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La Cina ha lanciato la missione Shenzhou-18 con tre astronauti diretti verso la stazione spaziale cinese

La Cina ha lanciato la missione Shenzhou-18 con tre astronauti diretti verso la stazione spaziale cinese

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Continua l’avvicendamento degli equipaggi a bordo della stazione spaziale cinese Tiangong (CSS). L’ultimo lancio, in ordine di tempo, è avvenuto alle 14:59 di ieri (ora italiana) dal Jiuquan Satellite Launch Center nel deserto del Gobi portando in orbita l’equipaggio di tre astronauti cinesi appartenenti alla missione Shenzhou-18 che andranno a sostituire quelli della precedente missione Shenzhou-17.

Questi ultimi sono arrivati a bordo della CSS alla fine di ottobre dello scorso anno e hanno effettuato, durante la loro permanenza nello Spazio, due attività extraveicolari oltre a diversi compiti di manutenzione e altri esperimenti. Ora toccherà al nuovo equipaggio continuare le operazioni nel corso dei prossimi mesi.

Ancora una volta è stato impiegato un razzo spaziale Lunga Marcia 2F con il docking che è avvenuto alle 21:32 di oggi (ora italiana). Si tratta della trentaduesima missione con equipaggio della Cina in tutta la sua storia e il 518° lancio di un razzo spaziale della serie Lunga Marcia.

La durata della missione Shenzhou-18 è data per circa 6 mesi, come le precedenti con il rientro che avverrà in una zona desertica vicino al sito di Dongfeng alla fine di ottobre di quest’anno. I nomi dei tre taikonauti sono stati rivelati solo poco prima del lancio. Si tratta di Ye Guangfu, Li Cong e Li Guangsu.

Shenzhou-18

Ye Guangfu aveva già fatto parte della missione Shenzhou-13 (conclusasi nel 2022) mentre gli altri due fanno parte del terzo gruppo di astronauti cinesi e questa sarà la loro prima missione. Nel corso della permanenza sulla CSS Tiangong riceveranno la navicella cargo Tianzhou-8 e l’equipaggio Shenzhou-19.

Shenzhou-18

Tra i compiti dell’equipaggio ci sarà quello di portare all’esterno della stazione spaziale sei esperimenti e dovrebbero compiere da due a tre attività extraveicolari (EVA). Durante queste ultime saranno installate protezioni per proteggere tubazioni, cavi e apparecchiature dai detriti spaziali. Saranno condotti anche esperimenti riguardanti la fisica di base in microgravità, scienza dei materiali, biologia (per esempio ci sarà un acquario contenente pesci zebra) e medicina. La CNSA e la CMSA hanno anche annunciato che non escludono nei prossimi anni di ospitare a bordo di Tiangong turisti spaziali ma non sono state definite tempistiche ufficiali in merito né se gli astronauti potranno essere di altre nazioni.

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La sonda spaziale NASA Psyche comunica via laser con la Terra da 226 milioni di chilometri

La sonda spaziale NASA Psyche comunica via laser con la Terra da 226 milioni di chilometri

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Recentemente abbiamo scritto di come la vicenda della sonda spaziale NASA Voyager 1 abbia avuto una svolta positiva con il ripristino di parte della comunicazione (per il momento solo i dati ingegneristici). Comunicare nello Spazio è complesso e quando le distanze sono molto grandi le cose si complicano ulteriormente. In vista di future missioni umane su Marte nei prossimi decenni la NASA e altre agenzie spaziali stanno sperimentando nuovi sistemi. Uno di questi è a bordo della sonda spaziale NASA Psyche diretta verso l’asteroide metallico 16 Psyche (che raggiungerà nel 2029).

Il sistema ottico, basato su laser nel vicino infrarosso, dovrebbe permettere di incrementare notevolmente l’ampiezza di banda disponibile per le trasmissioni rispetto a quelle basate su onde radio (utilizzate convenzionalmente). Questo significa poter inviare un maggior numero di dati verso la Terra. A dicembre dello scorso anno un “simpatico” test aveva visto la trasmissione da parte della sonda di un video di un gatto che gioca con un puntatore laser e ora arriva un’altra prova del Deep Space Optical Communications o DSOC.

NASA Psyche: nuova trasmissione via laser da oltre 200 milioni di chilometri

Secondo quanto riportato dal JPL e dall’agenzia spaziale la sonda spaziale NASA Psyche è riuscita a impiegare il sistema ottico di comunicazione (che non è comunque quello principale e tutt’ora in fase sperimentale) da una distanza di 226 milioni di chilometri, ben superiore a quelle raggiunte in precedenza.

nasa psyche

Meera Srinivasan (del JPL) ha dichiarato che “abbiamo effettuato il downlink di circa 10 minuti di dati duplicati del veicolo spaziale durante un passaggio l’8 aprile. Fino ad allora, avevamo inviato test e dati diagnostici nei nostri downlink da Psyche. Ciò rappresenta una pietra miliare significativa per il progetto poiché mostra come le comunicazioni ottiche possono interfacciarsi con il sistema di comunicazioni a radiofrequenza di un veicolo spaziale”.

Rispetto al test di dicembre 2023, la velocità di trasmissione si è ridotta considerevolmente (la velocità massima è stata di 267 Mbps). Nel test di aprile 2024 sono stati raggiunti infatti al massimo i 25 Mbps, con un obiettivo minimo di 1 Mbps, ma la distanza era anche sette volte maggiore. Interessante notare che NASA Psyche, durante il test, stesse trasmettendo sia in radiofrequenza al Deep Space Network sia via laser all’osservatorio Palomar della Caltech in California.

nasa psyche

La quantità di dati inviati e ricevuti durante il test era ridotta e comprendeva fotografie di animali domestici oltre che dati ingegneristici. I dati complessivamente hanno viaggiato per circa 450 milioni di chilometri (tra andata e ritorno). Una delle problematiche da risolvere è la variabilità delle condizioni meteo sulla Terra che potrebbero interrompere le trasmissioni ottiche quando sono presenti nuvole particolarmente spesse. Le migliori prestazioni del sistema ottico via laser si ottengono invece con cieli completamente sereni.

Come scritto più sopra, il sistema Deep Space Optical Communications di NASA Psyche non è ancora quello principale. Saranno necessari altri test (anche da parte di altre sonde e satelliti) prima di validare in maniera definitiva la trasmissione spaziale con sistemi ottici per poi dismettere quelli che utilizzano le onde radio. Nel corso degli anni però vedremo sempre più prove di questo tipo sia in orbita bassa terrestre che a distanze crescenti, una svolta per l’invio e la ricezioni di dati dallo Spazio.

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Dacia Duster, prima guida: con le versioni ibride spacca il mercato

Dacia Duster, prima guida: con le versioni ibride spacca il mercato

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Il marchio Dacia continua ad ottenere ottimi risultati nel mercato italiano. Nel primo trimestre del 2024 ha aumentato i volumi di vendita del 14% rispetto allo stesso periodo del 2023, raggiungendo una market share del 5,6%, con un aumento quasi di pari passo, +15%, nel mercato ai privati.

È di fatto il brand più scelto nel nostro Paese, forte di una gamma semplice che copre molti segmenti ricercati, uno fra tutti quello dei SUV compatti, ma con velleità offroad. Stiamo parlando ovviamente di Dacia Duster, che fin dal suo lancio, avvenuto nell’ormai lontano 2010, ha saputo conquistare la fiducia degli italiani, partendo con poco più di 5.000 unità vendute, fino ad arrivare al picco del 2019 con oltre 43.000, per poi attestarsi negli ultimi anni tra 25.000 e 30.000 immatricolazioni all’anno.

Mentre scriviamo, le vendite di Duster per il 2024 viaggiano già verso quota 9.000, tutti contratti sottoscritti ancora con il modello uscente. E proprio ora abbiamo avuto l’occasione di guidare per la prima volta la nuova versione, che alcuni mesi fa ci era stata presentata in modalità statica. In particolare ci siamo messi al volante, in una due giorni, delle varianti elettrificate: mild hybrid 48 volt e full hybrid 140.


Prima volta per i motori elettrificati sul Duster, tecnologie che in parte avevano già esordito nella gamma, ad esempio con Jogger. Prima volta su Duster anche per la piattaforma CMF-B, utilizzata ampiamente dal Gruppo Renault, che ha permesso al marchio di ottimizzare ancora di più le economie di scala, permettendo di mantenere il solito prezzo competitivo, pur con diverse migliorie. Per tutto ciò che riguarda la parte estetica, e le principali differenze col passato, rimandiamo al nostro articolo già citato, in questa occasione ci siamo concentrati quasi esclusivamente sul comportamento in strada.




Abbiamo iniziato con la versione mild hybrid TCE 130, una novità assoluta per Dacia. Un motore benzina turbo 3 cilindri da 1,2 litri di nuova generazione basato sul ciclo Miller, che ottiene il supporto dell’unità elettrica da 48 volt nelle fasi di avviamento e accelerazione. Secondo la casa si riducono le emissioni di CO2 di circa il 10%, dato che ovviamente non abbiamo potuto verificare. Non ci sono tratti in cui il veicolo si muove solo in elettrico, del resto la batteria è di soli 0,8 kWh, ma si avverte una certa vivacità rispetto alle vecchie soluzioni solo termiche. Il cambio è solo manuale, a sei rapporti, il che aiuta a mantenere il motore reattivo, ma costringe a tanti interventi durante la guida.

Dacia Duster

Oltre alla trazione anteriore è disponibile anche la 4×4, che può beneficiare di un’altezza da terra di 217 cm, angoli di attacco e di uscita fino a 31° all’anteriore e 36° al posteriore, ed anche di modalità di guida specifiche per i terreni difficili, come Snow, Mud/Sand e Offroad. Alla guida il motore TCE appare la classica scelta per chi vuole un propulsore affidabile, senza particolare ricerca delle prestazioni, adatto in città ma anche in extraurbano. Nel nostro percorso di circa 200 km non abbiamo notato particolari carenze, se non forse la mancanza di un po’ di spunto in salita, ma nulla di grave. In nessun momento abbiamo avuto la sensazione che il motore fosse sottodimensionato per la vettura, ed il lavoro di insonorizzazione dell’abitacolo è stato fatto a regola d’arte. Come sappiamo il mild hybrid non è poi questa grande elettrificazione, ma è comunque un primo passo per chi non si fida ad andare oltre.

Dacia Duster

Il secondo giorno ci siamo invece messi al volante della variante Hybrid 140. Sostanzialmente una replica dell’E-Tech Hybrid di Renault, si basa su un motore benzina 4 cilindri da 1,6 litri da 94 CV, affiancato da due motori elettrici, uno principale da 49 CV, e uno starter/generatore ad alta tensione. Completa il tutto il cambio elettrificato, con 4 rapporti per la parte termica, e 2 rapporti per quella elettrica, senza frizione. Il risultato è una marcia sempre fluida, senza stacchi nel passaggio tra elettrico e termico, o viceversa, con un’ottima silenziosità di marcia, ed il computer di bordo che gestisce la carica della batteria da 1,2 kWh, decidendo quando viaggiare in solo elettrico, o quando accoppiare entrambe le trazioni o, ancora, quando recuperare carica con la parte termica. In aiuto c’è sempre ovviamente la frenata rigenerativa, disponibile anche in modalità B accentuata.

Dacia Duster

Il motore si avvia sempre in modalità elettrica, e questo offre già sensazioni positive all’avvio. Il cambio automatico si comporta sempre bene, ad eccezione di un problema abbastanza tipico di queste meccaniche, in caso di repentine accelerazioni. La vettura ha spesso la tendenza a calare di rapporto, aumentando i giri motore, per poi accelerare pienamente. Questo, come nel caso di sorpassi in autostrada, fa perdere quel mezzo secondo per cui la reazione della vettura non segue in maniera precisa la pressione del pedale. Per il resto non abbiamo avuto sorprese – avevamo già provato la Jogger con lo stesso motore – e per lunghi tratti si ha quasi la sensazione di guidare un’auto completamente elettrica. È sicuramente una motorizzazione più divertente da guidare, con viaggio molto più rilassato, soprattutto per il cambio automatico e per la fluidità di marcia, oltre alle ripartenze scattanti, merito della parte elettrica.

Dacia Duster


L’abitacolo, dopo averlo visto ad auto ferma qualche mese fa, si è rivelato pratico e funzionale. Ottimi i display, sempre chiari e ben posizionati nel cruscotto, e buone anche le informazioni e i dati presenti. Nelle versioni testate abbiamo trovato in entrambi i casi il navigatore incluso, che in un paio di occasioni però ha avuto qualche tentennamento. Nel caso l’utente potrebbe scegliere di utilizzare la funzione screen mirroring, con Android Auto e Apple CarPlay. Comodi i sedili, rigidi al punto giusti, ed i materiali sembrano resistenti ed in linea con il carattere del veicolo. Ovunque negli interni c’è sapiente uso della plastica semplice, senza però che sembri una soluzione troppo economica. Il gioco di trame e colori restituisce un effetto da segmento superiore. Merita ancora una citazione il sistema YouClip, con cui Dacia propone per la prima volta un sistema di aggancio rapido per tutta una serie di accessori (ganci, lampade, porta telefono ecc…) che potrà in futuro espandersi in pratica all’infinito.

Dacia Duster

Nuovo Dacia Duster non è ovviamente un veicolo elettrico come siamo più soliti testare, ma è un modello importante per la storia del marchio, che comunque sta facendo la sua strada verso una graduale elettrificazione. Le soluzioni adottate in questa generazione rendono Duster un veicolo più maturo, più accattivante, ma senza rinunciare ai suoi capisaldi di concretezza e “best value for money”. Non a caso tanti clienti scelgono le versioni più equipaggiate, disposti anche a spendere qualcosa in più. La rinnovata, estetica, le nuove motorizzazioni, e le soluzioni smart a bordo faranno di nuovo Duster un best seller del mercato, continuando così la sua tradizione di spacca mercato. Per chi fosse interessato, online è attivo il configuratore con tutte le versioni, di cui vi lasciamo il listino completo qui sotto.

Dacia Duster Listino

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Oggi 459€ per utenti Prime il portatile low cost con AMD Ryzen 7 5700U (8C/16T a 4,3GHz), 16GB RAM, SSD 512GB, Full HD!

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I PC low cost sono sempre più diffusi,
visto che mettono a disposizione tutto quel che serve (e a volte avanza anche)
spendendo pochissimo. Oggi Amazon ha messo
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solo per utenti Prime,
domani non si sa,

potete sempre iscrivervi qui
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che sarà anche la vostra dopo aver letto le specifiche.






Uno dei compromessi dei PC low cost di primo prezzo è l’adozione di una CPU
non particolarmente performante, che va benissimo per utilizzi normali ma
mostra il fianco nelle elaborazioni gravose
, come rendering e software di
produttività “creativa” in genere. Questo compromesso viene spazzato via in un
sol colpo con questo PC
, visto che troviamo la CPU AMD
Ryzen 7 5700U
, un bel mostro da 8 core, 16 thread e 4,3GHz di picco.
Ci sono poi ben 16GB di RAM e un velocissimo
SSD M.2 PCIe NWMe da 512GB, che nel peggiore
dei casi è un Gen. 3 da 3500MB/s.

Lo schermo è un ampio 16,1 pollici 1920×1080 pixel, ma anche la
piattaforma in generale è aggiornata con specifiche tipo Wi-Fi 6, Bluetooth 5.2,
oltre a vantare 3 porte USB (due 3.2 e una 2.0),una Type-C, uscita
HDMI, minijack per cuffie e microfono e anche lettore microSD. Persino la
batteria non è di 2primo prezzo”, essendo una 53,58Wh. Il peso è di soli
1,69Kg, con uno spessore di soli 16,8mm.

La tastiera, retroilluminata, è
internazionale, ma il PC viene fornito con membrane in silicone da piazzare
sopra, ovviamente c’è quella con idioma italiano. Il prezzo di tutto
questo, per utenti Prime, è di soli 459,99€!






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SK hynix, costruzione della Fab M15X ai nastri di partenza: previsto boom delle memorie HBM

SK hynix, costruzione della Fab M15X ai nastri di partenza: previsto boom delle memorie HBM

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SK hynix ha rilasciato un aggiornamento sul progetto della Fab M15X, annunciato nel settembre 2022. La casa sudcoreana fa sapere che prevede di investire 5,3 trilioni di won (3,8 miliardi) nella realizzazione della Fab, una cifra che le consentirà di avviare la costruzione a fine aprile, con l’obiettivo di completarla a novembre 2025 per avviare un’iniziale produzione di massa. Sul lungo periodo l’impianto riceverà investimenti totali per oltre 20 trilioni di won (14,6 miliardi di dollari), cifra superiore ai 15 trilioni di won precedentemente preventivati nel corso di 5 anni.

L’obiettivo è quello di avere maggiore capacità produttiva per rispondere alle crescenti richieste da parte delle società che realizzano soluzioni per accelerare l’intelligenza artificiale. In particolare, SK hynix realizza la memoria HBM che è fondamentale per gli acceleratori di AMD, NVIDIA e non solo.

“Con l’avvento dell’era dell’intelligenza artificiale, l’industria dei semiconduttori ritiene che il mercato delle DRAM sia entrato in una fase di crescita a medio e lungo termine. Insieme alla HBM, che si prevede crescerà di oltre il 60% annuo, l’azienda prevede che la domanda di DRAM generale sarà in costante aumento, guidata dai prodotti con moduli DDR5 ad alta capacità per server”.

Siccome la memoria HBM richiede capacità almeno doppie per garantire la stessa produzione delle DRAM tradizionali, SK hynix ha deciso che aumentare la capacità produttiva della DRAM è una precondizione per la crescita futura.

SK hynix e TSMC insieme per realizzare la memoria HBM4 più performante di tutte

L’azienda prevede di produrre nuova DRAM presso la Fab M15X a Cheongju (Corea del Sud) prima del completamento del primo stabilimento nello Yongin Semiconductor Cluster previsto nella prima metà del 2027. “Essendo situato vicino all’M15, che ha espanso le capacità TSV, l’M15X è nelle migliori condizioni per ottimizzare la produzione di memoria HBM”.

Per quanto riguarda lo Yongin Semiconductor Cluster, SK hynix fa sapere che investirà circa 120 trilioni di won, come previsto. La società prevede di avviare la costruzione del primo stabilimento a Yongin nel marzo del prossimo anno e di completarlo nel maggio del 2027.

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Arriva l’ok da Parlamento europeo sul diritto alla riparazione. Ecco cosa cambierà

Arriva l’ok da Parlamento europeo sul diritto alla riparazione. Ecco cosa cambierà

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Con 584 voti a favore, 3 contrari e 14 astenuti, il Parlamento europeo ha approvato le nuove norme sul diritto alla riparazione. Prima di diventare legge, la direttiva dovrà prima essere approvata dal Consiglio dell’Unione Europea, dopodiché i paesi membri avranno due anni di tempo per integrarla nel proprio sistema legislativo?

La norma si pone l’obiettivo di semplificare e rendere conveniente la riparazione dei dispositivi elettronici, da quelli mobile ai grandi elettrodomestici, in modo da ridurre la produzione di rifiuti tecnologici e contribuire alla lotta contro il cambiamento climatico.

Cosa cambierebbe se fosse definitivamente approvata? In buona sostanza, ai consumatori verrà garantita la possibilità di riparare il proprio dispositivo, presso il produttore o un centro autorizzato, anche al di fuori del periodo di garanzia.

Questo vuol dire innanzitutto che il produttore dovrà garantire la disponibilità dei ricambi al consumatore anche in seguito alla scadenza dei 24 mesi. Non potrà appellarsi a clausole contrattuali, problemi tecnici o altri impedimenti. Inoltre, sarà anche obbligato a garantire il servizio di riparazione laddove il dispositivo sia già stato riparato in precedenza da terzi.

In merito ai prezzi, la norma stabilisce che le aziende dovranno applicare “prezzi ragionevoli” rendendo la riparazione più appetibile rispetto all’acquisto di un prodotto nuovo. Inoltre, gli Stati dovranno adottare almeno una misura che incentivi i consumatori a preferire la riparazione. In ogni caso, nell’arco dei 24 mesi di garanzia, i consumatori potranno continuare a scegliere tra la sostituzione o la riparazione del prodotto, ma in quest’ultimo caso la copertura sarà estesa di altri 12 mesi.

L’approvazione della norma ha soddisfatto il collettivo Right to Repair Europe, un’associazione di oltre 100 organizzazioni provenienti da 21 paesi. Tuttavia, sono già state individuate alcune criticità che, si spera, possano essere trattate più approfonditamente.

La prima è chiaramente la questione dei prezzi, poiché la norma parla di “prezzi ragionevoli”, senza fornire ulteriori dettagli in merito. Il collettivo teme che le società possano chiamare in causa i cosiddetti “fattori legittimi e obiettivi” per rifiutare la riparazione.

Inoltre, la norma non riguarda il settore industriale, ma solo l’elettronica di consumo che attualmente già gode di diverse garanzie. Ad esempio, nel caso degli elettrodomestici, vi è già una legge che obbliga i produttori a renderli riparabili per almeno 5 anni dopo l’acquisto.

Ad ogni modo, l’elenco dei dispositivi potrà essere ampliato in un secondo momento e si tratta di un ottimo punto di partenza per combattere l’obsolescenza programmata. Certo c’è ancora molto lavoro da fare, ma l’impegno in Europa, così come negli Stati Uniti, sembra essere solido.

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