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Intelligenza artificiale, Gemini di Google ha scatenato una guerra culturale

Intelligenza artificiale, Gemini di Google ha scatenato una guerra culturale



Da Wired.it :

Perché è successo? È possibile che Google abbia lanciato Gemini con troppa fretta. Il colosso sta chiaramente faticando a trovare il giusto ritmo per rilasciare i suoi prodotti di intelligenza artificiale. Inizialmente Big G aveva optato per un approccio più cauto sull’AI, decidendo per esempio di non distribuire un potente chatbot per via di preoccupazioni etiche. Ma dopo il successo travolgente di ChatGPT, Google ha cambiato marcia, trascurando apparentemente il controllo sulla qualità dei suoi servizi.

Il comportamento di Gemini ha l’aria di essere un terribile fiasco a livello di prodotto – commenta Arvind Narayanan, professore all’Università di Princeton e coautore di un libro sul tema dell’imparzialità dell’apprendimento automatico –. Sono gli stessi problemi che vediamo da anni. È incredibile che abbiano lanciato un generatore di immagini senza aver mai provato a creare un’immagine di un personaggio storico“.

La politicizzazione delle AI

Chatbot come Gemini e ChatGPT vengono perfezionati attraverso un processo che prevede test e feedback da parte di esseri umani. Paul Christiano, un ricercatore di AI che in passato ha lavorato all’allineamento dei modelli linguistici di OpenAI, sostiene che le controverse risposte Gemini potrebbero essere dovute al fatto che Google ha cercato di addestrare rapidamente il suo modello senza effettuare controlli sufficienti sul suo comportamento. Ma aggiunge che il processo di allineamento dei modelli di intelligenza artificiale comporta inevitabilmente decisioni che non tutti condividono. Le domande ipotetiche utilizzate per cercare di mettere in difficoltà Gemini mettono il chatbot in una posizione in cui soddisfare tutti è difficile: “Qualsiasi domanda che utilizzi espressioni come ‘più importante’ o ‘migliore’ sarà discutibile“, spiega Christiano.

Secondo il ricercatore, è probabile che il modo in cui i modelli di AI vengono messi a punto sia destinato a diventare più rilevante e controverso man mano che questi sistemi miglioreranno. “Saranno più bravi ad apprendere ciò che gli insegniamo e prenderanno decisioni più importanti – continua Christiano –. Penso che sarà una questione molto importante dal punto di vista sociale“.

Deborah Raji, borsista di Mozilla che studia i pregiudizi e la responsabilità degli algoritmi, racconta che gli sforzi per correggere i pregiudizi dei sistemi di intelligenza artificiale tendono a essere delle pezze e non soluzioni sistemiche profonde. In passato Google ha corretto un classificatore di immagini che etichettava alcuni volti neri come gorilla rendendolo completamente cieco nei confronti di molti primati non umani.

Ma pur ritenendo che Google abbia sbagliato con Gemini, Raji evidenzia che alcune persone stanno evidenziando gli errori del chatbot nel tentativo di politicizzare la questione dei pregiudizi dell’AI. “In realtà si tratta di una questione tecnologica bipartisan – dice –. Sono scoraggiata e delusa dal modo in cui questi influencer politici stanno cercando di manipolare il dibattito sui social media“.

Margaret Mitchell, ricercatrice di etica dell’intelligenza artificiale presso Hugging Face che in passato ha lavorato anche per Google, ha pubblicato un thread in cui spiega che la società avrebbe potuto evitare le polemiche attorno a Gemini riflettendo in modo più approfondito su come il sistema sarebbe stato utilizzato. Ma sostiene anche che le attuali controversie siano dovute al fatto che l’industria tecnologica sta cercando di costruire modelli di intelligenza artificiale sovrumani in grado di accontentare tutti: “Il piano per raggiungere dell’intelligenza artificiale generale ha preparato il campo proprio a questo tipo di guerra culturale“, commenta la ricercatrice.

Questo articolo è apparso originariamente su Wired US.





[Fonte Wired.it]

El Niño nei prossimi mesi porterà un caldo da record

El Niño nei prossimi mesi porterà un caldo da record



Da Wired.it :

El Niño, il fenomeno climatico ciclico il cui arrivo è stato segnalato fra maggio e giugno dello scorso anno, potrebbe causare temperature medie globali da record nel corso dei prossimi mesi, fino a giugno. A rivelarlo è uno studio pubblicato su Scientific Reports e condotto da un team di scienziati guidato da Congwen Zhu della Chinese Academy of Meteorological Sciences di Pechino, in collaborazione con numerosi altri scienziati di istituzioni meteorologiche e università cinesi, statunitensi e svedesi. Secondo i risultati, le aree maggiormente interessate saranno il Golfo del Bengala e le Filippine, con una possibile estensione al Mar dei Caraibi, al Mar Cinese Meridionale, all’Amazzonia e all’Alaska. Il modello messo a punto dai ricercatori stima una probabilità del 90% per il verificarsi di temperature superficiali medie globali da record nel caso in cui il fenomeno si manifesti con caratteristiche moderati o forti.

Lo studio

El Niño è un fenomeno climatico ciclico che si verifica in media ogni 2-7 anni e che dura tipicamente dai nove ai 12 mesi, anche se può capitare che si protragga per anni, spiegano gli esperti dell’agenzia statunitense Noaa (National Oceanic and Atmospheric Administration). El Niño comporta un riscaldamento delle acque superficiali di alcune aree dell’Oceano Pacifico, influenzando potenzialmente le condizioni meteorologiche dell’intero Pianeta.

Gli autori dello studio hanno simulato gli effetti collegati a El Niño che potrebbero verificarsi fra luglio 2023 e giugno 2024, utilizzando un modello che tiene in considerazione anche diversi fattori atmosferici e ambientali, fra cui le emissioni di gas serra e quelle dovute alle eruzioni vulcaniche. Secondo il modello, quando si verifica un El Niño moderato sono soprattutto il Golfo del Bengala e le Filippine a registrare temperature medie superficiali particolarmente elevate. Se invece il fenomeno si verifica con caratteristiche forti, le aree interessate si estendono anche al Mar dei Caraibi, al Mar Cinese Meridionale all’Amazzonia e all’Alaska.

Le conseguenze

Ma gli effetti di El Niño potrebbero avere ripercussioni sulle temperature medie dell’intero Pianeta: il modello messo a punto dai ricercatori stima infatti che fino a giugno si possano registrare temperature globali nettamente superiori alla media con una probabilità del 90% nel caso in cui il fenomeno si manifesti con caratteristiche moderati o forti.

“Questo caldo imminente – scrivono gli autori, riferendosi alle previsioni per i mesi a venire – aumenta il rischio di ondate di calore marine durante tutto l’anno e accresce la minaccia di incendi e altre conseguenze negative in Alaska e nel bacino amazzonico, rendendo necessarie misure strategiche di mitigazione per ridurre al minimo i potenziali impatti peggiori”.

Si tratta di effetti che vanno a sommarsi a quelli legati al cambiamento climatico, come riferisce all’Ansa Lorenzo Giovannini, esperto di fisica dell’atmosfera e docente presso l’Università di Trento. Fortunatamente, secondo le previsioni del Noaa la fine di El Niño è prospettata con una probabilità del 79% per il periodo compreso fra aprile e giugno di quest’anno, con La Niña, la controparte che produce effetti opposti a El Niño in questa ciclica oscillazione, che potrebbe iniziare già fra giugno e agosto.



[Fonte Wired.it]

Louis Delétraz, la ricerca sfrenata degli AirPods persi dal pilota

Louis Delétraz, la ricerca sfrenata degli AirPods persi dal pilota



Da Wired.it :

I più nostalgici ricorderanno sicuramente Che fine ha fatto Carmen Sandiego?, la trasmissione televisiva incentrata sulla ricerca di una criminale in fuga per il mondo. Se anche voi ne avete sentito la mancanza in questi anni, ecco una notizia che vi darà un po’ di sollievo. Negli ultimi giorni ha preso il via una vera e propria caccia agli AirPods del pilota automobilistico svizzero Louis Delétraz (un passato anche come collaudatore in Formula 1) che ha dichiarato di aver dimenticato gli auricolari su un volo della United Airlines diretto a Ginevra – in un posto della fila 16, per la precisione -. Da allora, Delétraz ha monitorato costantemente la posizione dei suoi AirPods con l’app Dov’è, finché questi non si sono fermati in una zona non del tutto chiara, spingendo il pilota a gridare alla cospirazione.

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Tutto è cominciato con un “tweet” del 26 febbraio scorso. “I miei adorabili AirPods sono caduti sotto il sedile e da allora volano quotidianamente tra gli Stati Uniti e l’Europa, con scali a Parigi e attualmente sono nel mezzo dell’Oceano Atlantico – ha scritto Delétraz sul suo account X, chiedendo aiuto alla compagnia aera -. Anche se sono sicuro che si divertono nella vostra business class, mi mancano e mi piacerebbe molto se poteste recuperarli”. Di tutta risposta, United Airlines ha chiesto al pilota se avesse presentato una denuncia di “smarrimento a bordo“, proponendosi di aiutarlo nella sua ricerca forsennata. Ma gli aggiornamenti di Delétraz dimostrano che la questione è ancora irrisolta: gli AirPods sono stati localizzati prima a Zurigo e poi in Canada.

A questo punto, dopo quasi 48 ore di scambi di messaggi tra il pilota e la compagnia aerea, la questione degli auricolari perduti ha cominciato a interessare anche il pubblico, che si è lasciato andare ai commenti più stravaganti. “Qualcun altro si chiede se questo aereo sia pulito? – ha scritto un utente su X -. A un certo punto si potrebbe pensare che qualcuno debba passare l’aspirapolvere e trovare questi AirPods”. Nella giornata di mercoledì, però, sembra esserci stata una svolta: gli auricolari sono stati localizzati in un condominio in North Kedzie Avenue a Chicago, dando una speranza non sono al loro proprietario, ma anche ai 250.000 utenti che stavano seguendo in diretta il loro percorso.

Ma non è finita qui. Gli AirPods sono tornati all’aeroporto di Chicago, da cui sono partiti per volare prima verso Panama e poi verso l’Illinois, confermando così l’ipotesi del pilota automobilistico “che il personale di bordo abbia rubato gli AirPods”. A questo punto, la compagnia aerea non ha più potuto ignorare gli avvertimenti di Delétraz e ha avviato un’indagine sul caso. Eppure, nonostante l’app Dov’è abbia fornito indicazioni abbastanza precise sul condominio di Chicago in cui sono stati localizzati gli auricolari, il colpevole del presunto furto non è ancora stato identificato. Ma siamo certi che non mancherà molto all’epilogo della saga degli AirPods smarriti.





[Fonte Wired.it]

Shogun, la vera storia e l’immagine di un Giappone lontano e isolato

Shogun, la vera storia e l’immagine di un Giappone lontano e isolato



Da Wired.it :

Shōgun, alla lettera “generale”. Con questa parola in Giappone per secoli ci si è riferiti alla più alta carica dell’esercito, una carica che ha caratterizzato la storia e la società nipponica a partire dal XII secolo. Prima di allora il territorio era diviso in numerose unità governate dalle più potenti famiglie locali, spesso in lotta fra di loro, dotate di forti milizie su cui l’Imperatore non esercitava alcun controllo. Intorno al 1130, al termine di continui conflitti, una famiglia si impose sulle altre, ottenendo per un suo membro il titolo di Shogun, sorta di ministro plenipotenziario. Seguirono secoli di immobilità sociale. L’Imperatore, pur emblema di una discendenza divina, circondato da onori e sfarzo, continuava a contare ben poco nella pratica. Il Paese era di fatto diviso in circa 200 grandi feudi, governati ciascuno da un Daimyo che doveva assicurare obbedienza e rispetto allo Shōgun. Come nel nostro Medioevo, la carica era ereditaria, e furono 4 le dinastie ad avvicendarsi al vertice della società. E come nel nostro Medioevo i Daimyo vivevano in castelli intorno ai quali si distribuivano i quartieri dei Samurai, guerrieri e più tardi funzionari, gli artigiani e i commercianti: i borghi fortificati assicuravano protezione alle campagne circostanti. Proprio i contadini erano la base dell’economia, poiché la produzione agricola garantiva il sostentamento necessario alle classi dominanti e all’esercito, mentre artigiani e commercianti avevano un ruolo secondario, limitato al mercato locale. In questo modo l’economia non ebbe per lungo tempo alcuna possibilità di sviluppo, tanto più che dal 1639 fu vietato ogni commercio con il resto del mondo. Solo il porto di Nagasaki poteva importare dall’Olanda armi, tabacco, occhiali, ed esportare perle, gemme e oggetti preziosi. Le stesse potenze coloniali europee, che pure cominciavano a penetrare nel continente asiatico, non avevano interesse a violare l’isolamento del Giappone, perché il territorio era povero di risorse minerarie e inadatto, per via del clima, alle piantagioni.

I Tokugawa

Proprio in questo periodo, all’inizio del Seicento, si affermò la supremazia della famiglia Tokugawa. Nel 1603 l’Imperatore assegnò a Tokugawa Ieyasu il titolo di Shogun, difficilmente contendibile data la forza militare e la grande disponibilità di beni del “clan”, che controllava anche le miniere. Si aprì così una nuova fase storica. La civiltà feudale confluiva nell’epoca Tokugawa che durò per oltre 250 anni. E alla figura di Tokugawa Ieyasu è ispirato il romanzo del 1975 Shōgun, scritto da James Clavell, da cui è tratta l’omonima celebre serie televisiva Disney. L’ascesa al potere di Tokugawa Ieyasu pose fine a un periodo di guerre civili che culminarono nella battaglia di Sekigahara nel 1600, insanguinata dal taglio di decine di migliaia di teste. La vittoria di Tokugawa Ieyasu aprì un periodo caratterizzato dalla pace interna e dall’isolamento quasi totale del Paese. Il periodo storico è noto anche come shogunato di Edo, dal nome della cittadella che sarebbe poi diventata Tokyo e dove lo Shogun aveva la sua corte. L’epoca è definita da un controllo diretto o indiretto dello Shogun sul territorio: da una parte i tenryo, i possedimenti dello Shōgun, e dall’altra gli han, i possedimenti dei daimyo. Inoltre il controllo centrale si estendeva ai feudi delle “case collaterali”, imparentate con i Tokugawa e a quelli delle famiglie fedeli al fondatore della dinastia fin dall’inizio. I feudatari erano tenuti a vivere alla corte di Edo per una parte dell’anno e a lasciare lì i loro familiari quando si allontanavano per tornare alle loro terre: questo assicurava assoluta fedeltà e impediva eventuali defezioni. All’interno dei feudi i singoli villaggi dovevano versare al signore un tributo in natura. Del resto larga parte degli scambi avveniva usando come valuta il riso: il denaro era prerogativa dei mercanti, emarginati e visti con sospetto perché considerati non produttivi, secondo l’etica di Confucio. L’unità usata per valutare i possedimenti era il koku, corrispondente a circa 150 kg di riso, la quantità ritenuta sufficiente a nutrire una persona per un anno.

Un Medioevo durato fino a ieri

Lo splendido isolamento del Giappone, insieme a uno stile di vita cristallizzato in un mondo feudale, rimase tale fino alla seconda metà dell’Ottocento, ma venne sporadicamente incrinato da qualche ardimentoso avventuriero occidentale. Tra questi William Adams, navigatore che il 19 aprile 1600 fu, si ritiene, il primo Inglese sbarcato sulle coste dell’arcipelago: di cinque navi, partite due anni prima da Rotterdam al servizio della Compagnia delle Indie Olandesi, la sua fu l’unica ad arrivare a destinazione. Del resto la tempestosità del mar del Giappone era stata per secoli una barriera capace di proteggere il paese dai tentativi di espansione della Cina. A questa barriera si aggiungevano i pericoli delle traversate oceaniche, la minaccia delle epidemie, dei pirati e della fame nel rendere difficoltosa l’impresa di arrivare i dall’Europa in Giappone. Tra i pochi sopravvissuti della sua spedizione, Adams divenne consigliere di Tokugawa Ieyasu, accettato in primo luogo grazie alle sue conoscenze matematiche e alla sua abilità di costruttore di navi, diventando un “samurai straniero”. Grazie a lui fu concesso prima agli Olandesi e poi agli Inglesi di stabilire fattorie commerciali in Giappone: la sua figura si ammantò di leggenda e ispirò nel romanzo di James Clavell il personaggio di John Blackthorne, mentre su Tokugawa Ieyasu si basa la figura di Yoshi Toranaga.

Per arrivare a una vera apertura a un Occidente travagliato da rivalità tra potenze coloniali, bisogna aspettare il XIX secolo e l’arrivo di un ammiraglio americano, il Commodoro Perry che aprì una nuova era per il Giappone, sia nelle relazioni con l’esterno, sia nello sviluppo interno.



[Fonte Wired.it]

Iran, cosa sappiamo delle elezioni

Iran, cosa sappiamo delle elezioni



Da Wired.it :

In Iran si stanno tenendo le elezioni parlamentari, le prime dopo le grandi sollevazioni popolari scatenate dall’assassinio di Mahsa Amini da parte della polizia morale, perché non indossava l’hijab in maniera corretta. La violenta repressione delle proteste ha aumentato il malcontento e la rabbia della popolazione nei confronti del regime, facendo moltiplicare gli appelli all’astensione dal voto, che stanno trasformando queste elezioni in un test di legittimità per i chierici al potere.

Come funzionano le elezioni in Iran

Ogni quattro anni, i circa 60 milioni di iraniani con più di 18 anni vengono chiamati a eleggere i 290 membri del Parlamento, mentre ogni otto anni il voto riguarda anche la cosiddetta Assembla degli esperti, un oscuro organo clericale di 88 membri incaricati di selezionare e consigliare la Guida suprema del paese, che ha l’ultima parola su tutte le questioni chiave dello stato. Da oltre trent’anni questo ruolo è ricoperto dall’ayatollah Ali Khamenei, di 84 anni, e la nuova Assemblea avrà probabilmente l’importante compito di individuare il suo successore.

Quest’anno le due votazioni coincidono e si tengono lo stesso giorno, il primo marzo 2024. Come mai prima, la tornata elettorale sarà importante non per il risultato in sé del voto, ma per l’affluenza, vista sia dai sostenitori del regime che dai suoi oppositori come un importante indicatore per valutare la legittimità di cui gode il potere teocratico. Il timore di una bassa affluenza è così forte che lo stesso Khamenei ha lanciato una grande campagna mediatica per incoraggiare le persone a presentarsi alle urne, accusando l’Occidente di interferenze se non dovessero farlo.

Il processo elettorale

Le elezioni in Iran non sono considerate libere e giuste, in particolare a causa del poco chiaro processo di selezione dei candidati affidato al cosiddetto Consiglio dei guardiani della Costituzione. L’organo è composto da 12 membri, tutti eletti di fatto dalla Guida suprema, che può anche invalidare il voto popolare. Il Consiglio è stato più volte accusato di truccare le elezioni tramite la squalificazione di massa dei candidati avversi al potere, andando essenzialmente a togliere alla cittadinanza la possibilità di decidere liberamente chi votare e limitando la loro scelta ai candidati che il Consiglio ritiene idonei.

In queste elezioni, i candidati ufficiali sono stati annunciati meno di due settimane prima del voto, aumentando il malcontento popolare che già ha poca fiducia nel processo elettorale, sia a causa dell’influenza del Consiglio dei guardiani, sia per le molte riforme non portate a termine dai candidati eletti nelle scorse tornate. Inoltre, come riporta il New York Times, quest’anno i Guardiani hanno completamente escluso dalla competizione il Fronte riformista, una coalizione progressista che aspira a garantire maggiori libertà civili e migliori rapporti con l’occidente, confermando la volontà del Consiglio a scegliere solo candidati conservatori, come accaduto negli ultimi 20 anni.

L’astensione

Come riporta il media indipendente Iran International, organizzazioni della società civile, dei docenti, ex legislatori e politici, assieme a figure dell’opposizione ora in carcere, come il Nobel per la pace Narges Mohammadi, hanno definito queste elezioni come una farsa, invitando la popolazione a boicottare in massa l’appuntamento elettorale, così da far crollare la legittimazione del regime. Anche Vahid Ashtari, importante politico rappresentante la nuova generazione dei conservatori, ha denunciato su X la corruzione finanziaria e il nepotismo nel governo, etichettando le elezioni come “sarekari”, termine persiano che significa ingannare o raggirare qualcuno.

Secondo un sondaggio pubblicato da Iran International, il 77% della popolazione ha dichiarato che non andrà a votare, il 14,6% che si recherà alle urne e l’8,4% si è detto indeciso. Altri sondaggi, riportati dal Guardian, danno l’affluenza tra il 18% e il 38,5% a livello nazionale. Le agenzie del regime sostengono invece che si arriverà al 60%, un obiettivo ambizioso e a dir poco irraggiungibile, vista l’affluenza ferma al 42% durante le elezioni di 4 anni fa, il risultato più basso nella storia della repubblica islamica.





[Fonte Wired.it]

Disney, c’è una guerra in corso ai vertici

Disney, c’è una guerra in corso ai vertici



Da Wired.it :

I nipoti di Roy e Walt Disney, i fratelli cofondatori dell’omonimo colosso dell’intrattenimento, sono intervenuti ufficialmente per sostenere l’amministratore delegato della società Bob Iger e il consiglio d’amministrazione, opponendosi alle ingerenze degli investitori attivisti interessati all’azienda.

In particolare, come riporta l’agenzia Reuters, in una lettera aperta e non datata indirizzata agli azionisti, i quattro nipoti di Roy (Roy, Susan, Abigail e Tim) hanno manifestato la propria preoccupazione dovuta alla minaccia rappresentata dagli investitori “autoconsacratisi” attivisti, definiti “lupi travestiti da agnelli” pronti a fare a pezzi la società.

La missiva arriva in un momento cruciale per la Disney. Il colosso di Burbank è infatti finito sotto il mirino del miliardario Nelson Peltz, che ha messo in piedi contro la società una vera e propria guerra, spingendola a tagliare i costi, a creare profitti simili a quelli di Netflix riguardo alla propria attività di streaming e a modificare i suoi piani sulla successione. A gennaio il Trian Fund Management del magnate aveva esortato gli azionisti a sostituire i dirigenti Michael Froman e Maria Elena Lagomasino con lo stesso Peltz e con l’ex direttore finanziario Jay Rasulo. il fondo ha inoltre criticato il programma di investimento dell’azienda, definendolo un piano “spaghetti against the wall” (spaghetti contro il muro), ovvero, di fatto, improvvisato. La Disney ha in seguito risposto punto su punto alle affermazioni fatte da Peltz.

I nipoti di Roy hanno sottolineato quanto sia importante che le strategie di Iger e del suo team non siano sconvolte da soggetti “motivati solo dal proprio interesse personale”. E il sostegno all’attuale dirigenza è arrivato in una seconda lettera anche dai nipoti di Walt (Walter Elias Disney Miller, Tamara Diane Miller, Jennifer Miller-Goff e Joanna Sharon Miller), anche loro oppostisi alle candidature proposte da Peltz. “Bob Iger – hanno scritto – ha fatto crescere questa azienda in un mondo moderno e continua a mantenere un equilibrio tra creatività e profitto“, adattandosi a tempi difficili.

Non si sono fatte attendere le risposte ai nipoti dei fratelli Disney da parte di Trian e dell’ad Iger. “Amiamo Disney e riconosciamo – fanno sapere dal fondo – che costruire sulla sua ricca storia di deliziare i fan fedeli è essenziale per il suo successo futuro. Trian investe in grandi aziende come Disney e le aiuta a crescere e prosperare a lungo termine”, come dimostrano i casi “P&G, Heinz e Mondelez“. Iger ha invece affermato di provare un “profondo senso di rispetto per tutto ciò che Walt e Roy hanno creato, ed è incredibilmente significativo avere il sostegno delle loro famiglie“.



[Fonte Wired.it]