchetti e Teresa Marra

Fotografo: Joseph Cardo

Fashion Stylist: Aurora Sansone



[Fonte Wired.it]

Suv, a Parigi parcheggiarlo costerà il triplo

Suv, a Parigi parcheggiarlo costerà il triplo



Da Wired.it :

Parcheggiare suv o fuoristrada in centro a Parigi costerà 18 euro l’ora, il triplo della normale tariffa richiesta per gli altri veicoli. Lo hanno deciso i cittadini e le cittadine della capitale francese, che hanno votato un referendum indetto dalla sindaca socialista Anne Hidalgo. L’obiettivo è quello di contrastare la crisi climatica e migliorare la sicurezza stradale, colpendo i mezzi con un impatto maggiore.

Sotto la guida di Hidalgo, la città di Parigi è andata nella direzione di ridurre la velocità e la presenza delle automobili. Da settembre 2021 il limite di velocità nelle aree urbane è stato portato a 30 chilometri orari, i veicoli a diesel sono stati vietati, i parcheggi di superficie ridotti e potenziati quelli sotterranei. In questo modo, e grazie alla consistente espansione della rete di piste ciclabili, la presenza di auto private è diminuita costantemente e l’uso di biciclette è aumentato del 71%.

Auto sempre più ingombranti

Tuttavia, come riporta l’ultima ricerca della Federazione europea per il trasporto e l’ambiente, le dimensioni medie della auto stanno crescendo costantemente di circa 1 centimetro all’anno dagli anni Novanta del Novecento, aggravando problemi ambientali, di spazio e di sicurezza. Nel 1990, il peso medio di un veicolo era di 975 chili, mentre oggi è arrivato a 1.233 chili. I suv pesano quasi 200 chili in più degli altri veicoli, sono 25 centimetri più lunghi e 10 più larghi e oggi rappresentano circa il 50% delle vendite di veicoli privati in Europa.

Oltre a comportare un aumento delle emissioni – secondo l’Agenzia internazionale dell’energia si tratta del 20% di emissioni di CO2 in più rispetto a una berlina – e un maggior ingombro nelle città, i veicoli più grandi sono anche più pericolosi. Gli incidenti che coinvolgono suv o fuoristrada sono due volte più fatali rispetto alle auto più piccole. Su X, l’ex Twitter, il vicesindaco di Parigi, Emmanuel Grégoire, ha descritto i Suv come “un disastro ambientale” e più pesanti, pericolosi e inquinanti degli altri veicoli. Mentre Hidalgo, come riporta il Guardian, ha sottolineato come le misure di contrasto a questi mezzi rappresentino una “forma di giustizia sociale”.

Un referendum poco partecipato

Il referendum, tuttavia, ha visto la partecipazione di appena 80mila persone. Su una popolazione complessiva di oltre 2 milioni (dati 2023). Insomma, tutt’altro che un plebiscito, il che rende la decisione strattonata dal punto di vista politico. Le regole scatteranno a partire da settembre e saranno diverse a seconda della durata e della posizione del parcheggio. Per le zone centrali, il costo sarà di 18 euro l’ora fino alle 2 ore, poi il prezzo raddoppierà ogni ora, per arrivare a 225 euro per 6 ore di sosta. Nelle zone più periferiche si partirà invece dai 12 euro l’ora, per arrivare a 150 euro per 6 ore di parcheggio.

I prezzi si applicheranno ai veicoli con motore a combustione o ibridi di peso superiore a 1,6 tonnellate e ai veicoli elettrici di peso superiore a 2 tonnellate. Mentre i residenti di Parigi, i lavoratori che hanno parcheggi aziendali e le persone con disabilità potranno continuare a pagare le tariffe previste per gli altri veicoli diversi dai suv. Ovviamente sono esclusi dalla maggiorazione anche tutti i mezzi commerciali.

Anche con queste eccezioni, la mossa interesserà circa 130 mila veicoli, il 15% del totale parigino, e potrebbe fruttare alla capitale francese entrate pari a circa 35 milioni di euro all’anno, che verranno impiegati per infrastrutture e iniziative di contrasto alla crisi climatica. Molte capitali europee, tra cui Londra, hanno seguito con attenzione il referendum e stanno monitorando i suoi effetti nella prospettiva di introdurre iniziative simili. Mentre a Lione, terza città più popolosa della Francia, introdurrà tariffe più alte per i veicoli più grandi già a partire da giugno 2024.





[Fonte Wired.it]

Elon Musk, c’è un problema di droga nelle aziende?

Elon Musk, c’è un problema di droga nelle aziende?



Da Wired.it :

Elon Musk avrebbe fatto pressioni sugli attuali o ex dirigenti delle sue compagnie perché facessero uso di sostanze stupefacenti assieme a lui. Lo ha rivelato il Wall Street Journal in una nuova puntata dell’inchiesta sui dei presunti problemi di droga del miliardario sudafricano, circa un mese dopo aver pubblicato un dettagliato resoconto di testimonianze ed episodi legati al consumo di sostanze da parte di Musk.

Elon Musk

Secondo un recente articolo del Wall Street Journal, l’imprenditore avrebbe fatto uso costante di Lsd, cocaina, ecstasy, ketamina e funghi psichedelici. Investitori e azionisti sono preoccupati per l’impatto sulle sue aziende

In base a quanto si legge nella nuova indagine, tutti i vertici aziendali di Tesla, la compagnia di veicoli elettrici, e di SpaceX, l’azienda aerospaziale, avrebbero ricevuto pressioni da Musk per fare uso di droghe durante feste o riunioni. Consisterebbe quasi in una pratica cameratesca, una specie di rituale degno delle peggiori rappresentazioni cinematografiche del consumo di sostanze, in cui il capo le offre ai suoi dipendenti e chi non accetta rischia di essere emarginato.

Musk ha rigettato le accuse di aver fatto uso di cocaina, ecstasy, allucinogeni e ketamina sostenute dalle testimonianze riportate dal Wall Street Journal, spiegando su X di non essere mai risultato positivo ai controlli antidroga casuali effettuati per tre anni da parte della Nasa, l’agenzia spaziale del governo degli Stati Uniti con cui ha contratti miliardari, dopo aver fumato della cannabis durante un’intervista trasmessa in diretta streaming.

Tuttavia, l’ultimo articolo del Wall Street Journal, sottolinea come la cultura del consumo di Musk si sia riflessa sui suoi più stretti partner e collaboratori, tra cui direttori e membri dei consigli di amministrazione delle sue società. In particolare, queste persone sarebbero state spinte ad assumere droghe insieme a Musk per paura di perdere status, ruoli e introiti, dato che il miliardario avrebbe avuto reazioni infastidite in caso di rifiuto.

La situazione sarebbe stata molto tesa già nel 2022, quando l’ex dirigente di Tesla Larry Ellison avrebbe proposto a Musk di fare con lui un ritiro alle Hawaii per disintossicarsi da varie sostanze, in particolare cocaina, allucinogeni, ecstasy e ketamina. Invito che sarebbe stato rifiutato, aumentando ulteriormente la preoccupazione dei dirigenti per la sua tenuta emotiva.





[Fonte Wired.it]

Bitcoin, il processo contro l’uomo che dice di averli inventati

Bitcoin, il processo contro l’uomo che dice di averli inventati



Da Wired.it :

Il 24 gennaio, due settimane prima dell’inizio del processo, Wright ha presentato a sorpresa al Copa un’offerta di accordo. Stando ai termini della proposta, Wright avrebbe interrotto le proprie azioni legali nei casi collegati e rinunciato al diritto di perseguire i diritti di proprietà intellettuale sui bitcoin. In cambio, il gruppo avrebbe dovuto riconoscere Wright come Satoshi Nakamoto e accettare una serie di altre clausole. In un tweet, il Copa ha dichiarato di non avere intenzione di accettare l’offerta, che presenterebbe “scappatoie che consentirebbero a [Wright] di continuare a citare in giudizio le persone“. La speranza del consorzio è che una sentenza a suo favore “crei uno spazio sicuro” in cui gli sviluppatori non possano essere “intimiditi o costretti” a interrompere il proprio lavoro sulle tecnologie legate alle criptovalute.

Le possibili conseguenze sul mondo dei bitcoin

Mentre una vittoria del Copa rappresenterebbe di fatto un ritorno allo status quo, nel caso fosse Wright a prevalere avverrebbe il contrario. Se il tribunale dovesse stabilire che Wright è l’autore del white paper sui bitcoin – e quindi Nakamoto – si aprirebbe una strada più chiara verso una sua affermazione anche nelle cause collegate intentate dallo stesso informatico. Nel procedimento più importante, noto informalmente come “Database Rights Case”, Wright accusa gli sviluppatori di bitcoin di aver violato i suoi diritti di proprietà intellettuale apportando “modifiche fondamentali” al sistema alla base della criptovaluta senza richiedere una licenza o un’autorizzazione. Di fatto, Wright chiede una sentenza che renda illegale modificare il codice dei bitcoin senza la sua autorizzazione e che gli consenta di controllare il software principale utilizzato per collegarsi al sistema della criptovaluta.

L’impatto di un verdetto simile si farebbe sentire anche a livello globale. “I principi generali previsti dalla legge sul copyright sono armonizzati” da un accordo adottato dalla stragrande maggioranza dei paesi del mondo. In altre parole, se un tribunale del Regno Unito stabilisse che è Nakamoto, Wright probabilmente verrebbe riconosciuto come tale dalle corti di tutto il mondo.

La rete bitcoin, spiega Lopp, è strutturata in modo tale che le parti che eseguono i client software – come quelli alla base del sistema di pagamento – non possano essere costrette ad adottare modifiche al codice. Di default, le modifiche possono essere solo proposte, non applicate. Ciò significa che Wright non sarebbe in grado di apportare cambiamenti unilaterali alla criptovaluta.

In caso di vittoria, tuttavia, Wright potrebbe rendere più difficile agli sviluppatori collaborare liberamente sul codice dei bitcoin, facendo leva sui suoi diritti di proprietà intellettuale per intentare cause contro chi non chiede una licenza. In questo contesto, gli sviluppatori del progetto potrebbero essere costretti a operare in modo anonimo per proteggersi: “Dovremmo diventare dei cypherpunk molto più irriducibili“, dice Lopp. Se sempre meno sviluppatori sono disposti a rischiare azioni legali, la salute e l’usabilità del sistema potrebbero deteriorarsi. Nel tempo, il rischio è che i bitcoin scivoli verso l’oscurità.

Secondo Lopp, per la criptovaluta sarebbe molto meglio se l’identità del suo creatore rimanesse un mistero. I bitcoin sono “tutt’altro che perfetti“, sottolinea, ma senza la figura di Satoshi – che si tratti di Wright o chiunque altro – gli sviluppatori potranno continuare a lavorare per migliorare il sistema.

Il più grande regalo di Satoshi al mondo sono stati i bitcoin – commenta Lopp –. Il suo secondo più grande regalo è stato sparire“.

Questa articolo è apparso originariamente su Wired US.





[Fonte Wired.it]